Covid, Baldanti sulla variante inglese
«La maggior letalità non è certificata»

Baldanti, virologo del San Matteo di Pavia: «Cautela sulle dichiarazioni di Boris Johnson in tal senso. La ricerca si fa sui tamponi positivi dei viaggiatori».

Le varianti di Sars-CoV-2 preoccupano il mondo. Inglese, brasiliana, e sudafricana: giovedì scorso l’Ecdc – il Centro europeo per la prevenzione e il controllo – ha invitato gli Stati membri ad alzare il livello di guardia, scoraggiare i viaggi non essenziali e accelerare la campagna di vaccinazione. Ma come si intercettano queste mutazioni del virus in Lombardia? E come le si combatte? A spiegarlo è Fausto Baldanti, responsabile del laboratorio di Virologia molecolare dell’ospedale San Matteo di Pavia, presidio di riferimento per la nostra provincia per il sequenziamento delle varianti.

Partiamo dall’attualità: è dell’altroieri l’annuncio del premier Boris Johnson secondo cui la mutazione inglese produrrebbe un aumento della letalità. Dobbiamo preoccuparci?

«C’è da stare molto cauti con annunci e dichiarazioni. L’aumento della contagiosità della variante inglese è stato appurato constatando che, nel giro di pochi mesi, è diventata il ceppo prevalente Oltre Manica. L’incremento della letalità potrebbe invece essere una semplice conseguenza del fatto che la platea di contagiati s’è ampliata. Ma dagli stessi inglesi sono arrivate rassicurazioni incoraggianti sull’efficacia del vaccino».

Cioè?

«Si sono fatti test di neutralizzazione. In estrema sintesi, si è visto che gli anticorpi contenuti nel siero prelevato ai pazienti già vaccinati sono in grado di neutralizzare la variante inglese. Anche in Italia questi test sono iniziati sui cittadini che hanno già ricevuto la seconda dose. Li stiamo facendo anche noi, a Pavia. E i risultati potremmo averli già settimana prossima».

Quindi i vaccini funzionano nonostante le mutazioni della proteina spike, la principale arma che il virus ha per entrare nel nostro corpo?

«Per quanto ne sappiamo fino ad oggi sembra di sì, e sembra che funzionino sia contro la variante inglese, sia contro quella brasiliana e sudafricana. Va infatti tenuto conto di una cosa importante. L’efficacia del vaccino non si valuta solo considerando le variazioni della spike. I vaccini di nuova generazione, quelli a mRna (sia Pfizer che Moderna, ndr), attivano procedure di riconoscimento del patogeno diverse, che vengono stimolate simultaneamente. Da un lato si attivano gli anticorpi contro la spike, ma dall’altro si stimolano anche alcune cellule specializzate del nostro organismo, dette cellule killer. Ecco, se non ce la fanno gli anticorpi a neutralizzare il virus mutato e ad evitare che si infettino le cellule, allora scendono in campo le cellule killer ad uccidere quelle infette».

In Lombardia su quali tamponi si cercano eventuali varianti di Sars-CoV-2? Su qualsiasi positivo?

«No, solo sui tamponi positivi dei viaggiatori. Da quando l’Inghilterra ha lanciato l’allarme, il Governo italiano ha chiesto alle Regioni di controllare i tamponi positivi di chi arriva dall’estero. Noi, a Pavia, abbiamo fatto la prima diagnosi di variante inglese a Natale, si trattava di un membro di un equipaggio. Da allora ad oggi, su 70 tamponi positivi che abbiamo studiato, 50 erano positivi alla variante inglese. Ripeto: si tratta di viaggiatori o di loro contatti, non ci sono evidenze di circolazione sul nostro territorio. In ogni caso la direttiva arrivata dalla Regione è quella di fare indagini oltre che per la variante inglese, anche per sudafricana e brasiliana».

Come funzionano queste indagini che, in Lombardia, fanno solo pochi ospedali?

«La sorveglianza si fa con due tipi di indagini complementari, che durano giorni. La prima mira a intercettare le variazioni della proteina spike, ed è una procedura piuttosto complessa che, appunto, facciamo sui tamponi positivi dei viaggiatori. La seconda, ancora più lunga e complicata, sequenzia invece l’intero genoma del virus e si fa a campione: è grazie a questa seconda indagine, per esempio, che si è capito che le epidemie scoppiate a Lodi e a Bergamo l’anno scorso erano legate a due varianti diverse del virus».

La Bergamasca, dove sono stati intercettati finora quattro casi di variante inglese, si appoggia a ospedali esterni, come quello di Pavia, per il sequenziamento. Cosa serve per poter essere autonomi?

«Servono apparecchiature specifiche, oltre che personale formato. Noi abbiamo messo a disposizione i nostri protocolli a tutti gli ospedali che ce l’hanno richiesto, inclusi quelli bergamaschi. Ma non è un lavoro nuovo, quello del sequenziamento: lo si fa per il virus dell’influenza, per quello del morbillo, e non solo. Non dobbiamo infatti dimenticarci che le variazioni fanno parte della biodiversità: il loro scopo, dal punto di vista evoluzionistico, è quello di ridurre la patogenicità del virus».

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