Delitto a Bergamo, le bugie di Locatelli:
«L’ho calpestata accidentalmente»

Nell’ordinanza del gip le contraddizioni dell’uomo accusato di avere ucciso la compagna Viviana Caglioni.

Sono state le contraddizioni tra le lesioni sul corpo di Viviana Caglioni e quanto riferito dal compagno e dalla madre a far insospettire fin da subito gli inquirenti. Quando la ragazza, la notte tra il 30 e il 31 marzo, è arrivata all’ospedale Papa Giovanni era già in coma profondo, con un’ematoma cerebrale, lesioni a livello addominale, tumefazione del labbro e tumefazione inguinale, secondo quanto riferito dalla dottoressa che l’ha visitata.

Anche i soccorritori del 118 che erano andati a prenderla a casa, in via Maironi da Ponte, avevano annotato nella scheda la «causa violenta» dell’intervento. Il compagno Cristian Locatelli, in carcere con l’accusa di omicidio pluriaggravato, e la madre di Viviana, Silvana Locatelli, indagata per favoreggiamento, continuano invece a sostenere la tesi della caduta accidentale. Quando ha chiamato il Nue 112, Silvana ha inizialmente detto che «la bambina si è buttata nell’acqua», poi che la figlia aveva «sbattuto la testa nello spigolo del muro». Locatelli, qualificatosi come vicino di casa, aveva persino minimizzato la gravità della situazione. Tre giorni dopo la morte di Viviana, avvenuta il 6 aprile, quando entrambi sono stati interrogati dagli agenti della Mobile, hanno riferito che la ragazza era «tossicodipendente. Sarebbe sbattuta contro un mobile, poi forse contro il muro». Ma il trauma inguinale e il labbro tumefatto non potevano spiegarsi con una caduta. Locatelli alla specifica domanda, scrive il gip Federica Gaudino nell’ordinanza con cui ha convalidato il fermo e stabilito la custodia in carcere, «riferiva che si ricollegava a un’altra caduta accidentale avvenuta qualche ora prima»: «Quando è caduta, le sono finito addosso calpestandola accidentalmente». Una ricostruzione apparsa del tutto inverosimile, così come il fatto che i due abbiano chiamato subito il 118. È passata invece più di un’ora, secondo gli inquirenti, perchè in ospedale Viviana è arrivata in stato di ipotermia, con una temperatura di 34 gradi. Testimone chiave è lo zio materno Giampietro Roncoli, che nel corso di tre interrogatori ha raccontato ai poliziotti e al sostituto procuratore Paolo Mandurino il feroce pestaggio da parte di Locatelli. E come quella non fosse che l’ultima aggressione di una lunga serie, sempre per gelosia, l’ultima dieci giorni prima. Locatelli accusava la fidanzata di essere «l’amante di Giuli» ma Viviana negava di avere rapporti con questo ragazzo, un ex fidanzato che effettivamente non vedeva da 7 anni.

Lei «cercava solo di difendersi parando i colpi come poteva. Io – è la versione dello zio – ho sempre visto Viviana prendere botte». Dalle intercettazioni emerge anche l’agitazione di Locatelli che, scrive il gip, «non nascondeva la chiara volontà di scappare, temendo che alcune dichiarazioni della Roncoli, se intercettate, avrebbero potuto metterlo nei guai». Il 20 aprile dice alla madre: «Comincio ad avere paura io eh, ma io scappo eh, questa qua è pazza veramente... io non so se hanno messo intercettazioni ambientali... ma noi due che eravamo complici... ammazzo lei se lo ha detto, dirti una frase del genere, complici di che cosa... ma se c’è un’intercettazione ambientale questi qua ti fanno, ti prendi l’ergastolo...». Perchè Silvana Roncoli continui a difendere Locatelli è difficile da spiegare. Il suo avvocato Nadia Carfì, sul punto, non rilascia dichiarazioni. Forse perchè anche lei ha paura: un’amica della donna ha riferito che in due occasioni Locatelli l’aveva picchiata a calci e pugni.

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