Medici di base, restano scoperti 104 posti in Bergamasca

Gli ambiti carenti pubblicati dalla Regione: candidature entro il 6 aprile. Marinoni: «Fortunati se ne arriveranno una trentina».

Mozzo, Curno e Treviolo rimasti senza pediatra. La Valgandino che piange, «orfana» dei suoi medici di base. Ma anche i quartieri della città (da Longuelo a Campagnola) ormai privi dell’assistenza primaria. Da più parti, in Bergamasca, la sanità territoriale si trova scoperta, come emerge dagli ambiti critici pubblicati recentemente dalla Regione, ossia quelle zone carenti di assistenza primaria, di pediatria di libera scelta e incarichi vacanti di continuità assistenziale.

Le carenze

La «caccia» è aperta: 104 le caselle da riempire per la nostra provincia; e 4.296 le ore vacanti di continuità assistenziale (a marzo 2021) da coprire. Entro il 6 aprile i candidati devono presentare domanda e solo allora si saprà se qualche posto verrà occupato.

«Stando a un medico ogni 1.300 abitanti (con un massimale di 1.500 assistiti, che scendono a 650 per chi viene inserito prima del diploma), trovarli tutti sarebbe il migliore dei mondi possibili – commenta realistico il presidente dell’Ordine dei medici Guido Marinoni –. Saremo fortunati se riusciremo a trovarne una trentina, tra corsisti e qualcuno che viene da fuori». Venticinque, infatti, i nuovi medici che hanno discusso la tesi alla fine del corso triennale di medicina generale al polo gestito da Ats Bergamo, ma non è scontato che tutti si fermino a esercitare sul nostro territorio.

I dati

Nel frattempo dai dati di Ats Bergamo emerge che attualmente sono 642 i medici di famiglia in attività, di cui 573 titolari e 69 provvisori. Alla fine del 2020 erano in totale 661 (591 titolari e 70 provvisori). Il trend della cessazione dell’attività è costante: ai 102 camici appesi al chiodo l’anno scorso, in questi mesi di inizio 2021 se ne sono aggiunti altri 19. C’è chi ha raggiunto i limiti di età (i 70 anni), chi ha anticipato la pensione con lo «scivolo» di Quota 100 o riscattando il periodo della laurea, chi, di fronte all’emergenza Covid, ha alzato bandiera bianca. Senza contare i tanti che sono rimasti vittime della pandemia. E così «quel rapporto di continuità e di fiducia con l’assistito che si consolida nel tempo e che differenzia il medico di famiglia da tutti gli altri – fa notare Marinoni – è soggetto invece a interruzioni continue, anche ogni sei mesi-un anno». Con le conseguenze inevitabili: «Un conto è seguire un paziente che si conosce da 30 anni, di cui si sanno vita, morte e miracoli; un altro trovarsi all’improvviso con mille, 1.500 pazienti nuovi e imparare a conoscerli». Perché la situazione cambi ci vorranno almeno ancora quattro-cinque anni: «Fino a quando non si colmerà il cambio generazionale in corso». Intanto sul tavolo dell’Ordine dei medici arrivano costantemente domande di pensione. «Non le ho contate, ma sono quotidiane», ammette Marinoni. Che parla di situazione disastrosa soprattutto nelle aree di montagna, in particolare nell’Alta Valle Seriana.

I problemi

I problemi sono di varia natura, e cominciano subito. «Sin dalla partenza è scoraggiante», premette Marinoni, che elenca i punti dolenti: «Il corso specifico in medicina generale dura tre anni a tempo pieno ma non dà titolo accademico; la borsa di studio è di 800 euro al mese mentre per le altre specialità è di 1.800. Naturale quindi che di fronte anche solo a queste due differenze si scelga altro». Marinoni mette poi in evidenza «come ci si trovi a lavorare da soli, senza impiegato e infermiere, e con un ambulatorio che bisogna pagarsi. Senza ferie se non stipendiando un sostituto, ammesso di trovarlo». Un professionista (al netto delle spese a carico e degli incentivi regionali che può ottenere) può guadagnare dai 2 mila ai 4 mila euro netti al mese. «Per fare bene questo mestiere – è il consiglio – serve associarsi con almeno 3-5 colleghi, in modo da disporre di personale amministrativo-infermieristico e di uno studio ben organizzato. Ci vuole equilibrio tra capillarità e strutturazione. Ma spazi comuni condivisi e organizzati sono meglio di un medico isolato in ogni paese. Da soli non si va da nessuna parte».

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