Dopo un mese riaprono 7.500 negozi
«Con la zona rossa persi 300 milioni»

Il commercio prova di nuovo a ripartire. Su la saracinesca anche per parrucchieri e centri estetici mentre resta lo stop per bar e ristoranti. «Disastroso il primo trimestre del 2021, servono scelte politiche oculate»

Chissà che il 17 possa, per una volta, essere di un buon auspicio almeno per i commercianti.

Lunedì scatta infatti in tutta la Lombardia il diciassettesimo cambio di colore nell’era dell’Italia divisa in fasce di rischio. Si torna in arancione dopo 4 settimane di profondo rosso, soprattutto per i fatturati di tanti negozi, costretti dal 15 marzo a tenere chiuse le serrande. La perdita complessiva, secondo una stima di Ascom Confcommercio, si aggira tra i 290 e i 300 milioni di euro, complice anche la settimana di Pasqua che, da sola, vale all’incirca 85 milioni di euro. L’ennesima, cauta ripartenza non può dunque che essere accolta con favore dagli operatori del commercio, che dopo un 2020 disastroso hanno registrato perdite fino al 70% anche nel primo trimestre di quest’anno. Bruciate la stagione dei saldi e l’intero periodo di Pasqua, con l’indice di contagio che è tornato ad abbassarsi, da domani anche i 7.500 negozi della Bergamasca che nelle ultime quattro settimane si sono fermati, potranno di nuovo tornare a lavorare.

Con loro anche i parrucchieri (che pure da maggio scorso fino al 14 marzo erano stati aperti) e i centri estetici. Resta lo stop per bar e ristoranti, la cui riapertura, almeno fino alle 18, al momento non è in previsione almeno fino a maggio. «Le misure restrittive hanno messo di nuovo a dura prova le imprese – dice Filippo Caselli, direttore di Confesercenti Bergamo –. Ci sono attività, anche tra quelle che sono rimaste aperte in queste settimane, che hanno registrato perdite tra il 10 e il 50%, con punte di oltre il 70% da inizio anno per chi invece è stato costretto a chiudere».

Settimana scorsa la protesta dei commercianti è sfociata in una mobilitazione nazionale di Confesercenti per chiedere al governo riaperture immediate e «scelte politiche oculate, con sostegni adeguati – prosegue Caselli –. Oggi quello che chiediamo a tutti i livelli istituzionali è di gestire bene questo momento: il Paese non può più permettersi un altro fermo e le attività commerciali non sarebbero più in grado di sopportarlo».

La riapertura dei negozi (e il ritorno al completo dei mercati) porta con sé situazioni che ancora sono lontane dal trovare una soluzione: «Non dimentichiamoci che la mobilità sarà ancora limitata al Comune di residenza – avverte Oscar Fusini, direttore di Ascom Confcommercio –. Sarà ancora un lavoro a scartamento ridotto, che quantomeno toglierà la frustrazione della chiusura a intere categorie, aprendo nel contempo le attività di tanti bisogni primari, che le persone non riuscivano più a colmare, a partire dai parrucchieri e dai centri estetici». Restano però aperti almeno altri due fronti: «Uno – ricorda Fusini – è quello dell’offerta del fine settimana nei centri commerciali, dove tante imprese sono all’asfissia totale, l’altro è quello della ristorazione, altro comparto in sofferenza totale». E proprio martedì Fusini sarà a Roma, insieme a una delegazione dell’Ascom per rappresentare i locali pubblici bergamaschi in occasione dell’incontro tra i rappresentanti della Fipe, la Federazione Italiana dei pubblici esercizi, e il ministro dello Sviluppo economico Giancarlo Giorgetti, al quale sarà chiesto di nuovo di considerare l’ipotesi di un’apertura di bar e ristoranti anche prima del mese di maggio, almeno nelle zone d’Italia meno a rischio. «Questo è il tema sul quale si sta dibattendo in questi giorni – insiste Fusini –. Il ritorno in zona arancione è solo il primo passo verso una ritrovata normalità e il nostro auspicio è di tornare quanto prima almeno alla zona gialla e alla libera circolazione delle persone all’interno del territorio».

L’arrivo della stagione calda e il prosieguo della campagna vaccinale potrebbero rappresentare – è questo l’augurio dei commercianti – una base solida per dire addio definitivamente alla zona rossa. «Serve però un’accelerazione ulteriore delle somministrazioni dei vaccini – conclude Caselli –. Le nostre attività hanno bisogno di programmazione per lavorare al meglio; penso ad esempio ai negozi di moda, un comparto spesso dimenticato che ha pagato più di altri le chiusure improvvise di questi mesi. Speriamo davvero che si possa cominciare a recuperare un po’ di tempo perso, anche perché le alternative messe in campo in questi mesi, come il commercio elettronico, non hanno senz’altro integrato le perdite del fatturato in modo adeguato».

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