Inchiesta su zona rossa Alzano-Nembro
Pista delle pressioni industriali al governo

Venerdì 12 giugno i pm di Bergamo interrogheranno il premier Conte sulla mancata istituzione della zona rossa lo scorso marzo. Tra le piste al vaglio c’è anche quella dell’ipotetica pressione del mondo dell’industria alle forze politiche governative.

Il 4 di marzo a Nembro qualcuno nota pattuglie della polizia stradale lungo le vie periferiche del paese. «Strano, da queste parti non si vedono spesso», commenta qualcuno. Sono probabilmente lì in perlustrazione per capire come cinturare il comune che ospita il focolaio destinato a diventare uno dei più letali d’Europa. Stessa scena pochi chilometri più giù, ad Alzano, il paese gemello nell’ecatombe che si chiama Covid-19.

Il giorno prima il Comitato tecnico scientifico della Protezione civile ha emanato una nota in cui si suggerisce l’istituzione di una zona rossa nelle due aree e 24 ore più tardi alla prefettura e alla questura di Bergamo arriva la notizia che Roma intende isolare i due comuni. In quel 4 marzo i confini dell’eventuale spazio off-limits cominciano a delinearsi: a tracciarli sono i numeri impietosi dei contagi, che dimostrano come Nembro, Alzano e altri 4 comuni limitrofi registrino una progressione geometrica dei casi di infettati, con cifre nettamente superiori rispetto al resto della Bergamasca. Il 4 marzo i positivi al virus nella nostra provincia sono 395, con 21 vittime. Il grosso dei 215 paesi balla fra uno e tre contagiati, ma questi sei comuni sono già in doppia cifra: Gazzaniga 10 casi, Albino 22, Alzano 33, Villa di Serio 11, Bergamo 42 e Nembro con 59 è già l’epicentro. Cinque giorni più tardi, il 9, in provincia i positivi sono diventati 1.365. Di questi, quasi la metà - 618 - risiede nei sei comuni. In pratica, se si esclude Gazzaniga che sta qualche chilometro più a nord, si scopre che il virus sta viaggiando sulla direttrice della Teb.

Sempre il 4 marzo il consigliere regionale cinquestelle Dario Violi contatta un ministro del suo movimento, che gli assicura: «La zona rossa si farà». Ventiquattr’ore dopo l’Istituto superiore di sanità ribadisce l’opportunità di istituirla a Nembro e Alzano. È il giorno in cui tra Zingonia e Osio Sotto vengono dislocati quasi 400 tra militari dell’Esercito, carabinieri, finanzieri e poliziotti, in attesa di intervenire per sigillare i due paesi. Il 6 marzo Alzano e Nembro sono in trepida attesa di veder comparire all’orizzonte i mezzi dell’Esercito e delle forze dell’ordine.

Ma non si farà. Il premier Giuseppe Conte ci ripensa e il 7 marzo estende la zona rossa (però, più un arancione come tonalità) a tutta la Lombardia.

Sono state le pressioni di qualcuno a far rivedere la decisione al presidente del Consiglio? È quello che gli chiederanno oggi il procuratore facente funzioni Maria Cristina Rota e i due sostituti del pool che sta indagando sull’epidemia - a Roma da mercoledì - durante l’audizione in cui Conte dovrà rispondere da persona informata sui fatti. Perché una delle ipotesi investigative su cui stanno lavorando gli inquirenti bergamaschi è l’influenza che potrebbero aver avuto alcune telefonate o messaggi partiti dagli industriali bergamaschi, notoriamente contrari alla zona rossa, e arrivati a politici del M5S, anche dell’entourage governativo.

«Mi sembra abbastanza assurdo, visto che delle due componenti del governo sono i cinquestelle quelli dipinti fino a ieri come meno accomodanti verso gli industriali - chiosa Violi -. Tutti noi politici, di qualsiasi schieramento, in quei giorni abbiamo ricevuto telefonate da parte di associazioni di categoria, di imprenditori e anche di semplici lavoratori, tutti preoccupati e desiderosi di sapere se avrebbero chiuso o no i due paesi. È legittimo. Io ho chiesto ai miei ministri di decidere qualcosa, ma appariva da subito chiaro che l’indicazione spettava ai comitati scientifici. Capisco le preoccupazioni personali, ma di fronte a certi numeri di contagi e morti ritengo - e lo hanno ribadito anche i ministri che ho sentito - che l’interesse generale, e cioè nello specifico quello riguardante la salute, venga prima».Giovedì 11 giugno non siamo riusciti a contattare il presidente di Confindustria Bergamo, Stefano Scaglia, per avere il parere degli imprenditori.

Intanto, sempre giovedì nella capitale gli investigatori bergamaschi hanno acquisito vari documenti, tra cui carteggi e verbali interni del comitato tecnico scientifico della Protezione Civile, delibere e decreti del presidente del consiglio, tutto materiale utile a ricostruire che cosa avvenne fra il 3 e il 7 marzo e che cosa determinò la scelta di rinunciare alla zona rossa per Alzano e Nembro.

Oggi, oltre al premier, verranno sentiti come testimoni il ministro della Salute Roberto Speranza e quello dell’Interno Luciana Lamorgese, cui sarà presumibilmente chiesto dell’interlocuzione con il prefetto di Bergamo nei giorni in cui da Roma arrivò prima l’annuncio della chiusura dei due paesi e poi il contingente di militari e forze dell’ordine che avrebbe dovuto blindare gli ingressi.

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