Coronavirus, i ricoverati sono 593
Sotto stress anche le terapie intensive

Negli ospedali della Bergamasca giovedì 11 marzo i pazienti nelle rianimazioni sono saliti a 51, il 27,5% in più rispetto al giovedì precedente (erano 40).

La frontiera della vita è attraversata da uno stress sempre più forte. La nuova ondata è una mareggiata che sbatte anche sull’ultima barriera ospedaliera, le terapie intensive. Novemila pazienti ci sono passati nell’ultimo anno in tutta la Lombardia, e dodici mesi dopo, senza sosta, altri ne arrivano ogni giorno. Sempre di più, di nuovo, in una corsa che ora corre più veloce del contagio: ieri i ricoverati nelle rianimazioni degli ospedali bergamaschi sono saliti a 51, 27,5% in più rispetto al giovedì precedente (erano 40), secondo i dati forniti dagli ospedali bergamaschi. A livello regionale ieri si è toccata quota 645 ricoverati in rianimazione, 21% in più rispetto ai 532 del 4 marzo. La pressione complessiva sulle strutture è sempre intensissima: ieri si è saliti a un totale di 593 pazienti Covid in Bergamasca (44 in 24 ore, di cui 42 in più nei reparti ordinari) e 6.363 a livello regionale (di cui 645 in terapia intensiva) con un incremento di 162 pazienti .

L’impennata della curva

È la conseguenza dell’impennata che la curva epidemiologica aveva registrato nelle scorse settimane, la conferma del «cuscinetto» temporale che sempre si osserva nella catena del contagio. I valori della prima ondata, quella che proprio un anno fa colpiva nella maniera più aspra Bergamo, restano lontani; non così il picco della seconda ondata, che si ebbe il 25 novembre con 96 pazienti nelle rianimazioni bergamasche. Oggi si vive dunque un «aumento non inaspettato», come lo ha definito Luca Lorini, direttore del Dipartimento di Emergenza urgenza e Area critica del «Papa Giovanni» di Bergamo: «Quando abbiamo visto nelle scorse settimane la percentuale di pazienti positivi e quello che succedeva in giro, dai Navigli alla Corsarola, dallo shopping a Brescia, abbiamo cercato di dire che erano immagini pericolose. Quando succede così, 3-4 settimane dopo l’onda arriva anche nei reparti degli ospedali». Di fronte si stagliano due settimane cruciali: «Nei giorni scorsi, sulla base dei dati lombardi, abbiamo fatto una proiezione stimando al 24 marzo il picco di ricoveri in terapia intensiva – spiega Lorini -, con valori che potrebbero avvicinarsi molto a quelli dell’apice di novembre». Al «Papa Giovanni», dove ieri i pazienti in terapia intensiva erano 30 (2 in meno rispetto a mercoledì, un piccolo respiro), nei giorni scorsi la proporzione indicativa dei nuovi ingressi in area critica era un 25% di pazienti bergamaschi e di un 75% di arrivi da fuori provincia: «Così come il mondo ci ha dato una mano nel momento peggiore, noi siamo assolutamente pronti per restituire l’aiuto», afferma Lorini. Ieri, compresi i 30 in rianimazione, all’ospedale cittadino i pazienti Covid sono saliti a 146 (+9).

La situazione al Bolognini

Tra le frontiere della vita c’è anche la terapia intensiva del «Bolognini» di Seriate (Asst Bergamo Est), dove ieri pomeriggio erano occupati tutti gli 8 posti (si lavora potenzialmente per arrivare a 12 letti, col passaggio in fase 4b o 4c). «L’età media dei pazienti è in linea col dato regionale, 65 anni – spiega il primario, Roberto Keim -. Ma nei giorni scorsi sono arrivati pazienti anche molto giovani e senza patologie, un 38enne, un 41enne, un 52enne, che dopo una decina di giorni sono tornati in reparto. La virulenza in questa fase è piuttosto forte. Mai ci saremmo aspettati, dopo un anno, di avere malati anche giovani e sani: questo deve mettere in guardia». La stima, per l’area critica del «Bolognini», è di una platea a metà tra pazienti bergamaschi e metà da fuori provincia, Brescia in particolare. «Ipotizziamo che entro 15 giorni si raggiunga il picco», aggiunge Keim. 135 in totale i pazienti ricoverati ieri dall’Asst Bergamo Est: 44 a Seriate (compresi gli otto in terapia intensiva), 25 ad Alzano, 20 a Piario, 30 a Lovere, 16 a Gazzaniga; ieri si è tenuta l’unita di crisi con un’ottica orientata a raggiungere prossimamente il livello 4c.

Al Policlinico San Pietro i ricoverati sono ora 83 in degenza e 4 (su sei letti disponibili) in terapia intensiva, e sempre da ieri sono stati occupati i primi 2 dei 5 posti allestiti al Policlinico San Marco. All’Humanitas Gavazzeni i pazienti Covid sono diventati 48 (+1), di cui 7 in terapia intensiva: di questi ultimi, 3 sono trasferimenti degli ultimi giorni da Brescia (2) e Treviglio (1). All’Istituto Clinico Quarenghi i pazienti Covid sono stabili a 16, mentre alla Casa di cura Palazzolo sono saliti a 22 (+6); da lunedì saranno attivi 15 posti letto Covid alla Casa di cura San Francesco, che in questi giorni sta ricevendo pazienti non Covid dal «Papa Giovanni». Oltre i numeri, c’è un capitale umano – medici e infermieri – che in questa trincea si sono immersi di nuovo come un anno fa. «Gli operatori sanitari delle aree critiche sono molto stanchi – confida Keim -. Non ci aspettavamo di ritrovarci ancora così, un anno dopo. Ma purtroppo è capitato, lo si intuiva già dall’estate e poi s’è aggiunto lo sgambetto di queste varianti altamente infettive: bisognerebbe andare in lockdown e vaccinare anche h24. Ma stanchezza non vuol dire demotivazione». «Non è solo la stanchezza fisica dello smontare e montare i reparti o del quotidiano – riflette Lorini -. È l’aspetto psicologico di vedere da un lato gli effetti del vaccino e dall’altro lato, invece, che non ci si muove con la velocità necessaria».

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