La Giustizia alle strette
le esigenze da ascoltare

Negli uffici giudiziari di Bergamo (vedi L’Eco di ieri) sono in servizio 42 magistrati rispetto ai 53 previsti «in organico». Un carenza del 20%. Tutt’altro che allegra anche la situazione degli uffici amministrativi, nei quali lavorano 99 impiegati sui 140 previsti. Un quadro preoccupante. Ha buona ragione, dunque il presidente del Tribunale a lamentare che – sui circa 400 magistrati che dovranno essere assunti in Italia – soltanto tre, secondo la ripartizione prevista dal ministero della Giustizia, verranno destinati a Bergamo. Come accade spesso le scelte riguardanti l’assetto degli uffici pubblici sembrano lontane da criteri di razionalità. La questione è di antica data: nell’arco della storia unitaria le sedi degli uffici del nord del Paese hanno sempre sofferto di carenze di personale anche a causa della progressiva meridionalizzazione dell’impiego pubblico.

In una situazione già difficile lo Stato di sofferenza di tutta l’amministrazione si è aggravato negli ultimi decenni. Ciò è il frutto amaro di un’idea sbagliata e, di conseguenza, di scelte politiche incongrue. La pesante situazione dei conti pubblici portò, dall’inizio degli anni ’90, a una progressiva restrizione delle risorse per il reclutamento dei dipendenti pubblici.

La legge-quadro del 1992 (e i susseguenti decreti attuativi) - mirati a contenere la spesa pubblica corrente - non mancavano di robuste motivazioni: l’inefficienza e gli sprechi nel sistema pubblico erano divenuti non più sopportabili. Tali interventi normativi, alla lunga, hanno però prodotto – in mancanza di equilibrate politiche di governo della spesa – l’effetto perverso di «rinsecchire» progressivamente gli organici in molte strutture pubbliche. Alla carenza si è aggiunto l’invecchiamento dell’età media del personale. Fattori che hanno favorito il preoccupante scadimento dell’efficienza degli uffici e dell’efficacia del loro operato. Il colpo definitivo è stato inferto dal lungo blocco del turn over del quale è stata vittima una parte consistente dell’amministrazione pubblica, al quale si è aggiunta la «quota 100», in ragione della quale si sta producendo l’uscita anticipata di molte migliaia di pubblici dipendenti.

In realtà, a differenza di quanto pensano alcuni soloni del pensiero liberista (per i quali le strutture pubbliche sono soltanto un covo di nullafacenti), poter contare su apparati pubblici ben funzionanti è condizione essenziale anche della competitività economica del paese. La «questione degli impiegati» sta assurgendo a problema di rilevante importanza. Sembrano essersene accorti anche i governanti. La necessità di provvedere a ridare fiato alle strutture pubbliche ha indotto molte amministrazioni a bandire concorsi finalizzati sia a colmare i posti vacanti, sia a rimpolpare strutture che meritano di essere rafforzate. L’insieme degli interventi previsti riguarda settori nevralgici del sistema pubblico: le «aree di servizio» da presidiare meglio sono numerose (l’istruzione, la sanità, la sicurezza e, non da ultimo, la giustizia). Il programma di consolidamento degli uffici potrà dare risultati positivi a patto che essi sappiano garantire un’adeguata funzionalità. Ciò si ottiene, ovviamente, soltanto mediante appropriati criteri di selezione e di formazione del personale.

In questo delicato contesto il segmento degli uffici giudiziari merita particolare attenzione, perché dal suoi livello di efficienza dipenda in larga parte la funzionalità della giustizia. Uno Stato di diritto che voglia dirsi tale, deve avere come presidio essenziale una magistratura indipendente, eticamente solida, scevra da condizionamenti, coraggiosa nell’attività sia inquirente sia giudicante. Il recente, acceso, dibattito sulla prescrizione dei reati in corso di giudizio vedrebbe cadere molte delle sue ragioni (da una parte e dall’altra) se venisse seriamente affrontato il problema della lunghezza dei processi. Tale, insopportabile, anomalia è imputabile, anche se non del tutto, alla carenza di personale (magistrati e impiegati ausiliari). Occorre provvedere senza ulteriori indugi a rafforzare gli uffici. Con un corollario. Che ciò sia fatto tenendo conto delle reali esigenze di ciascun Tribunale e di ciascuna Procura.

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