Morti 600 anziani in venti giorni
Le Rsa: siamo al collasso, aiutateci

Le case di riposo e i centri diurni integrati scrivono a Regione e Ats chiedendo dispositivi di sicurezza per il personale e sostegno.

In soli venti giorni hanno visto oltre 600 decessi su 6.400 posti letto (quasi il 10% dell’utenza). I pazienti più fragili e anziani. È la drammatica situazione denunciata dalle Rsa e dai Cdi (Centri diurni integrati) della provincia di Bergamo, «messi in ginocchio anche sul versante operativo perché quasi 2 mila dei 5 mila operatori risultano assenti per malattia, quarantena o isolamento».

Proprio l’imprevedibile assenza per malattia di un numero rilevante di personale, medico e infermieristico, «ha impedito la messa a disposizione dei 150 posti letto che erano stati individuati per nuclei idonei a supportare la rete ospedaliera». Lo scrivono in un’accorata lettera-appello alla Regione (e in particolare all’assessore al Welfare Giulio Gallera) e all’Ats i presidenti provinciali dell’Acrb (Associazione case di riposo) Cesare Maffeis, dell’Uneba (Unione nazionale istituzioni e iniziative di assistenza sociale) Fabrizio Ondei e dell’associazione San Giuseppe Barbara Manzoni. Uno scritto in cui ribadiscono la volontà di continuare a fare la loro parte «nella battaglia contro il coronavirus» - «i nostri operatori sanitari, infermieristici e assistenziali non hanno mai desistito di fronte ai rischi esistenti nello svolgimento delle loro attività» - ma chiedono dispositivi di sicurezza adeguati e sostegno. Misure necessarie - scrivono i responsabili- «per evitare il collasso di molti Rsa e Cdi da sempre impegnati nella tutela e nella risposta ai bisogni dei più anziani, dei più fragili e di chi resiste al proprio domicilio grazie alla nostra assistenza».

Le misure

In cima alle richieste alle istituzioni, quindi, c’è «la garanzia di un canale sicuro di fornitura di guanti, mascherine, occhiali, camici o divise da destinare a tutto il nostro personale, nonché di ossigeno e dei farmaci (a oggi a disposizione solo delle strutture ospedaliere), saturimetri e pulsossimetri, per poter assicurare anche agli assistiti domiciliari e delle nostre strutture la migliore prima assistenza possibile». Ma si chiedono anche tamponi «per favorire il rientro del personale in malattia» con tutti gli standard di sicurezza, nonché «il congelamento dell’esodo del personale di ogni titolo e mansione per almeno due-tre mesi» e «un freno allo svuotamento del nostro personale, sanitario e parasanitario, attratto dal settore ospedaliero, capace di offrire corrispettivi per noi insostenibili».

Ma c’è anche bisogno di un sostegno economico, col riconoscimento «delle spese straordinarie sostenute nella lotta al Covid-19, il mantenimento dei budget per l’anno 2020 e il riconoscimento del fatturato venuto meno a seguito del blocco degli ingressi». «Stiamo combattendo questa battaglia al vostro fianco nell’interesse dell’intera collettività - fanno presente le organizzazioni - ma è fondamentale un vostro impegno formale che ci assicuri la prosecuzione delle attività». Tante e troppo care le tante vite piante, «ma i nostri anziani, la nostra storia non sono mai stati lasciati soli». A livello nazionale, Maurizio Lupi, presidente di «Noi per l’Italia», ha presentato al ministero della Salute un’interrogazione «per tutelare ospiti e personale delle residenze per anziani, ormai una tragedia nella tragedia».

© RIPRODUZIONE RISERVATA