Parla la compagna della vittima: «Dentro e fuori dal carcere ma ci amavamo da 13 anni»

Parla Eleonora Turco, la vedova di Marwen Tayari, che ricostruisce la vita difficile del compagno: «Voglio una giustizia esemplare, l’ha ammazzato davanti alle sue figlie».

«Ci siamo conosciuti 13 anni fa, io lavoravo in un supermercato e l’ho visto lì. Mi piaceva lui e il suo modo di fare, se ne stava sempre da solo in disparte. È stato un po’ un colpo di fulmine. Poi sai come sono le donne, quando si fissano su una persona. Ho fatto una scommessa con me stessa: dev’essere mio». Eleonora Turco, 36 anni di Ponte San Pietro, è fuori dalla Procura in attesa della figlia di 12 anni, che è salita dal pm Paolo Mandurino per raccontare ciò che ha visto il giorno prima.

Una cosa che nessuna ragazzina di quell’età dovrebbe vedere, il padre ucciso a coltellate per una banale discussione. «È piena di rabbia contro quel ragazzo, facciamo fatica a tenerla - sottolinea la mamma -, ha lo stesso carattere di suo padre. Lui era un leone, ma ieri si è comportato da cagnolino perché c’erano le nostre figlie ed è stato ammazzato. Forse avrebbe fatto meglio a comportarsi come faceva prima». Un passato non certo facile, quello di Marwen Tayari, che la compagna non nasconde: era uscito dal carcere da sette mesi, «ma ha sempre fatto dentro e fuori, abitavamo a Ponte San Pietro ma era più il tempo in cui stava in carcere di quello che passava a casa». Ci sono precedenti per spaccio, nella sua fedina penale, ma anche per lesioni personali, rapina, resistenza, maltrattamenti in famiglia (lei lo ha denunciato nel 2017, 18 e 19) e stalking nel 2019.

L’ultimo precedente per spaccio risale a due settimane fa a Brescia. I carabinieri sono intervenuti spesso a casa loro per i continui litigi. «È capitato, ma all’inizio, che volasse uno schiaffo, sai come sono queste cose di gelosia... ma non sono mai andata in ospedale. Lo avevo denunciato per stalking - conferma Eleonora - ma alla fine tornavamo sempre insieme. Tredici anni e due figlie. Ci eravamo fatti la promessa di matrimonio, anche se a lui piaceva chiamarmi moglie ugualmente: ci siamo tatuati i nostri nomi». Mostra l’anulare destro, sotto l’anello c’è il nome di Marwen: «Lui aveva quattro o cinque tatuaggi con il mio nome, anche sul dito e sul cuore». Quando sarà eseguita l’autopsia, la salma sarà portata in Tunisia: «È giusto così, ha una mamma anziana che non lo vede da una vita e che fa fatica a spostarsi, noi invece siamo giovani e potrò andare con le mie figlie a trovare la nonna e anche il papà».

I ricordi lasciano spazio al dolore e alla sete di giustizia: «Ho letto la versione che ha raccontato il ragazzo, non è vero quello che dice - ribatte Eleonora -. Mio marito non lo ha minacciato con una bottiglia, era disarmato, l’aveva appoggiata per terra. Io dico la verità, ho visto mio marito morirmi tra le braccia». Poi ripercorre attimo per attimo quello che è successo domenica: «Noi eravamo seduti sui gradini, il ragazzo è arrivato in scooter senza casco. Ha parcheggiato sul marciapiede ed è salito in fretta sui gradini per entrare a casa. Marwen gli ha detto di stare attento, che poteva far male alle bambine. Lui ha cominciato a borbottare, dicendo che doveva chiedere il permesso per entrare a casa sua, e Marwen gli ha detto di lasciar perdere e andar via. Poco dopo Patelli è sceso con il casco integrale e la visiera alzata, aveva già il coltello nella mano destra.

Ha abbassato la visiera e gli ha detto: “Voi siete capaci solo di usare le bottiglie”. Marwen, che aveva la bottiglia di birra in mano, l’ha appoggiata per terra e gli ha fatto lo sgambetto. Il ragazzo è caduto e ha trascinato mio marito a terra, poi lo ha accoltellato. Marwen si è alzato barcollando, ha preso la bottiglia ed è arrivato fino ai gradini, dove è caduto. Solo in quel momento, sotto il suo peso, la bottiglia si è rotta . Il ragazzo ha detto una sola volta “chiama l’ambulanza” e io gli ho urlato “me lo ammazzi e poi mi chiedi di chiamare l’ambulanza”. L’ho visto solo più tardi con il padre che si è messo le mani nei capelli disperato. Marwen lo avevo tra le braccia, non mi ha neanche guardato negli occhi, ha fatto un rantolo, le labbra sono diventate blu, era freddo, è morto con gli occhi aperti, glieli ho chiusi io. Adesso voglio giustizia per mio marito, ma mi aspetto una giustizia all’ennesima potenza, non che tra quattro anni questo ragazzo è già fuori, perché ha ammazzato un uomo davanti alle sue figlie»

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