«Contagi in aumento». La proposta: green pass da ricalibrare

Carlo Signorelli, docente di Sanità pubblica, insiste sulla necessità di inoculare anche la terza dose. «Sappiamo che la protezione non dura un anno: certificato da rivedere, va dato solo a chi ha fatto il richiamo».

«I contagi sono in crescita e proprio per questo bisogna procedere spediti con le vaccinazioni. Terze dosi e prime somministrazioni per chi ancora non si è immunizzato sono i due assi portanti per arginare una piccola sorpresa negativa: la protezione completa dal virus non dura un anno e bisogna rimodulare anche l’efficacia del Green pass». Carlo Signorelli, docente di Igiene e Sanità pubblica all’Università Vita e Salute-San Raffaele di Milano e componente del Cts lombardo, invita a una scala di priorità nell’affrontare la recrudescenza dei contagi, con una premessa: «Anche in Lombardia bisognerebbe verificare con esattezza quanti sono i vaccinati tra i nuovi contagiati».

La curva dei contagi in Lombardia è destinata crescere impattando anche sugli ospedali?
«La crescita dei casi è importante, con oltre mille positivi al giorno e un tasso di positività intorno all’1%. Ma in termini di impatto su ricoveri, Terapie intensive e decessi la curva è ancora tranquillizzante. Si processano 100mila tamponi al giorno, ma i contagi registrati tra i soggetti vaccinati con due dosi significa che siamo arrivati a un punto in cui la terza dose è necessaria».

Con quali priorità?

«Operatori sanitari, fasce fragili, ultra 80enni e ultra 70enni. Partiamo di nuovo da queste categorie. Serve proteggere prima possibile quei soggetti che possono sviluppare forme un po’ più serie della malattia».

L’indice di saturazione negli ospedali lombardi oscilla intorno al 3% nelle Terapie intensive e al 6% nei reparti ordinari. I numeri cresceranno?

«Quando la curva è in crescita, cresce tutto, e gli ospedali si ripopolano».

Bergamo al momento risulta la provincia lombarda con l’incidenza di casi più bassa, intorno a 35 positivi ogni 100mila abitanti (in Lombardia si oscilla sui 60), accerchiata da province con valori più alti. Come spiegarsi tutto ciò?

«I numeri non danno una spiegazione certa: bisognerebbe fare approfondimenti sul fatto che Bergamo è stata travolta dal Covid nella prima ondata e non si può escludere che chi ha sviluppato la malattia sia più protetto rispetto a chi si è vaccinato. Un’altra spiegazione è che queste ondate nelle varie province con cadenze diverse potrebbero essere un fatto casuale».

Il coordinatore della campagna vaccinale in Lombardia, Guido Bertolaso, ha paventato il rischio di un ritorno in zona gialla. Che ne pensa?

«La politica può anche cambiare le regole, ma il dato da attenzionare resta quello dei 50 casi ogni 100mila abitanti».

In che senso?

«Superato quel limite si fa fatica ad effettuare il contact tracing. Buona parte dei contagi sono di natura domestica, ci si infetta a casa con facilità. Il tracciamento non risolve tutti i problemi, ma se l’infezione gira anche tra i vaccinati qualche caso che evolve in forme gravi uscirà sempre fuori».

In Lombardia si è arrivati intorno a 550mila terze dosi (oltre 400mila agli over 60), di cui 50mila nella Bergamasca. Numeri incoraggianti?

«Direi numeri insufficienti, serve un’accelerazione. Si è iniziato a parlare a luglio di terze dosi, poi ogni settimana un’indicazione diversa. La gente è confusa. Si dovrebbe essere chiari fissando date e fasce gerarchiche per le somministrazioni».

Che Natale vivremo?

«Un conto è l’andamento epidemico, altro sono le misure attuative. Il quadro attuale per me non lascia presagire misure particolari, ma alla luce dei casi in crescita sarà opportuno rilasciare il Green pass solo con la terza dose. Stiamo verificando ora che l’efficacia della protezione del vaccino è inferiore e non dura un anno. No alle chiusure, ma non è il momento delle liberalizzazioni. E bisogna ricalibrare la durata del Green pass».

Quando vinceremo la guerra con il Covid?

«Ora facciamo i conti con una variante Delta totalitaria, non più aggressiva, ma più contagiosa. Non si può escludere che arrivino altre varianti, perché il virus tende a mutare per sopravvivere. È una bella battaglia. La notizia migliore è che chi è vaccinato non muore, ma non basta».

Il vaccino per la fascia 5-12 anni contribuirà a rallentare la corsa del virus?

«Io sono favorevole, è uno strumento consigliato anche per quella fascia di età, tuttavia per me non verrà usato troppo per resistenze varie. Ma dove non arriva il vaccino, arrivano i comportamenti. E mi riferisco in particolare all’igiene nelle scuole, un aspetto fondamentale visto che salgono le infezioni».

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