La tragedia sul Gran Zebrù, lacrime per Sandra: «Amava la vita e l’avventura»

Sandra Bianchi, nativa di Lovere, viveva a Darfo: vani i soccorsi, sotto choc il compagno di cordata. I due si erano sganciati per una breve pausa, ma la giovane è caduta. La sorella: «Sandra era una ragazza solare, determinata, che non stava mai ferma, ma sorrideva sempre.

Era nata a Lovere e fra poco più di un mese Sandra Bianchi, l’alpinista di Darfo morta ieri mattina sul Gran Zebrù, avrebbe compiuto 26 anni, ma l’ascensione ai 3.857 metri di quota della vetta le è stata fatale. Con lei c’era Bruno Fontana, sessantenne di Darfo, il suo maestro di alpinismo, con cui ha condiviso gite, arrampicate e escursioni, imparando da lui le tecniche per muoversi in sicurezza tra lastre di ghiaccio e placche di roccia. Anche ieri notte, verso le 3, erano partiti da Darfo per essere all’alba all’attacco della via, l’unico modo per riuscire ad arrivare in cima evitando di camminare sul ghiaccio in scioglimento. A portarsi via la giovane alpinista camuna è però stato un momento di pausa, una sosta: non erano ancora arrivati in vetta e i due si erano fermati per rifocillarsi. A quel punto si sarebbero slegati e la giovane alpinista camuna avrebbe perso l’equilibrio, cadendo nel vuoto.

A comunicare la notizia ai familiari sono stati i carabinieri di Darfo poco dopo mezzogiorno: «Mi ha chiamato al telefono mio padre – racconta la sorella Erika – e mi ha detto che Sandra non c’era più... Ero da poco rientrata dal lavoro e mi stavo preparando con mia figlia per andare al fiume. Fatichiamo a crederci: Sandra era una ragazza solare, determinata, che non stava mai ferma, ma sorrideva sempre. Ci mancherà, come mancherà agli amici che l’hanno conosciuta». Sandra Bianchi viveva da sola a Montecchio, frazione di Darfo, e aveva tre fratelli, tutti più grandi di lei. La primogenita Erika, Luca, che si è trasferito da tempo in Nuova Zelanda, e Dario, che vive nel modenese. Domenica le due sorelle e Dario si erano ritrovati per il pranzo di famiglia insieme al papà Luciano nella casa di famiglia a Darfo: «Siamo stati bene insieme, come sempre – racconta ancora la sorella Erika –: mia figlia Alessia stravedeva per la zia Sandra, che spesso mi dava una mano quando per i turni di lavoro non riuscivo ad accudirla». Sandra Bianchi lavorava in uno dei locali di ristorazione all’interno del centro commerciale Adamello, ma appena aveva un minuto di tempo lo trascorreva all’aria aperta. Sabato era stata in montagna con il fratello Dario e ieri si sera convinta a salire il Gran Zebrù con Fontana: «Quando c’era qualche salita impegnativa, si preparavano e partivano sempre insieme. Mia sorella Sandra era una donna che amava la vita e l’avventura, non si faceva intimorire da niente. Siamo stati abituati tutti e quattro a rimboccarci le maniche e a lavorare per riuscire a vivere con dignità, ma senza farci mai mancare l’affetto e la vicinanza. Sandra era la più piccola di noi, e ancora non abbiamo realizzato che dovremo fare a meno di lei».

Ieri pomeriggio i genitori, il papà Luciano e la mamma Claudia Iannucci, che vive a Rogno, sono saliti insieme per il riconoscimento formale disposto dalle autorità, prima di dare il nulla osta per restituire il corpo ai familiari. «Si è sempre data da fare per essere autonoma, indipendente e libera – conclude Erika Bianchi, ricordando la sorella Sandra –: la passione per la montagna ce l’aveva nel cuore, ora toccherà a noi custodire il suo ricordo nel nostro».

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