Il sorriso di Gaia rimarrà per sempre
E nel lockdown Beatrice porta felicità

La coppia di giovani sposi Alessia e Marco Gherardi racconta il dolore della perdita di una figlia e la ripartenza.

«Dentro ai suoi occhi ardeva un tale riso che io pensai di toccare con i miei il fondo del mio paradiso» scrive Dante alludendo alla «sua» Beatrice. Ed è proprio a questo genere di felicità - così grande che il cuore fatica a contenerla - che hanno pensato Alessia e Marco Gherardi scegliendo quel nome per la loro bimba, nata il 4 maggio, data simbolica della prima «riapertura» dopo i mesi durissimi del lockdown per l’emergenza coronavirus.

«Beatrice - spiega mamma Alessia - è il nome che si è affacciato nel nostro cuore ancora prima di sapere del suo arrivo. “Colei che rende felici”, “colei che dà beatitudine”. Forse è il segno che ci è stato chiesto di seguire, la promessa che dalla sofferenza in qualche modo ci si rialza, che c’è sempre il gancio in mezzo al cielo a cui aggrapparsi per non sprofondare».

L’anomalia al rene

Questa bimba dalle guance paffute, che se ne sta seduta tranquilla in braccio alla mamma e con le dita sembra disegnare fiori nell’aria, è il capitolo più recente di una storia straordinaria intessuta di sofferenza, amore e solidarietà, iniziata il primo gennaio del 2016 con la nascita di Gaia, la sorellina maggiore, volata in cielo a causa di una malattia gravissima alla fine di quello stesso anno.

«Quando è nata Gaia - racconta Marco - eravamo molto felici ed emozionati, era la nostra prima figlia. A sei mesi il pediatra, visitandola, si è accorto di un’anomalia al rene. Senza preoccuparci in modo eccessivo, ci ha spinto a portarla in ospedale per approfondire. Dopo una giornata di esami, è arrivata una pessima notizia: si trattava di un tumore». Alessia e Marco non si sono comunque persi d’animo: «Ci è caduto il mondo addosso, ma sapevamo di essere in buone mani, perché l’ospedale Papa Giovanni è una struttura di eccellenza per l’oncologia pediatrica. Ci siamo detti che avevamo di fronte una montagna ma che un passo alla volta avremmo potuto scalarla».

La drammatica diagnosi

«Di tutte le miserie umane - scrive Erodoto - la più amara è questa: conoscere così poco e non avere controllo su niente». È iniziato il percorso di cura ma ben presto Alessia e Marco si sono ritrovati nel pieno di una tempesta: «Ci sono state le corse al Pronto soccorso, poi i ricoveri, le chemioterapie, l’intervento di asportazione del rene. A settembre purtroppo sono arrivate le controanalisi dell’Istituto dei tumori di Milano, e solo a quel punto è emerso che Gaia era affetta da un tumore rarissimo, in Italia ne capitano uno o due casi all’anno. Su consiglio del dottor Massimo Provenzi, responsabile del reparto di Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII, abbiamo consultato anche un’équipe dell’Istituto dei tumori di Milano specializzata nella cura di queste patologie. Purtroppo ci hanno detto che non avevamo più armi, che non c’era un luogo al mondo in cui nostra figlia poteva essere curata».

Un incubo

È stato il momento peggiore per Alessia e Marco: «Abbiamo entrambi una formazione scientifica, non riuscivamo a rassegnarci all’idea che non ci fosse più nulla da fare, che non si potesse trovare una soluzione, seppure con un percorso lungo e complicato. Purtroppo abbiamo dovuto accettare la situazione e andare avanti».

«Tutti i bambini, tranne uno, crescono» scrive James Barrie all’inizio delle avventure di Peter Pan: come lui anche Gaia «è partita per il cielo» il 3 novembre del 2016.

«Si è avverato il peggiore degli incubi - racconta Marco -, siamo precipitati nel buio. Ora ci sembra quasi incredibile essere riusciti a risollevarci. È merito di tante persone che si sono strette intorno a noi, circondandoci con il loro affetto. Le nostre famiglie prima di tutto, amici e parenti». Un’onda di dolore ha travolto le loro vite, ma in modo sorprendente e inaspettato quando si è ritirata ha portato anche un nuovo inizio. «Abbiamo vissuto per mesi all’ospedale - continua Marco - l’oncologia pediatrica è entrata a far parte della nostra famiglia. Siamo rimasti positivamente colpiti dall’approccio di medici e infermieri di quel reparto: sanno affiancare a una grande competenza professionale altrettanta attenzione e sensibilità nei confronti dei pazienti e dei genitori. Nonostante la situazione difficile di nostra figlia non ci hanno fatto mai sentire soli, abbandonati a noi stessi. Questa lunga frequentazione ci ha condotto a conoscere meglio il reparto e le sue necessità, che non sempre possono essere soddisfatte dal Sistema sanitario nazionale. Abbiamo pensato, quindi, di poter restituire in qualche modo la cura e l’attenzione che avevamo ricevuto a favore di altri bambini malati come la nostra Gaia. Tanti amici ci hanno proposto di fare delle donazioni per realizzare qualcosa di utile per i piccoli pazienti di quel reparto, anche oggetti concreti come un frigorifero, che è stato il nostro primo dono per loro. In quel periodo abbiamo conosciuto Antonio Gabrieli, papà di Giulia, morta in giovane età per una malattia incurabile e presidente dell’associazione intitolata a lei».

L’incontro col papà di Giulia

È stato un incontro prezioso e importantissimo, da cui è nato un legame di collaborazione e amicizia: «Ci siamo sentiti subito in sintonia, con lo stesso desiderio di aiutare. Giulia Gabrieli e la sua famiglia ci hanno preso per mano e ci hanno aiutato a ritrovare la speranza. Se prima cercavamo solo di sopravvivere, respingendo l’angoscia, da quel momento in poi abbiamo lentamente ritrovato il coraggio di ricominciare a vivere. Abbiamo iniziato anche una terapia psicologica, che ci ha sostenuto moltissimo». Così è nato «Il sorriso di Gaia»(ilsorrisodigaia.it) per tenere viva la memoria della bimba, come una costola dell’associazione conGiulia (conGiulia.com): «Abbiamo unito le forze, ma Antonio e sua moglie Sara ci hanno comunque incoraggiato fin dall’inizio a mantenere viva la nostra identità e il ricordo di nostra figlia. Così abbiamo creato un sito web per raccontarne la storia e le attività e la pagina Facebook, il canale che manteniamo più aggiornato». Sono molti i progetti portati avanti dall’associazione conGiulia, ai quali collabora anche «Il sorriso di Gaia». «Uno dei più importanti, a cui Giulia teneva molto - dice Marco -, è la scuola estiva in ospedale, realtà importantissima e consolidata; c’è poi “Muoviamoci insieme”, che mette a disposizione dell’oncologia pediatrica l’opera di due fisioterapisti. Ci è particolarmente cara l’iniziativa “Quasi a casa”: grazie ad essa ogni bambino può essere seguito a casa da un’infermiera del reparto per controlli, esami e terapie che è possibile eseguire anche al di fuori dell’ospedale. Anche per noi è stata preziosa».

Grazie a questo impegno Alessia e Marco hanno ritrovato un po’ di serenità: «Abbiamo incominciato a sentire di nuovo il desiderio di donare e condividere amore. Abbiamo quindi deciso di avere un secondo figlio. All’inizio c’è stata qualche difficoltà, avevamo pensato di intraprendere un percorso di fecondazione assistita ma in realtà non ce n’è stato bisogno, perché a fine agosto Alessia si è accorta di essere incinta». Nel frattempo avevano incominciato a sistemare una nuova casa, con l’obiettivo di trasferirsi da Petosino, dove risiedevano, a poca distanza dalle loro famiglie d’origine, a Curno: «Non avevamo previsto che la gravidanza e il trasloco si svolgessero nello stesso periodo ma quando è accaduto ci è sembrata una coincidenza molto opportuna, che ci portava ancor di più verso un nuovo inizio». In questo clima si è insinuata all’improvviso l’emergenza per il covid-19: «Quando è iniziato l’isolamento - spiegano Marco e Alessia - ci siamo sentiti impauriti e ansiosi, come tutti. Non abbiamo potuto vedere i nostri genitori e i nostri fratelli per settimane. In questo periodo la nostra gioia è stata un po’ appannata dall’emergenza per la pandemia. Abbiamo avuto entrambi la possibilità di lavorare da casa e di sostenerci a vicenda. Nel periodo terribile che abbiamo vissuto gli affetti più cari e le relazioni sono stati punti di forza. A un certo punto, quando il picco dell’epidemia è passato, alla fine di aprile, abbiamo avuto la possibilità di procedere al trasloco».

Il raggio di sole

Poi, finalmente, è arrivata Beatrice, «come un raggio di sole che spazza via l’oscurità». Quando è nata, spiega Marco, «è stata una gioia grandissima, non solo nostra. Tutto il nostro percorso - e in particolare quest’ultimo periodo - ci ha insegnato l’importanza della condivisione: nei momenti di difficoltà è la chiave per non affondare, mentre in quelli felici amplifica la gioia. Noi l’abbiamo sperimentata in entrambe le situazioni. Durante la malattia di Gaia ci ha aiutato a portare il peso del dolore. La tristezza per quanto è accaduto non se ne andrà mai, resta nelle pieghe del nostro cuore, che però adesso batte di nuovo di gioia». Marco e Alessia hanno potuto contare sull’affetto di moltissime persone, spesso sconosciute, che hanno seguito la loro storia facendo il tifo per loro: «Da quando è iniziata l’attività del gruppo “Il sorriso di Gaia” tantissimi si sono mobilitati per aiutarci, toccati dalla nostra esperienza. Questo ci ha colpito molto, siamo credenti e l’abbiamo considerato un segno: abbiamo pregato molto per il miracolo della guarigione di Gaia, che poi purtroppo non c’è stato. Il modo in cui poi la situazione si è sviluppata, però, ci ha dimostrato che i miracoli avvengono davvero, anche se forse non sono come li vorremmo».

La vita di Gaia è stata come un seme che ha portato un generoso frutto d’amore: «Adesso abbiamo Beatrice con noi, da curare e crescere, con il soggiorno pieno di scatoloni, un orizzonte nuovo, e la possibilità di coltivare ancora la felicità e la speranza».

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