La sforbiciata alle «pensioni d’oro»
farà risparmiare 11 milioni di euro

Nella Bergamasca 1.964 pensionati percepiscono assegni mensili superiori a 4.500 euro. La manovra all’esame delle Camere prevede un taglio dell’8%.

Un miliardo in tre anni in tutto il Paese. Quasi 11 milioni di euro all’anno in provincia di Bergamo. È il risparmio per le casse dello Stato ottenuto dal taglio delle pensioni che vengono definite «d’oro», uno dei piatti forti della legge di bilancio approvata dal governo. Il Movimento 5 Stelle, che su questa sforbiciata non ha voluto sentire ragioni leghiste, ha già esultato postando su Instagram la foto della scritta «Pensioni d’oro» tagliata come il quadro di Banksy all’asta da Sotheby’s: «Abbiamo fatto un capolavoro. Via le pensioni d’oro e aumentiamo le minime».

In realtà più che di taglio bisognerebbe parlare di «mancato adeguamento all’inflazione». Il meccanismo infatti è diverso rispetto alle indicazioni del disegno di legge già ora in esame alla Camera e su cui si è consumato un acceso dibattito nelle ultime settimane. La nuova misura farebbe leva – tra «manine» e accuse trasversali nella maggioranza il condizionale è d’obbligo – sul raffreddamento progressivo dell’indicizzazione delle pensioni al costo della vita. Considerato il miliardo da incassare, la soglia minima potrebbe essere anche più bassa rispetto ai 4.500 euro di cui si è parlato finora, ma sarà possibile ricavare il dato solo quando si entrerà nel dettaglio dell’applicazione. Da verificare anche la costituzionalità del provvedimento: la possibilità di ricorsi è molto alta, perché con questa norma lo Stato va a modificare unilateralmente un «contratto» stipulato con i cittadini. Il precedente è recente: nel 2015 la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo il blocco dell’adeguamento all’inflazione approvato nel 2012 con la legge Fornero.

Quanto risparmia lo Stato

Chi dovrà armarsi di calcolatrice saranno sicuramente i pensionati che ora ricevono oltre 4.500 euro netti al mese (circa 90 mila lordi all’anno). In provincia di Bergamo sono 1.964 persone, con un importo medio di 5.752 euro pro capite. Stiamo parlando di una parte minima della platea dei pensionati orobici, in totale 321.414. Grazie ai dati messi a disposizione da Inps, L’Eco di Bergamo ha elaborato tutti gli importi della nostra provincia. Si scopre, ad esempio, che secondo le stime del governo il taglio medio dell’8% (massimo il 23%) si tradurrà in un risparmio annuale, per le casse dello Stato, di 10 milioni e 845 mila euro. Solo in città, 3 milioni e 887 mila euro. Seguono poi Treviglio, con un taglio di 488 mila euro, Dalmine 288 mila, Gorle 235 mila e Seriate 221 mila euro.

La trattativa politica

Dopo una lunga trattativa tra il Movimento 5 Stelle e la Lega la misura non è entrata nel decreto fiscale, quindi non subito attiva, ma è contenuta nella legge di bilancio all’esame del Parlamento da qui alla fine dell’anno. La quadratura del cerchio sembra accontentare tutti, almeno per ora: i pentastellati possono esultare per aver mantenuto una promessa elettorale, la Lega è riuscita ad evitare la prima ipotesi di taglio che penalizzava al 75% i pensionati del Centro-Nord. Rimangono, comunque, i dubbi sulla costituzionalità e lo spettro dei ricorsi è dietro l’angolo, per questa come per altre misure contenute nella legge di bilancio.

«La quota cento»

Sempre con la manovra scatterà anche la «Quota 100», tanto cara alla Lega. La rivoluzione post Fornero è fissata in calendario a marzo. Lo schema non è cambiato rispetto alle ipotesi trapelate finora: i requisiti minimi sono 62 anni d’età e 38 di contributi. Nessuna fonte governativa ha confermato la possibilità di scontare uno o due anni di contribuzione figurativa e anche per le aziende non è ancora chiaro se potranno finanziare l’uscita, volontaria o meno, dei lavoratori prossimi alla pensione. Una delle certezze è che sarà vietato cumulare il reddito tra lavoro e pensione, ma solo per i primi due anni dopo l’inizio dell’agognato riposo (temporaneo, se si decide poi di tornare al lavoro). La «quota 100» coinvolge circa 400 mila lavoratori in tutta Italia. In questo caso è toccato al vicepremier Matteo Salvini esultare: «Con quota 100, già nel 2019 restituiremo il diritto alla pensione e alla vita a 400mila persone, liberando altrettanti posti di lavoro per i giovani». Sulla staffetta generazionale però ci sono ancora molti dubbi: solo a fine 2019 si potrà verificare, sempre che tutto vada in porto, se la prima manovra gialloverde avrà ottenuto i risultati annunciati.

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