Pietro: «Il mio 50° compleanno in coma
per il Covid: che gioia essere a casa»

A Treviolo festa a sorpresa per il ritorno di Pietro Pippa, guarito dopo 100 giorni. «Adesso sogno una vita normale, la quotidianità, magari un’escursione con gli amici».

Il sogno è immenso eppure semplice, perciò vero. Profondo. Sentito. Quasi cento giorni dopo l’inizio dell’incubo, Pietro Pippa, 50enne di Treviolo colpito dal Covid, è tornato a casa. Ha affrontato l’ospedale, la terapia intensiva, il coma, la riabilitazione. Varcando la porta d’ingresso di casa, quale può essere il sogno per i prossimi mesi? «Sogno una vita normale – sospira Pippa, con gli occhi un po’ lucidi -. La quotidianità. Magari un’escursione. Spero il prima possibile».

Il 21 marzo scorso Pippa, romano di origini ma da tempo residente appunto a Treviolo, operaio in una ditta di Chiuduno, entrava al Papa Giovanni, ricoverato per l’aggravarsi del Covid. Sempre più grave, passa poi nel reparto di terapia intensiva: è lì anche il 14 aprile, il giorno del suo cinquantesimo compleanno, in coma. Poi le condizioni inizieranno a svoltare in positivo, sino alle dimissioni dall’ospedale a inizio giugno e al successivo periodo presso l’Unità di Riabilitazione specialistica di Mozzo (l’ex Casa degli angeli) per recuperare condizione fisica. E soprattutto sino a ieri: alle 16 è tornato finalmente a casa, dove ad attenderlo erano in decine. Parenti, amici, colleghi, compagni di escursione del Gam (Gruppo amici della montagna) «La Casella» di Curnasco, che ha organizzato la festa a sorpresa e di cui Pietro è uno dei consiglieri. «Pietro è una persona splendida, sempre disponibile a dare una mano per il gruppo, per il paese. Ci tenevamo particolarmente ad accoglierlo al ritorno a casa, abbiamo voluto dar vita a questa festa a sorpresa», raccontano Claudio Dossi, il presidente del Gam, e Salvatore Infantino, che hanno appunto contribuito a creare l’«abbraccio» a Pippa. Palloncini, striscioni («Bentornato a casa Pietro», «Daje Pietro»); all’arrivo della macchina guidata dalla moglie Elena, accompagnata anche dalla figlia Giulia, l’applauso è partito spontaneo e fragoroso. La festa per il mezzo secolo, quella che l’epidemia e la malattia hanno negato, insomma è stata fatta ieri: unica e speciale.

«Grazie, grazie a tutti», ha risposto Pietro Pippa, con sincerità genuina, incamminandosi verso l’abitazione. Un saluto a ognuno, uno sguardo, una battuta, una «stretta di gomito». «Non mi aspettavo un’accoglienza così: chi l’ha organizzata è stato davvero bravissimo – racconta Pietro Pippa con la voce ancora affaticata, ma pronunciando pensieri decisi -. Sono emozionatissimo». Il ricordo dei mesi e delle settimane resterà indelebile: un periodo «brutto», sottolinea, con tutta la forza che è condensata in quella parola. «Voglio ringraziare tutte le persone che sono state vicine a me, alla mia famiglia: hanno fatto sentire la loro presenza, e questo vuol dire tanto. E devo ringraziare di cuore anche tutto l’ospedale, i medici e gli infermieri del Papa Giovanni». Ora, quasi cento giorni dopo il ricovero, il ritorno alla vita. Non semplice, ma certamente più sereno. Basta poco per trovare un sorriso, come quel sogno: «Sogno una vita normale – è appunto la conclusione di Pietro Pippa, appena prima di rientrare a casa -. La quotidianità. Magari un’escursione. Spero il prima possibile».

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