In prima linea nei mesi del Covid
Carabinieri, Paolo Storoni promosso

Il colonnello Paolo Storoni trasferito a breve dopo 3 anni passati a Bergamo. In prima linea nei terribili mesi del Covid-19: «Il nostro non è solo un lavoro, è una missione».

Il trasferimento era cosa nota, quel che ha sorpreso sono i tempi. Prima della fine del mese il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Paolo Storoni, andrà a dirigere la Direzione investigativa antimafia del Triveneto, mentre in via delle Valli arriverà da Roma il colonnello Alessandro Nervi, 49 anni, capo ufficio personale del comando unità forestali, ambientali e agroalimentari.

Solitamente i trasferimenti degli ufficiali avvengono a settembre-ottobre, ma l’Arma a sorpresa ha anticipato di un paio di mesi l’avvicendamento. Una destinazione sicuramente congeniale, quella dell’antimafia, al colonnello Storoni, arrivato alla guida del comando provinciale il 2 ottobre 2017 dopo incarichi in reparti territoriali a Vibo Valentia, Lamezia Terme (CZ), Crotone e Palermo e ben 11 anni al Ros, il Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri di Napoli, Genova, Padova e infine a Milano, prima di proseguire la carriera come comandante provinciale a Bergamo. Un passo indispensabile, quello del comando provinciale, per la carriera degli ufficiali, incarico che devono mantenere almeno per due anni. Nato a Trento ma toscano d’origine, con gran parte della famiglia nell’Arma, 50 anni, Storoni si era occupato delle indagini in terra bergamasca già quando era alla guida del Ros di Milano: a Romano di Lombardia, dove si era rifugiato il siriano Hassan Kiko, fatto evadere dal carcere svizzero di Limmattal dalla poliziotta sua amante Angela Magdici, e per il caso di Aftab Farooq, il pakistano di Vaprio d’Adda che in alcune intercettazioni diceva di voler organizzare un attentato all’aeroporto di Orio al Serio. Nella sua carriera ci sono indagini su criminalità organizzata di stampo mafioso, narcotraffico internazionale, sequestri di persona, terrorismo internazionale.

Due anni fa, durante un intervento alla Smart Future Academy, il format sull’orientamento dedicato agli studenti delle scuole superiori, si era presentato raccontando che «i lunghi anni vissuti all’interno del Ros costituiscono per me l’esperienza più significativa ed esaltante della mia carriera professionale, dove ho imparato il gioco di squadra, il valore della strategia e della pianificazione a lungo termine. Ho sperimentato il gusto dell’adrenalina e sviluppato una forte curiosità e la capacità di non fermarsi mai davanti alle apparenze. Credo nel valore del team e nel rispetto della divisa. Come diceva il generale Dalla Chiesa “I carabinieri hanno gli alamari cuciti sulla pelle”. Il nostro non è solo un lavoro ma una missione. Abbiamo un grandissimo onere e onore: la tutela dell’altro, la difesa dei diritti individuali e collettivi, soprattutto di coloro che reclamano giustizia e sicurezza. Una missione, in altre parole, che deve corrispondere ad una vera e propria vocazione: quella di rendere un “servizio” al prossimo e al cittadino». Quelle parole non sono rimaste sulla carta, anzi: nei mesi in cui il Covid-19 ha tragicamente segnato la nostra provincia, il colonnello ha fornito ai cittadini servizi, sostegno, vicinanza: è stato lui a mettersi al telefono per organizzare il trasporto delle salme con i camion dell’Esercito nelle camere mortuarie delle altre regioni, contrattando pure i prezzi al ribasso. Sempre i suoi uomini hanno recuperato le bombole d’ossigeno dalle case dei pazienti che non ne avevano più bisogno, consegnato tablet e pc agli studenti, portato medicinali e mascherine negli ospedali e nelle farmacie sostituendosi ai corrieri in sciopero o malattia. Non certo attività investigativa, ma un’esperienza che si porterà nel cuore per sempre.

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