L’odissea a lieto fine di Ottavio
«Due mesi e mezzo per riabbracciarlo»

Dalla guardia medica al «Sacco» di Milano l’odissea di un pensionato di Telgate e la sua famiglia Ora sta bene. La moglie: «Grazie a chi ci è stato vicino».

È uscito di casa due mesi e mezzo fa per un controllo di sicurezza. Perché Ottavio Tabaldi, 76enne di Telgate, non respirava bene. Un salto alla guardia medica di Grumello del Monte, accompagnato dalla figlia. Poi dritto alle Gavazzeni, dove scopre di avere il Covid-19. E da lì, dopo un giorno in isolamento, in ambulanza all’ ospedale Sacco di Milano. Ottavio sta sempre peggio.

Nel reparto di terapia intensiva lotta per sopravvivere, assistito dall’ attenzione di operatori sanitari travolti dall’ emergenza. Vive i momenti più bui di questa epidemia, con molti suoi vicini di letto che non ce la fanno, portati via da questo male infame.

Ieri finalmente, dopo gli ultimi giorni di convalescenza all’ ospedale di Trescore Balneario, il ritorno a casa. Ad attenderlo, gli applausi del condominio dove abita e un cartello arancione con la scritta «Bentornato, come vedi è andato tutto bene. Ciao Ottavio, finalmente a casa». Ma soprattutto ad attenderlo c’ era la moglie Anna Maria, che ha passato due mesi con la paura di non rivederlo più. Ha avuto la forza di resistere, sostenuta dalle sorelle Tina e Andreina, dal sindaco Fabrizio Sala e dai volontari della Protezione civile che si sono offerti di dare una mano a questa famiglia bloccata in quarantena.

Il ritorno a casa Sono gli attimi più belli di questa storia simile a quella di tante altre famiglie bergamasche. Troppo poche, purtroppo. Per Ottavio e Anna Maria non servono parole speciali o chissà che discorsi. Basta lo sguardo commosso tra i due e un semplice «Ciao». «Però gli ho dato anche un forte abbraccio. Non si può, ma non ce l’ ho fatta - racconta Anna Maria -. Sono stati mesi difficili. Durante le prime cinque settimane, quando era al Sacco, ero molto preoccupata. Un mercoledì i medici mi hanno chiamato per dirmi che forse lo intubavano. Invece è riuscito a resistere con il casco. In quei momenti ho avuto davvero paura».

Ieri si sono visti per la prima volta dopo due mesi e mezzo. «Perché è affezionato al suo Brondi che è tutto tranne che uno smartphone - ride Anna Maria -. Nemmeno io sono tecnologica, per carità. Però in queste settimane mia figlia Romina, suo marito Gigetto e le mie nipoti Daria, Claudia ed Erika mi sono stati vicini anche grazie alle videochiamate. Per fortuna. Il loro sostegno è stato fondamentale».

Il sostegno di Telgate Come è stato fondamentale il sostegno dei volontari della Protezione civile. «Loro insieme al sindaco Fabrizio Sala sono stati gentilissimi. Mi hanno chiamato spesso per capire se avevo bisogno di qualcosa. Sono rimasta scioccata da quello che hanno fatto. Non so davvero come ringraziarli». Adesso Ottavio sta meglio. Lo dice anche il saturimetro, compagno delle prossime settimane. «Ha ancora il respiro un po’ affannoso, ma è normale dopo tutto quello che ha passato. Ora dovrà stare attento a non strafare».

Solo ieri ha scoperto cosa è davvero successo in provincia di Bergamo. Dal letto di ospedale non si è reso conto della devastazione lasciata dal coronavirus nelle comunità, anche in quella di Telgate. Gli è stato accennato qualcosa e da lì ha iniziato a fare domande, a scoprire che molti dei suoi amici se n’ erano andati. «Non sapeva nulla. I medici ci hanno sempre detto di lasciarlo tranquillo e raccontare il meno possibile per non turbarlo - conferma la moglie -. Tanti suoi amici purtroppo sono morti. Ovviamente è molto dispiaciuto».

Anche se ormai a casa, Ottavio e la moglie Anna Maria non abbasseranno la guardia. «Dobbiamo comunque stare attenti. Metteremo sempre la mascherina e manterremo le distanze. Noi che ci siamo passati sappiamo quanto può far male il coronavirus. Io - conclude Anna Maria - ho ancora paura anche per i tanti nostri concittadini che ci sono stati vicini in questi due mesi e mezzo. Spero che questo virus se ne vada al più presto».

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