Per il rientro al lavoro
ora si propone il test

Nuove regole dalla Regione per sintomatici e chi ha avuto contatti nella prima fase. I datori chiedono lo stesso certezze, rischi per gli autonomi.

Per chi era a casa in malattia simil-Covid durante la «fase uno», non c’è più l’obbligo di tampone per rientrare al lavoro. Una formula più soft, elaborata dalla Regione, rivoluziona la prassi dell’ultimo mese: «A questi soggetti viene offerta la possibilità di sottoporsi a indagine sierologica». Offerta, non imposta.

I «soggetti» sono appunto quei cittadini che durante il lockdown – dunque prima della fase due scattata il 4 maggio – hanno accusato sintomi simil-Covid senza però essere sottoposti al test, oppure che hanno avuto contatti con caso accertato, e che si trovano a casa dal lavoro in malattia poiché in isolamento domiciliare.

Per queste persone, appunto, da martedì 12 maggio le regole sono cambiate: se una circolare di Regione Lombardia del 15 aprile imponeva loro l’obbligo di tampone prima di rientrare in azienda, ora l’allegato alla delibera XI/3131 della Regione (che parla di test sierologici, ma non solo) spariglia le carte. Non senza possibili criticità in termini di sicurezza. Proprio per questo, aziende, associazioni di categoria e la stessa Ats sono al lavoro per l’interpretazione della nuova norma.

La «carta» della Regione, infatti, nel capitoletto intitolato «Percorsi di riammissione nella vita sociale delle persone poste in isolamento domiciliare durante la fase del lockdown», specifica che per chi era in isolamento domiciliare fiduciario durante la «fase uno» questa quarantena è da considerarsi conclusa «dopo 14 giorni di clinica silente o dall’ultimo contatto con il caso (contatto con soggetto positivo, ndr)». «Stante quanto sopra – aggiunge il testo -, al fine di aumentare l’efficienza della valutazione circa la probabilità di immettere nella vita sociale un soggetto non ancora guarito (e pertanto contagioso), a questi soggetti viene offerta la possibilità di sottoporsi ad indagine sierologica». Ma è appunto una possibilità, non più un obbligo.

La posizione dei medici

«Noi dobbiamo considerare tutti come potenzialmente infetti, come potenziali portatori del virus – è però il richiamo alla prudenza di Guido Marinoni, presidente dell’Ordine dei medici di Bergamo -: serve la massima cautela. Anche se si vuole stringere la rete della prudenza, questa delibera mostra che qualche granellino passa comunque. Il test, alla luce di questa norma che supera le precedenti, non può essere imposto. I datori di lavoro richiedono la massima prudenza, giustamente non vogliono che ci siano persone potenzialmente contagiose sul posto di lavoro, dunque è più facile indirizzare i lavoratori dipendenti verso il test. Le aziende vogliono cautelarsi, chiedono l’indicazione che il rientro non sia rischioso: e questa certificazione può arrivare solo dall’esame. Diverso è il discorso per i lavoratori autonomi, che sono i datori di lavoro di se stessi».

E delle imprese

«Margini di incertezza rimangono – premette Agostino Piccinali, vicepresidente di Confindustria Bergamo con delega al Lavoro e alle Relazioni industriali -. Basterebbe dire poche cose, semplici e chiare, che corrispondano a ciò che serve. La prudenza per il rientro al lavoro e sui luoghi di lavoro resta la strada da seguire, eseguire più tamponi sarebbe però molto importante. Ogni giorno, peraltro, ci sono aziende che vorrebbero poter avviare dei propri test sierologico, ma la situazione è ferma». «I tamponi per il rientro di quei lavoratori in malattia durante la fase uno, alla luce della nuova norma, sono una facoltà, una scelta volontaria. Ci riserviamo di dare indicazioni – specifica Stefano Maroni, direttore di Confartigianato Bergamo -. Noi stiamo consigliando agli artigiani di attenersi scrupolosamente ai protocolli. È fondamentale che l’azienda riorganizzi la propria attività tenendo in considerazione la tutela della salute dei collaboratori».

La delibera di martedì non cambia nulla, invece, per i lavoratori che abbiano accusato sintomi simil-Covid a partire dalla «fase due»: per queste persone, invece, è obbligatoriamente previsto il tampone iniziale di accertamento del contagio.

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