Rsa, 1998 decessi in quattro mesi
Morto il 32,7% degli ospiti

L’inchiesta della Procura: il numero dei deceduti è pari alla somma dei tre anni precedenti. Indagini anche sulla carenza di mascherine per medici di base.

Nelle Rsa (Residenze sanitarie assistite) bergamasche dal 1° gennaio a questi ultimi giorni sono morti 1.998 ospiti sui 6.100 totali delle 65 strutture di città e provincia, 1.322 in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Una cifra molto vicina alla somma dei tre anni precedenti, per i quali, nello stesso quadrimestre, si erano registrati in totale 2.068 decessi (676 nel 2017, 716 nel 2018, 676 nel 2019).

Sono i dati che ha raccolto la Procura di Bergamo nell’ambito dell’inchiesta per epidemia e omicidio colposi aperta sulle Rsa e va specificato che per il momento le morti non sono ufficialmente riconducibili al Covid-19, non essendo mai stati eseguiti tamponi né autopsie. Ma è il numero che sta facendo riflettere gli investigatori, perché non può dirsi trascurabile una percentuale di mortalità del 32,7%, ben più elevata, tra l’altro, di quelle finora indicate (ma per periodi più ristretti rispetto al quadrimestre preso in esame dagli inquirenti) dall’Istituto superiore di sanità (18%) e dai tre sindacati (23,05%).

È da questi raffronti che si sta inerpicando l’indagine del procuratore facente funzione Maria Cristina Rota. Si era partiti dagli accertamenti condotti di propria iniziativa dai carabinieri del Nas di Brescia, che hanno consentito di fare una mappatura della situazione generale e un distinguo fra le 65 strutture, sia in termini di numero di decessi che di organizzazione logistica e sanitaria. Finché, a seguito dei numerosi esposti e denunce piovuti in Procura, non è stato aperto il fascicolo anche su questo fronte. Si indaga contro ignoti, così come avviene per l’inchiesta «gemella», quella sull’ospedale di Alzano.

Per il momento sono 13 su 65 le Rsa su cui stanno puntando la lente gli investigatori. Allo stato non c’è un particolare elemento investigativo che le differenzi dalla maggioranza delle altre: sono quelle indicate da familiari di vittime e da associazioni di consumatori, quali il Codacons che nel suo esposto ha inserito 9 strutture (la casa di riposo di Nembro, l’Opera Pia di Osio Sotto, la Rsa di Spirano, la Fondazione Sant’Andrea di Clusone, l’Oasi di San Pellegrino, il pensionato Contessi Sangalli di Costa Volpino, la Casa Serena di Leffe, la Casa della Serenità di Cene, la Fondazione Carisma di via Gleno a Bergamo).

Anche nell’inchiesta su quanto accadde all’ospedale di Alzano il 23 febbraio scorso, domenica in cui si scoprirono i primi contagiati in Bergamasca, sono ipotizzati i reati di epidemia e omicidio colposi. In questa indagine i carabinieri del Nas hanno acquisito documentazione pure in Regione e ora stanno continuando a sentire come testimoni medici e infermieri.

A far intrecciare le due inchieste ci sono un paio di filoni. Quello per lesioni colpose, e cioè per i casi di medici, infermieri e personale sanitario di ospedali, Rsa e altre strutture curative, ammalatisi di Covid. Sono per lo più segnalazioni – un centinaio sinora quelle giunte in Procura - dell’Inail di Bergamo, che sta trattando 800 pratiche da quando il coronavirus è stato assimilato a un infortunio sul lavoro: di queste, più di 600 sono relative a operatori sanitari. Infine, la Procura sta indagando anche sulla carenza di dispositivi di protezione lamentata dai medici di base, che hanno pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane. A chi spettava l’approvvigionamento?

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