Nei guai a 14 anni: mostra svastica
durante call della comunità ebraica

Individuato dalla Digos assieme a un coetaneo. Il sociologo Vedovati: «Alla base mancanza di gratificazioni».

Nel giorno in cui una fantomatica «influencer» di Siracusa viene indagata per istigazione al suicidio per alcuni suoi video sul social TikTok ritenuti agghiaccianti e soprattutto pericolosi per gli utenti più giovani della rete, emerge un’altra storia che fa riflettere su internet e i social e sul loro utilizzo da parte dei giovanissimi.

Un ragazzino bergamasco di soli 14 anni è finito nei guai – anche se, vista appunto l’età, per ora non è stato indagato ma solo segnalato all’autorità giudiziaria minorile – perché, assieme a un coetaneo che vive fuori provincia, lo scorso 3 novembre si era inserito in una riunione in streaming della Comunità ebraica di Venezia sulla piattaforma «Zoom» e, oltre a pronunciare insulti antisemiti, aveva pure mostrato una svastica, prima di venire, lui e l’amico, bannato dalla trasmissione in diretta. Tra lo sconcerto degli altri partecipanti, che si erano subito rivolti alla polizia: giovedì 28 gennaio appunto la Digos della questura di Venezia – in collaborazione con lo stesso reparto della questura di Bergamo e con la polizia postale, sotto il coordinamento della Procura veneta – è riuscita a risalire agli autori di quella che è stata definita «intromissione antisemita».

E per l’appunto gli autori di questo «blitz» a tratti choccante sono risultati essere i due minorenni, tra cui il quattordicenne bergamasco che vive con la famiglia in un paese dell’Isola (omettiamo ulteriori dettagli proprio per via della giovane età del protagonista). Nessun precedente a suo carico: un ragazzino perfettamente sconosciuto alla polizia e che non fa parte di alcun gruppo organizzato né di antisemiti né di hacker: per lui e l’amico introdursi nella «call» della Comunità ebraica di Venezia non è stato difficile, visto che si trattava di un evento pubblico, seppure appunto organizzato in streaming per via delle disposizioni anticovid. «Un fatto grave, della cui gravità i due protagonisti non si sono probabilmente resi conto», sussurrava ieri un investigatore. Niente di organizzato né di studiato, se non l’intenzione da parte dei due giovanissimi di disturbare quell’evento online nel modo peggiore in assoluto. Ieri la polizia si è presentata a casa loro e ha perquisito le abitazioni, sequestrando loro computer. Lontani per via delle disposizioni anticovid, i due minorenni si erano coordinati tramite un canale di Telegram. Sul tema il questore di Venezia, Maurizio Masciopinto, sottolinea «l’importanza anche simbolica dell’aver individuato gli autori del gesto proprio nella settimana in cui tutto il mondo celebra la memoria delle vittime della Shoah, rimarcando l’importanza di perseguire duramente ogni forma apologetica del crimine dell’olocausto, soprattutto tra le nuove generazioni».

«Alla base di questi gesti – evidenzia Bruno Vedovati, sociologo – c’è la necessità di mostrarsi, di compiere un gesto fuori dal comune, che dia un senso di eccitazione. Era così già prima e lo è di più ora con le restrizioni anticovid. Di certo l’influenza di alcuni soggetti on line, che hanno tante visualizzazioni, conta. Manca però dietro questi gesti il criterio: nella bravata non si comprende come si vadano a colpire, come in questo caso, dei valori e una storia, facendolo magari senza essere dei fanatici. Ciò che stupisce è il fatto che tutti questi episodi vengano filmati: c’è il desiderio di mostrarsi, di non fare qualcosa di nascosto. Va detto che oggi, rispetto al passato, tra i giovani mancano possibilità di protestare in maniera collettiva e fanno più fatica non partendo da alcuni valori e sfociando così nella trasgressione e nella goliardia. Un consiglio per i genitori? Si offrano ai ragazzi occasioni di gratificazione, perché questi gesti nascono anche da un senso di inadeguatezza e frustrazione».

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