Regione, chi rifiuta AstraZeneca finisce in fondo alla lista

Nota del direttore Welfare diffusa alle strutture vaccinali. Sabato la Lombardia ha superato i due milioni di dosi somministrate.

«Eventuali rifiuti al vaccino Vaxzevria potranno essere gestiti e riprogrammati al termine della campagna vaccinale, secondo le disponibilità di vaccini e ulteriori eventuali aggiornamenti tecnici sull’utilizzo dei vaccini».

Chi rifiuta Vaxzevria, cioè il vaccino prodotto da AstraZeneca, sostanzialmente finisce in coda. È scritto nero su bianco nella nota firmata da Giovanni Pavesi, direttore generale del Welfare di Regione Lombardia, e arrivata ieri alle Ats, alle Asst e alle strutture private accreditate, per un lavoro di ridefinizione della campagna. Un passaggio importante – all’interno di un riepilogo più ampio sulle tipologie dei farmaci – che va ad affrontare un tema di rovente attualità: in molti rifiutano AstraZeneca, ma cosa si deve fare con chi fa questa scelta?

Passo indietro. Con circolare del ministero della Salute del 7 marzo, per il farmaco di AstraZeneca è stato «raccomandato l’uso preferenziale nei soggetti di età superiore ai 60 anni», fermo restando che il vaccino è «attualmente approvato dai 18 anni e non sono intervenuti cambiamenti autorizzativi da parte di Ema». Dunque, chiarisce la Regione, AstraZeneca «sarà offerto di routine ai soggetti di età uguale o superiore a 60 anni, ad eccezione dei casi rientranti nelle categorie degli estremamente vulnerabili e disabili gravi» secondo la tabella del piano vaccinale nazionale: per costoro, viceversa, «sarà invece appropriato offrire un vaccino a mRna, allo stato attuale i vaccini Comirnaty (il nome commerciale del vaccino di Pfizer, ndr) e Moderna». «I vaccini a mRna», prosegue la nota firmata da Pavesi, «sono invece quelli offerti per tutti i soggetti di età compresa tra 16 e 59 anni (per Comirnaty, quello di Pfizer) e tra 18 e 59 anni (per Moderna)». Anche al fine di «preservare il vaccino a mRna per i soggetti a elevata fragilità e under 60», si legge nel documento, «non è previsto che il vaccinando possa scegliere di ricevere un vaccino diverso. A tal riguardo, è importante che gli operatori dei centri vaccinali forniscano informazioni scientificamente corrette e siano di supporto nella scelta del cittadino, consapevoli che, anche per questa tipologia di vaccino il rapporto rischio beneficio è a favore del beneficio e lo è sempre più al crescere dell’età del soggetto». Chi dice no, dovrà essere «riprogrammato» al termine della campagna. Si conferma l’utilizzo di AstraZeneca per la seconda dose di chi ha già ricevuto la prima.

Sul rifiuto di AstraZeneca ieri è intervenuto il governatore lombardo Attilio Fontana: «Non è accentuato come in altre regioni, però c’è anche qui – ha commentato a margine della visita all’hub vaccinale all’autodromo di Monza -. Purtroppo si sono dette troppe cose, si parla troppo e alla fine la gente è confusa. Io sono dell’opinione che AstraZeneca sia efficace, efficiente e sicuro come gli altri vaccini, ma si continuano ad avanzare dubbi sospetti e preoccupazioni, la gente è un po’ confusa. Il governo dovrebbe dire con estrema chiarezza ai nostri concittadini che AstraZeneca funziona ed è sicuro come gli altri».

Proprio ieri la Lombardia ha superato la quota di due milioni di dosi somministrate, pari al 79,6 per cento di quelle consegnate. In termini assoluti, si tratta del numero più elevato tra tutte le regioni italiane. Non in termini di percentuali sulle dosi consegnate: in Italia le somministrazioni sono 12.763.192, pari all’81,9% delle dosi consegnate.

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