Il cardinale Pizzaballa: «È necessario ricostruire la fiducia»

LA TESTIMONIANZA. Il Patriarca latino di Gerusalemme: la situazione è drammatica. «Contribuire con il sostegno umanitario, ora sembra paralizzato ma in futuro sarà di grande bisogno».

«La situazione è grave» e se «è pur vero che non è la prima volta» che accadono violenze, tuttavia «la portata e la gravità dei fatti compiuti sia in Israele, che a Gaza con l’assedio in atto» hanno reso la realtà attuale «drammatica: le attività sono sospese, le scuole sono chiuse, ma quello che colpisce è il nervosismo e la tensione» che si respirano nell’ordinarietà «per strada, nei luoghi comuni» in cui «la vita è ridotta al minimo». È quanto ha raccontato il Patriarca di Gerusalemme dei latini e neo cardinale Pierbattista Pizzaballa, intervenendo ieri pomeriggio, 12 ottobre, a una diretta social promossa dall’Associazione Pro Terra Sancta (organizzazione impegnata da anni per la pace in Israele e Palestina) e intitolata «Appello per la pace da Gerusalemme».

La giornata di digiuno

Rientrato da poco nella città santa dopo aver ricevuto la berretta cardinalizia il 30 settembre scorso, il neo porporato ha rinnovato l’invito ad aderire alla giornata di digiuno e preghiera per il 17 ottobre prossimo indetta dal Patriarcato latino. Perché la preghiera, ricorda il card. Pizzaballa, «non risolve i problemi» ma «apre il cuore, illumina e indica il percorso». E sulla situazione dei cristiani di Gaza, il patriarca ha spiegato che «fisicamente stanno bene» e la gran parte è ormai ospitata nei saloni della parrocchia della Sacra Famiglia, nelle aule della scuola cristiana e dalle suore. «Molte delle nostre case - ha proseguito - sono distrutte, non come obiettivo primario (dei raid israeliani nella Striscia, in risposta all’attacco di Hamas a Israele con un’azione che da atto di guerra ha assunto derive jihadiste e terroriste, ndr) ma come danni collaterali. Inoltre, l’acqua inizia a scarseggiare, mancano l’elettricità e il gasolio per il generatore”. Per questo la speranza per i prossimi giorni «è che si possano riportare acqua e viveri necessari».

«Clima di paura»

L’attenzione è rivolta al pomeriggio di venerdì 13 ottobre , con Hamas che ha lanciato un appello alla mobilitazione generale dei musulmani, anche e soprattutto in Cisgiordania, in concomitanza con il venerdì di preghiera islamico. Un clima di «paura» è innegabile, e sebbene non tutti i palestinesi siano d’accordo e sostengano la drammatica escalation degli ultimi giorni e le violenze contro i civili israeliani, «nessuno può prevedere quello che succederà» osserva il porporato. Così come, prosegue, «nessuno poteva prevedere quello che sarebbe successo» anche solo una settimana fa. Resta il fatto che questo conflitto, andando oltre l’ambito politico, stia diventando «sempre più religioso» per stessa ammissione del primate latino. «Oggi non ha più senso scavare nelle ragioni che hanno portato a questa situazione, bisogna prendere atto che siamo in una fase nuova. Sarà difficile dopo questa guerra - prosegue - ricostruire un minimo di fiducia e relazioni fra le due parti, fra israeliani e palestinesi, ma sarà una necessità perché entrambi qui resteranno». In questa fase in cui sembrano predominare violenza, odio, sangue la domanda «non è dov’e Dio» puntualizza il card. Pizzaballa, ma «dove è finito l’uomo… cosa abbiamo fatto dell’umanità, del rispetto dei diritti, delle persone: queste sono le domande».

L’impegno dei cristiani

Infine, il porporato ha sottolineato l’impegno dei cristiani e il valore della loro presenza che resta fondamentale «per riscoprire l’umanità» che sembra perduta di fronte alle cronache di questi giorni, ai bombardamenti, ai bambini sgozzati nell’assalto dei miliziani di Hamas al kibbutz di Kfar Aza. «Dobbiamo guardare a Cristo, altrimenti rimaniamo nel vago. Gesù è una presenza reale, per questo dobbiamo pregare. E poi - conclude - lavorare e contribuire col sostegno umanitario, che ora sembra paralizzato ma di cui in futuro ci sarà grande bisogno. Ed evitare un linguaggio che esclude l’altro, di odio» e fare in modo che si possa superare «questo disastro».

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