Lockdown, i consumi a picco
A Bergamo meno 85 per cento

La stima del Centro studi di Confimprese per il mese di marzo Fusini: «Si concretizzino i contributi». Rossi: «Scenario di insicurezza» .

Quant’è pesato economicamente il lockdown per il commercio bergamasco? Tanto, è la risposta ovvia. Una stima ha provato a farla anche il Centro studi di Confimprese, associazione che raggruppa un numero consistente di operatori del retail, in collaborazione con la società di consulenza Ernst & Young, secondo cui tra città e provincia a marzo 2020 i consumi sono scesi dell’85% rispetto a marzo 2019, mentre il primo trimestre 2020 – su cui il Covid ha impattato per la parte finale – i consumi hanno frenato del 31% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Il dato dell’intera Lombardia si discosta di poco: -82,8% nel mese di marzo, -29,2% per il primo trimestre 2020. Lo studio copre 623 aree commerciali tra shopping center, outlet, esercizi commerciali, con 45 insegne e oltre 4.400 punti vendita monitorati in tutta Italia. Al vaglio del sondaggio, in particolare, ci sono abbigliamento, ristorazione, cosmetica, arredamento, servizi e cultura. La Lombardia è la regione che ha fatto segnare il trend peggiore d’Italia, con un -83% di consumi a marzo 2020, mentre la performance italiana è del -79%. Lo sguardo è proiettato anche sulla ripartenza: «Resta da capire cosa ci si possa aspettare nella Fase 2 del post emergenza – sottolinea Mario Maiocchi, consigliere delegato di Confimprese -, sia per verificare gli impatti di Covid-19 sui livelli di fatturato sia, soprattutto, per identificare i cambiamenti nei modelli di consumo e le opportunità di business accanto alle ovvie criticità. Ci troveremo a fare i conti con un mercato sostanzialmente diverso e solo gli operatori che sapranno cogliere rapidamente e cavalcare i cambiamenti potranno uscire indenni, ove non anche rafforzati, da questa crisi. Per cogliere appieno tali opportunità, saranno necessari investimenti su cui si auspica un concreto supporto da parte del governo». «Se già nella prima fase dell’emergenza l’online ha avuto davanti a sé una strada libera da intralci – aggiunge lo studio di Confimprese ed Ernst & Young –, sembra che anche per quelle successive possa continuare a mantenere un livello alto nelle abitudini di acquisto dei consumatori».

Al di là delle cifre, il mondo del commercio bergamasco si interroga su come le attività economiche possano resistere alla crisi: «Ci aspettiamo che si concretizzino i contributi a fondo perduto per affitti e utenze: sarebbero importantissimi – commenta Oscar Fusini, direttore di Ascom Bergamo –. Attenzione: non è importante solo il “quanto”, cioè l’entità dell’importo, ma anche la velocità di erogazione. C’è una crisi di liquidità grave». Naturalmente l’impatto del lockdown non è lo stesso su tutte le attività: «Le vendite di prodotti alimentari, per esempio – prosegue Fusini –, hanno avuto un’impennata, perché hanno assorbito la quota della ristorazione».

«Abbiamo stimato che circa il 40% dei negozi potrebbe non riaprire – è l’allarme di Cesare Rossi, vicedirettore di Confesercenti Bergamo –. In queste settimane stiamo cercando di tenere la barra dritta per far di tutto nell’aiutare tantissimi commercianti e imprenditori. C’è uno scenario che è di scoramento e di insicurezza, ma anche di rabbia. Penso ai bar, che dovranno restare chiusi sino a giugno: è un orizzonte ancora molto distante. E questa situazione impatta direttamente sulle famiglie dei piccoli imprenditori. I contributi a fondo perduto? Sicuramente sarebbero importanti, noi li abbiamo chiesti sin dall’inizio dell’emergenza. Serve prestare attenzione anche all’azione locale: il Fondo di mutuo soccorso promosso dal Comune di Bergamo è lungimirante».

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