Montichiari, ora Venezia apre a Orio
«Facciamo una società al 50 per cento»

Dal lato dell’aeroporto bergamasco però c’è prudenza: «C’è già un soggetto con una concessione». Il nodo della veronese Catullo e dei bilanci in rosso. Si punta a un’alleanza modello Olimpiadi.

«Spero si riesca a riprendere il dialogo con Bergamo». Sorpresa. Da est Enrico Marchi, presidente della veneziana Save, batte un colpo direzione Sacbo. «Sull’esempio positivo della collaborazione tra Veneto e Lombardia per le Olimpiadi, credo si possa lavorare per lo sviluppo di Montichiari» ha dichiarato al Giornale di Brescia a margine dell’assemblea della veronese Catullo.

E qui bisogna aprire una prima parentesi, di natura contabile: il bilancio della Catullo (che gestisce gli aeroporti di Verona e Montichiari) si è chiuso con un rosso di 6,9 milioni. Dato frutto dei conti in rosso dello scalo bresciano ma anche di un prudente accantonamento per un vecchio contenzioso con Enav.

Seconda parentesi, politico-economica: i rapporti tra Verona e Venezia continuano a rimanere assai tesi. In autunno ci sono da riscrivere i Patti parasociali e all’assemblea della Catullo pare non ci fossero rappresentanti di Fondazione Cariverona, tra i più critici nei confronti dell’alleato veneziano. Che poco alla volta sta cercando di scalare Verona: per ora è al 41%.

Insomma, i cieli agitati del Veneto potrebbero aver indotto Marchi a più miti consigli e a tornare sui propri passi dopo che le trattative con Sacbo su Montichiari si erano interrotte bruscamente ormai 4 anni orsono. Perché Sacbo continua nel frattempo a crescere, macinando passeggeri su passeggeri: non è quindi un aeroporto in difficoltà alla ricerca di alleanze a tutti i costi, ma una realtà in grado di far valere il suo peso in ogni trattativa. La mossa del presidente Save non pare quindi una gentile concessione, ma una necessità del mondo veneto alle prese con difficili equilibri interni. E non solo.

Tutti i dubbi sull’operazione

«Nessuno disinteresse per Montichiari, anzi» ha spiegato Marchi al Giornale di Brescia: «Forse siamo stati troppo ottimisti e abbiamo sottovalutato la sfida. Stretto tra Bergamo, Verona e Bologna il D’Annunzio fatica a risollevarsi. Ma io resto fiducioso». Al punto tale da indicare una possibile strada, in verità non nuovissima: «Stiamo ragionando su una società lombardo-veneta per gestire Montichiari. Credo sia percorribile: pensiamo anche di aver trovato la giusta soluzione tecnica per muoversi nel rispetto della legge».

E qui il discorso si complica assai, perché va bene il fascino dell’operazione olimpica e del matrimonio Milano-Cortina, ma qui c’è di mezzo una concessione quarantennale data a Verona nel 2013 per la gestione di Montichiari. Comunque la si voglia vedere, non pare un bene trattabile. I bresciani hanno più volte puntato i piedi su una revoca d’imperio causa inottemperanza delle previsioni, ma l’Enac è stata parecchio fredda in materia: «Difficilmente possiamo imporre questa o quella cosa» aveva dichiarato il direttore Alessio Quaranta. Più possibilista su un’altra prospettiva: «Diverso è il discorso se il concessionario si presenta insieme ad altri soggetti, in un meccanismo cooperativo con altre realtà interessate a creare sinergie, portando un pacchetto di misure condivise».

«Non è modello riproducibile»

La strada accennata da Marchi potrebbe essere questa, una sorta di «entente cordiale» lombardo-veneta, con tutte le incognite del caso. «Mi auguro che a breve si possa riaprire il dialogo con Bergamo. Da parte nostra c’è disponibilità a fare una società 50 e 50, con paletti strategici e un piano di sviluppo da realizzare insieme» ha concluso il presidente di Save.

«Lavorare insieme per lo sviluppo di Montichiari è una prospettiva interessante» replica Emilio Bellingardi, direttore generale Sacbo: «Ma trovo difficile che un modello come quello di Milano-Cortina sia riproducibile in un caso come questo. Qui non c’è una gara internazionale con, diciamo così, un’associazione temporanea tra imprese, ma c’è un soggetto con una concessione già assegnata. E questo non è un dettaglio». Proprio no.

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