Silvia, Pasqua in Rianimazione
Il vicesindaco (infermiera) in corsia

Eroi in corsia Silvia Marzoli, in Consiglio a Paratico, ha ripreso il lavoro che aveva lasciato anni fa: infermiera. «Do il cambio ai miei ex colleghi».

Gli occhi di Silvia bucano la visiera. Sono verdi da sguazzarci dentro e sono, probabilmente, l’ unica cosa bella che i pazienti ricoverati in Rianimazione hanno potuto vedere nel giorno di Pasqua. Silvia Marzoli, classe 1987, vicesindaco di Paratico, riva bresciana del lago, diocesi bergamasca.

Lei che da tre anni aveva abbandonato la vita di infermiera per lavorare nella multinazionale InterSystem, che si occupa, fra le altre cose, di digitalizzazione di servizi sanitari. E che quando l’ emergenza è dilagata, ai primi di marzo, è tornata in corsia, con l’ ok della società.

Silvia non ci ha pensato molto: ha visto i suoi vecchi colleghi in difficoltà ed è tornata sul campo. Lì, in quell’ ospedale bresciano diventato epicentro della lotta al coronavirus e in quel reparto - il «suo» - dove la vita ogni giorno si riaccende, e si spegne. La terapia intensiva. La vicesindaca, la sua Pasqua, l’ ha passata dalle 14 fino a tarda sera bardata di tutto punto: tuta, copricalzari, doppi guanti, mascherina, visiera. «Ero in ospedale, come tutti i weekend da inizio marzo, da quando ho deciso di tornare in ospedale almeno nei fine settimana per dare una mano ai miei ex colleghi.

Ho lavorato al loro fianco per otto anni, rientrare nel pieno della crisi mi è sembrato doveroso». Nel giorno di Pasqua, la Rianimazione dell’ ospedale bresciano, era (quasi) piena.

«C’ erano giusto un paio di letti liberi, e non succedeva da settimane. È un primo segnale positivo, anche se sappiamo che le terapie intensive saranno l’ ultimo reparto a svuotarsi: qui i pazienti possono rimanere ricoverati a lungo. Al pronto soccorso, quello sì, gli accessi per covid sono drasticamente calati». Ed è proprio quando l’ emergenza inizia a scemare, almeno dal punto di vista del fronte ospedaliero, che s’ inizia a fare i conti con le conseguenze, quelle indelebili. «Medici, infermieri, tutto il personale sanitario: ne usciremo cambiati. Anzi, non cambiati. Segnati. C’ è chi ha lavorato per un mese abbondante in un contesto terribile mai visto prima, a contatto tutti i giorni con dolore e paura. È stata ed è un’ esperienza che ci segna profondamente». Silvia, in corsia, ci rimarrà almeno fino a fine aprile, tutti i fine settimana. Dal lunedì al venerdì lavora e amministra la comunità di Paratico, sabato e domenica è in ospedale. «Rimarrò fino a quando la crisi sarà rientrata, fino a quando i miei colleghi non avranno più bisogno. Ritrovarli dopo tre anni è stato incredibile, è come se avessi lavorato con loro fino a ieri. E la sera di Pasqua l’ abbiamo passata insieme, nella cucinetta dell’ ospedale, a mangiare gli avanzi del pranzo che alcuni grandi cuochi avevano offerto». Già, la Pasqua: una giornata anomala per tutti, certamente amara per i ricoverati, ma ancor più buia per chi l’ ha trascorsa in un letto di terapia intensiva. «Però, per un nostro paziente in Rianimazione, è stata anche emozionante. Giusto per una manciata di minuti, ma lo è stata. Si tratta di un signore anziano, ha la ventilazione, non può parlare. Ma gli abbiamo comunque fatto fare una videochiamata con suo figlio. Lui parlava, il nostro paziente muoveva solo le labbra e noi traducevamo il labiale per il figlio. Attraverso lo schermo del tablet gli ha fatto vedere il prato di casa sua, la sua piccola azienda agricola e anche il cielo azzurro. Non lo vedeva da giorni. Si è emozionato». Salgono a due, allora, le cose belle di questa Pasqua trascorsa in Rianimazione: gli occhi verdi di Silvia e il cielo. Il cielo azzurro in una stanza, d’ ospedale.

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