Ghiacciaio del Gleno, agonia irreversibile
Colpa del caldo e dell’alga rossa -Foto

Il 23 agosto verrà dedicato un requiem agli ultimi ghiacci perenni rimasti nella Bergamasca. Guarda il foto confronto dal 2006 a oggi.

Un requiem per il ghiacciaio. A prima vista poteva sembrare una delle tante iniziative estive per ravvivare la montagna. In realtà quella che si terrà domenica 23 agosto alle 15 presso il ghiacciaio del Gleno vuole essere un richiamo concreto sulle allarmanti conseguenze legate ai cambiamenti climatici.

La manifestazione è stata promossa da Fridays for future in collaborazione con la «Carovana dei ghiacciai» e Legambiente in un luogo che testimonia come l’ambiente stia cambiando.

«Lo scioglimento dei ghiacciai - si legge nella presentazione - non è solo una perdita dal punto di vista delle risorse idriche ma anche un venir meno a preziose fonti geologiche sulla storia della Terra. In quell’occasione si terrà infatti un “requiem al ghiacciaio e alcuni musicisti, a margine di altri interventi, suoneranno rivolgendosi al ghiacciaio, come si è soliti fare nei confronti di una persona cara che è venuta a mancare. L’obiettivo dell’evento - conclude il comunicato - sta nella speranza di tornare in città un po’ più consapevoli del problema, magari con il proposito di fare qualcosa tutti assieme per cambiare rotta».

Quello del Gleno è l’ultimo ghiacciaio perenne rimasto sul versante bergamasco delle Orobie. Dal punto di vista glaciologico la sua denominazione è stata modificata in «Vedretta del Trobio» (occidentale ed orientale) quando, nel 1942, la massa nivale si smembrò in due distinti apparati (trent’anni dopo quest’ultima subì un’ulteriore frazionamento). Come ogni altro ghiacciaio alpino il viaggio irreversibile verso la sua scomparsa è in atto da tempo anche se, negli ultimi anni, il fenomeno ha raggiunto velocità impensabili fino a poco tempo fa. La sua agonia è chiaramente confermata da alcuni confronti fotografici, anche abbastanza recenti, dai quali si evince che nell’ultimo ventennio solo nell’anno 2014 la sua massa nivale ha registrato un incremento di volume.

La parziale inversione di tendenza era stata però possibile in seguito alle abbondanti nevicate cui ha fatto seguito un’estate pessima dal punto di vista meteo, caratterizzata da brutto tempo e abbondanti piogge. Oltre al costante aumento delle temperature esistono ulteriori fattori ambientali che negli ultimi anni stanno contribuendo alla velocizzazione del processo di fusione.

È il caso della comparsa, abbastanza massiccia in alcune zone, di un’alga rossa (Chlamydomonas nivalis) in grado di formare estese colonie sulla superficie nevosa che, durante il periodo tardo primaverile, tende ad assumere una colorazione rossastra. Campionamenti che ne certificano la sua presenza sono stati fatti a giugno in Valle Cerviera e al lago Gelt, mentre alcuni giorni fa proprio sulla neve residua della vedretta del Trobio occidentale.

Il fenomeno, benché curioso, ha però risvolti negativi sulla conservazione della neve perché causerebbe una diminuzione dell’effetto albedo, ossia la sua capacità riflettente nei confronti dei raggi del sole.

La conferma arriva infatti dal professor Biagio Di Mauro, dell’Università Bicocca di Milano, che da tempo sta studiando la riduzione dei ghiacciai della Groenlandia. «Il fenomeno da voi segnalato sulle nevi di Valbondione - spiega - risulta del tutto simile a quello oggetto dei nostri studi sui ghiacci della Groenlandia, dove è stata individuata la presenza della Ancylonema nordenskioeldii. Benchè si tratti di due organismi sostanzialmente diversi, la loro presenza sullo strato di neve le accomuna nel fatto che fanno diminuire l’effetto albedo, ossia il potere riflettente della neve. Più questa si scurisce minore diventa il suo potere riflettente e quindi il maggiore assorbimento dei raggi solari ne velocizza la sua fusione, con conseguenze negative sui ghiacciai».

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