Il trauma del tumore al seno spazzato via
a colpi di pagaiate con le «lady-dragon»

Mamma di Casazza ha affrontato il recupero con l’attività sportiva di una speciale canoa.

Capita, nella vita, di sentirsi esposti ai venti come su una barca, in balia delle onde, mentre il timone è fuori controllo. Un tumore può far sentire così - smarriti - e offuscare l’orizzonte. Myriam Pesenti di Casazza, però, ha deciso di remare più forte, controcorrente, e con le sue amiche dell’associazione Cuore di donna ha preso la malattia «a colpi di pagaia».

La sua squadra si chiama Cuore di drago, e la barca sulla quale si allena per il «dragon-boat», una canoa con un equipaggio di venti rematrici più timoniere e tamburino (che dà il tempo), è ormeggiata sul lago di Endine: «Siamo una trentina – racconta – quasi tutte donne che hanno affrontato un tumore al seno. Ci alleniamo insieme per due giorni alla settimana, mercoledì e sabato. Alla fine di ottobre siamo arrivate prime alla Coppa di San Saturnino a Cagliari, è stata una bella soddisfazione per una squadra come la nostra, nata dal basso, per passione, senza mezzi, senza sponsorizzazioni. È uno sport che richiede molta sintonia, bisogna pagaiare in sincrono. Il ritmo cambia nei diversi momenti: più lento in allenamento, più rapido in gara. Al di là della vittoria, i raduni di canottaggio, in cui si ritrovano squadre di tutta Italia, composte quasi interamente da donne “sopravvissute al cancro” come noi, sono occasioni d’incontro e di festa, in cui si possono condividere esperienze e stringere nuove amicizie. Torniamo sempre a casa piene di entusiasmo e con nuovi progetti».

Il dragon-boat è considerato un’attività riabilitativa post-operatoria: «L’idea di proporre questa disciplina a donne operate di tumore al seno – racconta Myriam – è nata vent’anni fa per iniziativa di un medico canadese, Don McKenzie, in controtendenza rispetto alle teorie in uso fino a quel momento, secondo le quali per evitare gonfiori fastidiosi dopo l’intervento bisognava tenere il busto e le braccia a riposo. La sua esperienza ha dimostrato che questa disciplina contribuisce a migliorare il benessere e la qualità di vita delle pazienti. L’ho scoperto mentre ero bloccata in casa per la convalescenza e ho pensato: perché non provare?». La squadra bergamasca è autodidatta: «Mio marito Claudio – racconta Myriam – appassionato di sport, è diventato il nostro allenatore e timoniere». Il progetto «Battere il tumore a colpi di pagaia» ha appena ottenuto anche il premio #Maisoli dalla Regione Lombardia.

L’associazione «Cuore di donna» è nata dall’esperienza personale di Myriam: «Ho scoperto di essere ammalata di tumore al seno nell’aprile del 2009. È stato un periodo molto difficile. Dopo la mastectomia ho dovuto affrontare la ricostruzione del seno, ma ho una pelle molto delicata, ci sono state parecchie complicazioni e numerose infezioni che mi hanno obbligata a lunghi periodi di riposo. Mi è capitato spesso di sentirmi sola durante il percorso di cura, mi sembrava sempre che mi mancasse qualcosa. Così, per aiutarmi, mio marito mi ha catapultato in un mondo che mi era completamente alieno, quello dei social network: pensava potesse aiutarmi a incontrare altre persone con la mia stessa esperienza e a confrontarmi con loro». Myriam ha abbandonato il suo porto sicuro, come scrive Mark Twain: «Mollate le cime. Esplorate. Sognate. Scoprite». Nel mare della rete ha trovato molte opportunità, ben oltre le attese.

«Ho incontrato altre persone che avevano il mio stesso problema: all’inizio chiacchieravamo in modo occasionale, poi abbiamo formato un gruppo. Ci scambiavamo informazioni sui percorsi di cura. Ci davamo appuntamento per il tè, ritrovandoci a ore fisse, organizzavamo feste di Carnevale virtuale postando per gioco le nostre foto in costume, poi votavamo la maschera più bella. Ci comportavamo come un gruppo di amiche per scherzare, divertirci e risollevarci il morale a vicenda. Poi, invece, abbiamo deciso di dare una forma concreta alle nostre attività perché si trasferissero anche nella vita reale e fossero d’aiuto ad altre donne come noi. Così abbiamo deciso di fondare un’associazione. Il nome è nato da una votazione tra i membri del gruppo».

La prima sezione a prendere forma è stata quella di Bergamo, nel 2012, poco dopo ne sono nate altre in diverse città lombarde. «Ora le sezioni in tutta Italia sono dieci – spiega Myriam –, noi li chiamiamo gruppi operativi. Il quartier generale è a Casazza, c’è un sottogruppo a Dalmine, le socie in città e provincia sono circa trecento. Ci sono tanti volontari che ci aiutano in mille modi diversi: abbiamo preparato materiale illustrativo e gadget, abbiamo costruito un sito internet, il modo più veloce per contattarci». L’indirizzo è www.cuoredidonna.it, email: [email protected].

Myriam lavora come amministratrice di condomini con il marito: «La mia vita è da sempre molto movimentata, perciò non mi ero mai impegnata in prima persona nel mondo del volontariato. Questa volta però ho sentito il bisogno di farlo, non solo per me ma perché nessun’altra donna trovasse sul territorio lo stesso vuoto che ho avvertito io. Avevo accanto la mia famiglia e i miei amici più cari, e questo è stato fondamentale, ma è prezioso avere la possibilità di confrontarsi con persone che hanno vissuto la stessa esperienza. Non si può essere sempre liberi e completamente sinceri con i familiari, c’è sempre il timore di aumentare le loro preoccupazioni e il loro dolore. Quando mi sono ammalata mio figlio Luca aveva soltanto 12 anni, perciò ero molto in ansia per lui, non sapevo come avrebbe affrontato la situazione. Mi ha chiesto di capire, di vedere, ho cercato di non nascondergli nulla e lui si sentiva confortato dalla mia reazione. Non mi sono mai arresa. Ho avuto un grande maestro, mio padre, che mi ha sempre spronato ad affrontare e superare a viso aperto qualunque situazione, e quando mi sono ammalata l’ho sentito molto vicino nonostante non ci fosse più. Ha avuto sei figli e ha spronato ognuno di noi a realizzare i suoi sogni e a valorizzare i suoi talenti. È stato lui a spingermi a mettermi in gioco in questo impegno così speciale. Poter fare qualcosa di bello, di positivo per altre persone è un grande aiuto, permette di scoprire in sé risorse inaspettate».

Lungo il percorso Myriam ha incontrato l’esperienza del Dragon boat: «Queste lunghe barche con la testa e la coda di un drago mi hanno subito incuriosito e affascinato. Ho partecipato ad alcuni convegni e incontri di approfondimento per saperne di più e così ho scoperto quanti benefici possa portare questo sport alle donne ammalate di tumore. Mi sono detta che sarebbe stato bello proporre questa terapia riabilitativa anche alle nostre socie bergamasche. Ho cercato informazioni e contatti e ho scoperto che sui social si può trovare davvero di tutto. Ho provato a verificare se questo progetto fosse realizzabile e ho trovato tante persone disposte a darci una mano. A Brescia c’è una squadra di canottaggio che fa attività agonistica: li ho contattati e il loro allenatore ci ha aiutato ad acquisire le tecniche di base per pagaiare. Mio marito si è preso a cuore la nostra attività, anche lui ha studiato per poterci allenare. Così nel 2013 è nata la squadra Cuore di drago - Val Cavallina. Non è uno sport facile, anzi è abbastanza pesante, impegnativo». Non è un’attività agonistica, ovviamente, ma le gare rappresentano uno stimolo in più: «L’anno scorso – sorride Myriam – abbiamo vinto a Sabaudia il primo torneo nazionale della Lega italiana lotta tumori ed è stata una grande soddisfazione dato che alla competizione partecipavano squadre arrivate da tutta Italia. Siamo felici del nostro cammino, è diventata una vera passione, coniugata con la mission dell’associazione. Adesso gli impegni si sono moltiplicati, a volte facciamo anche un po’ fatica a star dietro a tutti. D’inverno ci alleniamo soltanto una volta a settimana, ma svolgiamo altre attività fisiche in palestra, al coperto, per mantenerci in forma. Le componenti della squadra arrivano da Bergamo, qualcuna dall’alto Sebino, e da altre zone della provincia. È bello vedere persone che confluiscono da tanti posti diversi per seguire quest’attività con entusiasmo. Ho incominciato a godermi il lago proprio grazie al canottaggio, prima non ci andavo mai. A volte dopo l’allenamento ci fermiamo a mangiare una pizza, restiamo fino a tardi a chiacchierare, così è nato un bel clima di amicizia tra noi. Abbiamo ottenuto la nostra barca grazie a un benefattore, adesso sarebbe bello trovare uno sponsor vero. Tantissime persone, a partire dai familiari delle nostre socie, hanno contribuito a mantenerla in efficienza, tinteggiandola, sistemandola, con tanta voglia di sostenersi a vicenda».

La famiglia di Myriam partecipa attivamente all’attività di Cuore di donna: «Mio marito e mio figlio mi hanno sempre incoraggiato. Le persone sentono che le nostre attività sono realizzate davvero con il cuore». Da qualche mese Cuore di donna ha aperto anche un punto di ascolto all’ospedale di Seriate: «Così abbiamo contribuito a rendere il reparto anche un luogo d’accoglienza e d’incontro. Promuoviamo attività di prevenzione - visite ed ecografie - e di supporto alle pazienti, dallo yoga all’estetica oncologica, fino al massaggio shiatsu. Abbiamo organizzato anche una mostra fotografica: alcune di noi hanno assunto il ruolo di testimonial, offrendo il proprio volto e la propria storia così come sono, senza abbellimenti». Una lotta piena d’energia quella di Myriam: «Dicono che la vita è per il 10 per cento ciò che ti accade e per il 90 per cento come reagisci, ed è vero. Dopo il tumore sono arrivate, in modo inatteso, nuove possibilità». Le onde non fanno paura alle tenaci «lady-dragon» della Val Cavallina: remare insieme aiuta davvero a rinascere.

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