La Lombardia resta ancora zona gialla
«Ma ora non vanifichiamo gli sforzi fatti»

In aumento l’indice Rt, ma non abbastanza per tornare in arancione. Buona la classificazione del rischio. Fontana e la Moratti invitano alla responsabilità. Al lavoro per rapporti più distesi con il nuovo governo Draghi.

Mettiamola così, indice Rt alla mano siamo dentro per poco ma comunque ancora in zona gialla per un’altra settimana. E in più con una classificazione complessiva del rischio «bassa» per la Lombardia. «Una buona notizia per tutti, che deve spingere a guardare con fiducia al futuro, ma anche ad agire con grande senso di responsabilità per evitare che ogni sforzo venga vanificato» commenta il presidente della Regione, Attilio Fontana.

L’Rt puntuale della Lombardia si attesta a 0,97 (quello superiore è a 1,01): la scorsa settimana era allo 0,94. In crescita sì ma comunque meno rispetto alla rilevazione precedente: a fine gennaio era difatti a quota 0,84. Per entrare (anzi, ritornare, purtroppo) in zona arancione bisogna superare quota 1 sia nel valore superiore che in quello inferiore. È andata così alla Provincia autonoma di Trento, all’Abruzzo, alla Liguria e alla Toscana che sono quindi passate da gialle ad arancione.

L situazione in numeri

Entrando nel dettaglio della relazione settimanale dell’Istituto superiore di Sanità la Lombardia, come detto, ha (fortunatamente) una classificazione complessiva del rischio definita «bassa» insieme ad altre 8 regioni.

Certo, numeri alla mano, stiamo sempre parlando di 551.118 casi con un’incidenza di 5.496 ogni 100 mila abitanti a fronte di una nazionale di 4.447. Sono 10.556 i casi diagnosticati nell’ultima settimana presa in esame e 22.007 nelle ultime due.

«Ma la guerra non è finita»

«La guerra al Covid non è finita. Non dobbiamo abbassare la guardia ed anzi è questo il momento per prestare la massima attenzione, evitando ogni comportamento a rischio» aggiunge la vicepresidente Letizia Moratti. Che invita ancora all’uso «della mascherina, al distanziamento sociale e ad igienizzare spesso le mani: sono comportamenti ancora raccomandati, da osservare scrupolosamente per prevenire il contagio».

Ad ogni modo la Lombardia è per la terza volta consecutiva in zona gialla dove era tornata il 1° febbraio abbastanza a sorpresa, considerando che la permanenza in arancione era durata solo una settimana. Meno quindi delle canoniche due (più una di osservazione, in origine) necessarie al passaggio da una fascia all’altra in caso di miglioramento dei dati. In verità per una settimana (dal 17 al 24 gennaio) siamo pure stati in rosso e pare erroneamente, anche se per giorni Regione, Istituto superiore di sanità e ministero si sono rimpallate le responsabilità del pasticcio, tuttora senza colpevoli certi.

Quei ministri per il dialogo

Sul tavolo ci sarebbe anche un ricorso al Tar del Lazio presentato da Fontana nel bel mezzo della tempesta della zona rossa e che la Regione ha annunciato di voler integrare con ulteriore materiale a conferma delle proprie tesi, allargando il fronte e impugnando pure i verbali dell’Iss. Ma dopo la caduta del governo Conte il clima tra Milano e Roma sembra oggettivamente cambiato e questo potrebbe avere riflessi su molte questioni, giudiziarie e non.

Da qui in avanti diventa oggettivamente molto difficile su entrambi i fronti continuare nel muro contro muro di questi ultimi mesi, acuitosi particolarmente da novembre in qua con il ritorno della zona rossa. Il governo Draghi è appoggiato da Lega e Forza Italia che sono maggioranza in Lombardia: figure come Giancarlo Giorgetti, Massimo Garavaglia e soprattutto Maria Stella Gelmini, che ha preso il posto di Francesco Boccia agli Affari regionali, sembrano messe lì apposta per aprire una nuova stagione di dialogo. O almeno provarci.

Sono molte le questioni aperte: dalla riapertura di piscine e palestre all’estensione fino alle 22 per bar e ristoranti, per non parlare del coprifuoco. E ancora, un nuovo sistema di classificazione delle Regioni non basato su semplici automatismi e parametri spesso contestati, ma in grado di dare maggiori certezze alle famiglie e alle imprese, come più volte chiesto da Fontana. C’è da lavorare, insomma.

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