La vita spesa per le loro aziende
Addio a tre imprenditori orobici

Addio a tre noti imprenditori bergamaschi, probabilmente anche loro stroncati dal coronavirus. A Treviglio è morto Antonio Taroni, a Pontida Cherubino Ravasio e in Val Gandino Adriano Paulato.

È deceduto a Treviglio uno dei personaggi più noti nel mondo dell’ artigianato orobico, il cavalier AntonioTaroni, che nel secolo scorso fu a lungo presidente della Unione artigiani di Bergamo e illustre protagonista nella vita civile e amministrativa di questa città.

Trevigliese doc amava la «sua« Treviglio con l’affetto di chi sentiva di portarne dentro le caratteristiche di operosità e di senso di mutualità, due aspetti che gli erano congeniali. Aveva dedicato a Treviglio tutte le sue energie, anche in memoria riconoscente a una sorella, giovane insegnante che nel 1945, in piena guerra, era morta tragicamente in un bombardamento aereo. Il ricordo di quella sorella non più rincasata dopo essere uscita per alcune commissioni familiari, perché uccisa da un mitragliamento, l’aveva accompagnato per tutta la vita, che è stata ricca di eventi e di impegni.

In primo luogo l’esordio nella vita amministrativa cittadina, quale consigliere comunale del Partito liberale al cui interno ebbe anche cariche: fu consigliere negli anni Ottanta, anticipatore dell’ingresso in consiglio di Beppe Facchetti. Poi l’impegno di presidente provinciale della Unione artigiani, carica che mantenne per circa vent’anni.

A Treviglio ha lasciato due testimonianze significative in campo sociale: fu presidente per alcuni anni del locale sottocomitato Cri, al quale portò la sua esperienza operativa e ideale contribuendo a sviluppare attività e numero di soci del sodalizio e fu anche nominato dal Comune quale rappresentante all’interno del Cda dell’allora Asilo Carcano, per il quale impegnò intensamente se stesso, con l’abituale abnegazione e spirito di servizio.

Di carattere cordiale ed affabile, era amico di tutti e sempre disponibile nelle necessità del prossimo. Attivo in un’azienda di cascami di tessuto e poi in un negozio di antinfortunistica, lascia nel dolore la moglie e due figli.

Ed è morto martedì di settimana scorsa, all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, l’imprenditore Cherubino Ravasio, 84 anni, fondatore nel 1963, con i fratelli Battista e Valentino, della storica azienda di cucine «Polaris» di Pontida.

«Negli anni d’oro dell’azienda - ricorda il figlio Raffaele - arrivammo anche a 150 dipendenti. Papà ha dedicato la vita al lavoro e alla famiglia. Era veramente un uomo dalle grandi doti, buono, generoso, elegante, sempre pronto alla battuta, un vero signore d’altri tempi di cui sto scoprendo le grandi virtù anche in questi giorni di grande dolore».

I tre fratelli Ravasio avevano ereditato la passione per la falegnameria dal nonno Raffaele. Si erano poi dedicati al settore delle cucine, costruendo un’azienda che, nel periodo più importante, divenne tra le dieci leader in Italia del settore. La crisi degli ultimi anni aveva poi costretto alla chiusura.

«Ma papà Cherubino - continua il figlio - ha continuato a essere generoso, a donare, un cuore veramente umile. Ci lascia un’eredità a livello umano veramente unica». Cherubino Ravasio lascia la moglie Renata e i figli Raffaele e Milena.

E si è spento lunedì, alla soglia di 85 anni, anche Adriano Paulato, imprenditore tessile della Valgandino di origini venete. «Non sappiamo con certezza se sia stato il coronavirus a portarselo via – commenta il figlio Andrea -, soffriva di diverse patologie da tempo».

Era nato il 17 marzo 1935 ad Adria, provincia di Rovigo. A 18 anni, in seguito all’alluvione del Polinese, venne in Valgandino, dove dopo aver svolto diversi lavori negli Anni Sessanta aprì la sua azienda tessile, la «Paulato Adriano» che divenne poi «Ga.i.co», con sede a Gandino. Conobbe la moglie Ornella, ed ebbe i figli Roberta e Andrea, che ha preso le redini dell’azienda.

«Era una persona di animo buono e gentile – ricorda il figlio -, e nonostante fosse abbastanza riservato, era conosciuto in tutta la Valgandino. Da una decina d’anni le sue condizioni di salute non gli permettevano di venire in azienda, ma l’ho sempre tenuto al corrente di come andavano le cose, ed era felice di questo». Da giovane, il suo desiderio, era quello di diventare professore di lettere. Una passione che ha coltivato per tutta la vita: è infatti autore di quattro libri, ultimo dei quali terminato pochi mesi fa. Dopo aver vissuto a Leffe, da circa 40 anni viveva a Cene, sul monte Bue.

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