Due medici e una famiglia numerosa
«Chiusi in casa con 5 figli? Si può fare»

Stefano De Carli, chirurgo al Policlinico di Zingonia: «Mia moglie è ginecologa, turni a incastro per badare ai bimbi». «Mi spoglio sull’uscio di casa e corro in doccia. Preghiamo tutti insieme per le vittime Covid».

Metti un papà chirurgo, una mamma ginecologa, cinque figli dai 12 ai 6 anni e un sesto in arrivo, tutto in 90 metri quadrati di casa, e l’emergenza coronavirus: la miscela risulta esplosiva. «Ma si resiste, con qualche accorgimento si resiste. Certo, ci siamo dovuti resettare su una serie di abitudini consolidate, con una famiglia così numerosa è inevitabile, ma l’isolamento sociale va osservato. Ci riusciamo persino noi». Se lo dice lui , il capofamiglia - Stefano De Carli, 40 anni, chirurgo al Policlinico San Marco di Zingonia e in prima linea in corsia contro il Covid, - bisogna crederci.

A quanto si dice, pare che il chirurgo - papà di Simonetta ,12 anni, Giovanni, 10, Francesco, 8 , Giacomo, 6 e Benedetto di appena due - alle prove difficili sia già allenato. Va ogni giorno da Milano, dove abita, a Zingonia in scooter, estate e inverno, sotto la pioggia e sotto il sole. «Si è vero, mi piace e comunque abbiamo un’automobile soltanto ed è meglio che resti a disposizione della famiglia». Con l’esplosione dello tsunami Covid il carico di difficoltà è aumentato. «Al Policlinico anche noi chirurghi siamo finiti in prima linea nei reparti Covid. In sostanza, tutto l’ospedale è ormai dedicato soltanto ai pazienti infettati dal coronavirus: ed è giusto così, questa è una emergenza enorme, e per quel che mi riguarda non ho mai avuto neppure un attimo di esitazione o di timore. Sono un medico, figlio di un medico, so qual è il mio compito. Lo stesso ha scelto di fare mia moglie Giulia: quando ha saputo di essere in attesa avrebbe potuto chiedere di assentarsi, non l’ha fatto. Continua a lavorare anche lei in ospedale, a Milano. Certo, ci siamo dovuti assestare con i turni, e spiegare ai bambini che il loro comportamento con noi andava cambiato». Cosa non facile, con 5 figli. E le regole sull’isolamento. «Abbiamo parlato in modo chiaro con loro, lo abbiamo sempre fatto, sanno che tipo di impegno hanno la mamma e il papà e sono abituati a sentirci discutere di questioni mediche. Hanno capito cosa comporta questa epidemia, ma certo anche la nostra vita familiare ha subito un gran bel ribaltone».

Per esempio, niente baci e abbracci? «Niente salti al collo o in braccio quando rientro dall’ospedale: lo sanno bene. Intanto, mia moglie e io ci siamo organizzati con i turni: lei lavora al mattino, e io bado ai ragazzi che devono seguire le lezioni on line e fare i compiti. Fino a poco fa avevamo come baby sitter una studentessa della Cattolica, tra l’altro è di Alzano, poi con l’aumento dei casi è tornata a casa. Io faccio il più possibile le notti, in ospedale. E non sono notti facili, perché molti pazienti che abbiamo ricoverato sono in condizioni complesse. E per noi medici delle Unità Covid si tratta di turni di 8 ore e più in cui, una volta vestiti con le tute, le mascherine, i guanti, gli occhiali, non puoi neppure andare in bagno. Poi, una volta arrivato a casa, mi spoglio sull’uscio, tolgo vestiti e scarpe, non saluto nessuno e filo nella doccia, mettendo a lavare tutto quello che indossavo. Tutti i giorni, sempre. Solo dopo i nostri figli possono vedermi. Sarà così per molto, ma le regole vanno seguite scrupolosamente. A oggi, l’unico modo per combattere questo virus sono le precauzioni di igiene, i dispositivi di protezione e il distanziamento sociale. Certo, in casa nostra , in 7 persone e 90 metri quadrati ipotizzare un distanziamento individuale è complicato, ma stiamo attentissimi. E soprattutto, nessuno esce di casa: i miei figli non vedono cugini e nonni da quando è esplosa l’epidemia: è un grande sacrificio, ma se pensiamo a quanto soffrono le persone malate e i loro parenti, in fondo ci rendiamo conto di quanto siamo fortunati. Se ne rendono conto anche i miei ragazzi: in famiglia da sempre recitiamo una preghiera tutti insieme, ora non dimentichiamo mai un Eterno Riposo per le vittime dell’epidemia, sono i miei figli a chiederlo, ogni giorno».

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