Covid: niente effetto Cina, continua il calo. «Fase di transizione, si va verso l’endemia»

La curva epidemiologica. L’infettivologo Marco Rizzi («Papa Giovanni»): «La malattia è diventata infrequente, ora solo 7 positivi ma ricoverati per altre patologie». Vaccini e infezioni limitano di molto la circolazione del virus.

Sembrava di essere tornati indietro di quasi tre anni, fino all’origine della pandemia. I nuovi focolai cinesi, le misure di precauzione, le immagini apocalittiche. I timori per le mutazioni del virus, i tamponi a chi arrivava dalla Cina. Accadeva solo poco più di un mese fa, quando dall’Oriente soffiavano nuove paure fin verso l’Europa e l’Italia. È andata invece in maniera totalmente diversa: la curva epidemiologica non è stata intaccata, anzi la discesa dei contagi è proseguita.

Gryphon e Kraken – le ultime varianti balzate all’attenzione degli esperti – non hanno cambiato il corso della pandemia. Negli ospedali – dettaglio ancor più importante – la situazione rimane tranquilla.

Basta riavvolgere i numeri, pur col peso relativo che oggi assumono questi stessi dati: il 1° dicembre in Bergamasca l’incidenza del contagio era pari a 317 nuovi casi settimanali ogni 100mila abitanti; il 26 dicembre, quando iniziarono i tamponi per i viaggiatori provenienti dalla Cina, l’incidenza era nel frattempo scesa a quota 131; e il 26 gennaio, cioè secondo gli ultimi dati disponibili del ministero, l’incidenza si è ulteriormente ridotta fino a 41 nuovi casi settimanali ogni 100mila abitanti. In altri termini, nell’ultimo mese – quello da monitorare per possibili riflessi dell’allarme «cinese» – la circolazione virale è diminuita del 68,7%.

Le nuove varianti Gryphon e Kraken non hanno cambiato il corso della pandemia

Nessun allarme «Di fatto non è accaduto niente di particolare», sintetizza Marco Rizzi, direttore delle Malattie infettive del «Papa Giovanni» di Bergamo: «Gli indicatori si sono confermati in calo. Così, la malattia è diventata veramente infrequente: in questo momento (cioè alle ore 12 di ieri, ndr) abbiamo solo 7 persone ricoverate con Sars-CoV-2, peraltro persone in cura per altre patologie, e non con la malattia Covid. Oggi il Covid non è un problema clinico rilevante, in termini di gestione dei casi. Per noi è diventata una malattia a trasmissione come l’influenza, la tubercolosi o la varicella: esiste, ma non mette sotto stress il sistema».

Rizzi: «La malattia è diventata infrequente, siamo nella fase di transizione verso l’endemia»

A quasi tre anni dall’inizio dell’emergenza, oggi lo scenario è dunque profondamente diverso: «Siamo nella fase di transizione verso l’endemia – ragiona Rizzi –. Qualche caso lo continueremo a vedere, la situazione nel mondo è molto diversificata: globalmente la situazione non va male, in Italia la situazione va sicuramente bene. Quando potremo dire che la pandemia è finita? Non credo si possa individuare un giorno X: qualche caso e qualche oscillazione ci sarà sempre, anche per via della circolazione delle persone. Oggi non credo che si possa dire che tutto è finito, però obiettivamente adesso il Covid è un problema come ne abbiamo tanti altri. Anzi, ne abbiamo di più consistenti: solo restando alle malattie infettive respiratorie, nelle ultime settimane abbiamo fatto i conti con l’influenza e l’Rsv».

Il perché di questa svolta verso l’endemia è inciso nella storia stessa della pandemia: «La maggior parte della popolazione è stata vaccinata o ha incontrato il virus tramite l’infezione, e così si ha una ridotta probabilità di infettarsi, di ammalarsi e di morire. Un recentissimo report dell’Istituto superiore di Sanità – segnala Rizzi – spiega in maniera dettagliata questa situazione, con le diverse probabilità di rischio. In Italia, 55 milioni di persone hanno incontrato il virus in uno di questi due modi: è praticamente l’intera popolazione o quasi, considerando anche i tantissimi casi di persone che non hanno fatto tamponi ufficiali o che hanno utilizzato quelli fai-da-te per la diagnosi. Tutto ciò, cioè la vaccinazione o l’infezione, limita enormemente la circolazione del virus. Poi, ovviamente, se l’infezione è molto remota o se le dosi di vaccino sono molto remote, qualche rischio c’è ancora». Più la quota di «immunizzati» è ampia, e meno il virus circola. Anche le ultime mutazioni non hanno prodotto sconquassi: «Da tempo si parla della possibilità di nuove varianti in grado di eludere la protezione conferita dal vaccino o dall’infezione, ma negli ultimi tempi non è successo – osserva l’infettivologo –. In Italia e in Lombardia è predominante BA.5, ma non ha comportato il venir meno dell’immunità acquisita».

«La realtà dell’ospedale è che da tempo contiamo pochissimi ricoveri di persone con insufficienza respiratoria acuta dovuta al Covid»

I numeri dei decessi I dati ufficiali registrano ancora continuamente dei decessi attribuiti per Covid. I report di ministero e Regione hanno indicato nell’ultima settimana 48 decessi in tutta la Lombardia (7 al giorno in media) di cui 8 in Bergamasca (uno al giorno, in media, all’incirca). In questa fase, però, l’indicatore va interpretato in maniera diversa. «Purtroppo questo non è un dato “pulito”, perché non distingue tra il decesso dovuto al Covid e il decesso di una persona positiva ma che è deceduta per altre cause. Sono sempre dati “da leggere” – specifica l’infettivologo Marco Rizzi –. La realtà dell’ospedale è che da tempo contiamo pochissimi ricoveri di persone con insufficienza respiratoria acuta dovuta al Covid. Poi, certo, è ancora vero che l’infezione da Sars-CoV-2 possa essere un fattore che complica situazioni di per sé già sfavorevoli, come quelle degli anziani fragili, con più patologie pregresse».

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