La curva nella Bergamasca
«Il picco sarà a metà marzo»

Le due settimane più critiche. È questo l’orizzonte, nelle proiezioni dei numeri. Quelle tracciate da Alberto Gerli, ingegnere ed esperto di modelli matematici, le cui elaborazioni sull’evoluzione del Covid sono diventate punto di riferimento anche per molti medici milanesi, indicano a metà marzo il picco della nuova ondata in Bergamasca.

Con due scenari possibili: uno, il peggiore, stima che per quella data si raggiungerà una progressione di 500 nuovi casi giornalieri; quello migliore, invece, limita la catena del contagio a un apice attorno ai 350 nuovi positivi quotidiani.

L’inversione di rotta

«Abbiamo individuato l’8 febbraio come data in cui la curva, che era in diminuzione, ha invertito la rotta – spiega Gerli -. È stato l’inizio di una nuova fase, con una criticità in più rispetto all’avvio della seconda ondata: ora si è partiti con un numero di infezioni “attive” più significativo, e una pressione ospedaliera già maggiore». Il passaggio in zona arancione non avrà impatto immediato: «Si è sempre detto, e lo si è visto anche nelle ondate precedenti, che gli effetti delle misure di contenimento si vedono mediamente due settimane dopo l’introduzione – ricorda Gerli -. Il virus proseguirà la sua evoluzione in questo primo arco di tempo, il passaggio di colore servirà inizialmente a rallentarne la crescita e non a invertire da subito la curva. Tra l’altro, l’assunzione dell’Rt come guida porta anche a una considerazione: quello che viene comunicato settimanalmente in realtà mostra una situazione che risale a un paio di settimane precedenti, e per questo può portare a un ritardo nella modellazione degli interventi».

Gerli e il suo team hanno elaborato un proprio «indice di contagio», praticamente in tempo reale, legato al ritmo di crescita dei casi nelle ultime due settimane: la Lombardia ha indice 1,32, la provincia di Brescia è a 1,34, Bergamo sfiora l’1,4.

Le proiezioni per la Bergamasca

Gerli illustra così le proiezioni per la Bergamasca: «Abbiamo un’elaborazione minima e una massima, partendo dai casi medi giornalieri su base settimanale: oggi siamo a 257 e a inizio febbraio eravamo a 80, vuol dire che sono più che triplicati – rileva l’ingegnere -. Le proiezioni indicano il picco a metà marzo, con uno scenario migliore di 350 nuovi casi quotidiani e uno peggiore con 500 nuovi contagi giornalieri. Rispetto alla media giornaliera attuale, vuol dire una crescita del +30% o addirittura un raddoppio».

La rincorsa delle date tra l’inizio della nuova onda e il suo punto più alto è eloquente: «In tutte le fasi, c’è sempre un arco di tempo di circa 40 giorni – fa notare Gerli -. La prima ondata iniziò il 24 febbraio ed ebbe il suo massimo a inizio aprile. La seconda ondata partì a inizio ottobre e divenne massima a metà novembre. Questa simmetria potrebbe confermarsi nuovamente, col picco a metà marzo dopo essersi innescata l’8 febbraio».

Ma cosa succederà, una volta scollinata la metà di marzo? «Rispetto alla seconda ondata, la discesa potrebbe essere più rapida: potrebbero incidere positivamente le condizioni climatiche migliori, l’effetto della primavera – ipotizza Gerli -. Tra le prime due ondate c’è stata invece una forte differenza nella discesa, molto più lenta nella fase autunnale: questo è stato determinato dal clima, ma anche dal diverso tipo di lockdown adottato». Dalla metà di marzo in poi, però, i bollettini quotidiani potrebbero essere drammatici a un’altra voce: «La curva dei decessi segue quella dei contagi a una distanza di circa due settimane: si dovrebbe osservare l’apice dei decessi a fine marzo-inizio aprile», aggiunge Gerli.

«Più in fretta con i vaccini»

In questa terza fase, una strategia nuova che si sta affermando è quella di una differenziazione delle misure di contenimento anche su base provinciale, oltre che regionale. Una svolta positiva? «È una strada più adatta in territori molto vasti come quello della Lombardia – premette Gerli - pur ricordando che i confini delle province sono convenzioni amministrative, non reali confini delle vite: c’è comunque una contiguità nelle attività sociali, lo si è visto anche tra Bergamo e Brescia. Il fattore decisivo, ora più che mai, è rappresentato dalle vaccinazioni: tagliano i contagi ancor di più delle misure di contenimento, per questo occorre accelerare».

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