Galli: «È in corso l’epidemia dei non vaccinati»

Sabato 20 novembre intanto si sono contati altri 1.930 contagiati in Lombardia e 33 nuovi ricoveri ordinari per Covid. Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano e docente di Malattie infettive all’Università Statale: «La minoranza no vax diffonde il virus. Non immunizzarsi è un danno per la comunità. Terza dose fondamentale». L’intervista su L’Eco di Bergamo di domenica 21 novembre.

«Bisogna incrementare le vaccinazioni e procedere spediti con le terze dosi, con una premessa: di gente vaccinata ne abbiamo molta e ciò dovrebbe essere una garanzia che non avremo per Natale un’ondata consistente come l’anno scorso. Ma non siamo ancora a posto, visto che siamo di fronte a una sorta di epidemia dei non vaccinati». Massimo Galli, infettivologo dell’ospedale Sacco di Milano e docente di Malattie infettive all’Università Statale, predica sempre prudenza senza tuttavia ipotizzare scenari restrittivi particolari, in prossimità delle festività natalizie. Sabato 20 novembre intanto si sono contati altri 1.930 contagiati in Lombardia e 33 nuovi ricoveri ordinari per Covid.

Professor Galli, l’Istituto Superiore di Sanità ha confermato che dopo 6 mesi la protezione del vaccino cala all’82% e la dose di richiamo è ritenuta sempre più necessaria. Cosa ne pensa?

«Sulla terza dose ci sono scuole di pensiero diverse. C’è chi pensa che la dose booster costituisca una sorta di pietra tombale per il virus, come accade per altre vaccinazioni, e chi invece solo uno step ulteriore ma non risolutivo per arginare il Covid. Io reputo necessaria la dose di richiamo e mi auguro che sia uno strumento molto efficace che riduca in via significativa il rischio di infettarsi. Tuttavia il Covid è un virus che presenta mutazioni e modifiche consistenti nel tempo e non si esclude quindi che lo si debba inseguire come si insegue il virus dell’influenza».

Come definire allora la terza dose?

«Può essere una stimolazione che prolunga la durata della risposta immunitaria. Il virus può cambiare quel tanto che basta da metterci nella condizione di doversi immunizzare di nuovo con un vaccino aggiornato. Lo facciamo ogni anno con la vaccinazione antinfluenzale, seppur con presupposti diversi dal Covid» .

I contagi e i ricoveri in aumento sono frutto anche di comportamenti negli ultimi mesi meno rispettosi delle regole di precauzione?

«Le indicazioni protettive sono state un po’ disattese negli ultimi tempi, con atteggiamenti più permissivi e qualche assembramento di troppo. C’è ancora gente che vuole autoconvincersi che il problema del Covid sia già passato o peggio ancora non esista proprio, ma nessuno è invulnerabile. Abbiamo le strutture e le capacità per proteggerci con il vaccino. Bisogna usare la testa» .

Negli ospedali aumentano i ricoverati nei reparti ordinari, ma nelle Terapie intensive l’incremento risulta ridotto. I vaccini sono determinanti sotto questo profilo?

«Le Terapie intensive sono popolate soprattutto da anziani con comorbilità e in minor parte da persone che hanno ricevuto la doppia dose di vaccino, ma non bisogna essere fuorvianti nei numeri. In Italia abbiamo circa 47 milioni di vaccinati e 8 milioni di non immunizzati. Eppure stiamo assistendo a una specie di effetto paradosso, in cui con i vaccinati grande maggioranza e i non vaccinati che sono invece in minoranza è proprio quella minoranza che facilita la circolazione del virus. E questa circolazione finirà per infettare soprattutto le persone che non hanno avuto modo di rispondere al vaccino, in larga parte anziani con difficoltà di varia natura che finiranno in ospedale. Il cerchio si chiude così. Ma il vaccino protegge su larga scala. Non immunizzarsi significa danneggiare se stessi e soprattutto l’intera collettività».

Lei è favorevole all’ipotesi di anticipare la dose di richiamo a 5 mesi dalla seconda?

«Non trovo utile imporre una data specifica. Sono dell’idea che il discorso della terza dose sia generalmente accettato, quindi vale la pena farla ed è utile facilitare che la terza dose venga somministrata in tempi ragionevoli, comunque intorno ai 6 mesi e non molto prima».

Ma è corretto parlare solo di epidemia dei non vaccinati?

«È un dato di fatto: i soggetti non immunizzati fanno oggettivamente da volano. L’infezione si diffonde prevalentemente tra di loro. Tuttavia bisogna distinguere tra quelli che non vogliono vaccinarsi, quelli che non possono farlo come i bambini più piccoli e le persone non vaccinate che sono guarite e hanno sviluppato un’immunità. Io sono favorevole alla vaccinazione dei bambini sulla base dei dati che abbiamo, in termini di sicurezza e benefici. Infettarsi non mai è una buona cosa, nemmeno tra i bambini».

Ritiene opportuno ricalibrare la durata del Green pass e diminuirne la validità alla luce dei contagi in aumento?

«Il Green pass è uno strumento di sicurezza e incentivazione a farsi il vaccino. Il problema vero è avere più gente vaccinata, perché chi si immunizza ha possibilità sei volte inferiori ai non vaccinati di reinfettarsi, con probabilità molto bassa di finire nei reparti ordinari degli ospedali e in Rianimazione. Il tampone resta per me un alibi per non vaccinarsi. Non è certamente lo strumento migliore per identificare il virus, con differenze di sensibilità tra i test rapidi e molecolari che non aiutano a fotografare compiutamente la circolazione virale. E ci sono anche costi da sostenere».

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