Sclerosi multipla, scacciata via la paura
«quando ho visto ballare in carrozzina»

Il fulmine a ciel sereno a 25 anni. Poi l’impegno nell’associazione e la forza da testimoniare.

C’è una speciale suggestione nelle imprese dei funamboli come Philippe Petit: nel 1974 camminando su un filo teso a 400 metri d’altezza ha attraversato lo spazio tra le Torri Gemelle, quando ancora quei grattacieli svettavano nello skyline di New York. Deve essere una sensazione incredibile restare così, sospesi nel vuoto, soli e senza certezze, pronti a scambiare la propria vita per un sogno. Lo stesso rischio, il brivido, il coraggio, sono ingredienti familiari per chi, come Antonella Carnovale, ha avuto una diagnosi temibile come quella di Sclerosi multipla, e come un’acrobata procede nella vita mantenendosi in un equilibrio fragile, senza sapere come sarà il futuro.

Da 10 anni convive con la malattia

Antonella ha 35 anni e da dieci ormai convive con la sua malattia: «Il primo segnale è stato un problema temporaneo che non ho interpretato subito come qualcosa di grave. Non riuscivo più a camminare bene, mi sembrava che i muscoli si fossero bloccati. Abito a Zanica con i miei genitori e all’epoca lavoravo in centro città: arrivavo in autobus fino alla stazione, poi mi spostavo a piedi. Con questo fastidio alla gamba ci mettevo il doppio del tempo. Sono andata dal medico, che mi ha prescritto degli esami, nel frattempo, però il sintomo, nel giro di un mese, si è risolto completamente».

Antonella, diplomata in ragioneria, lavorava nello studio di un commercialista: «Ad agosto 2008 ho incominciato ad avvertire uno strano formicolio alla mano e al braccio. Ho pensato che fosse colpa dello stress, perché avevo appena superato un periodo di lavoro molto intenso. Ero in vacanza al mare e a volte succede che in ferie il corpo subisca una specie di assestamento. Non mi ero preoccupata, perché poi quel sintomo era passato. Tornata a casa, però, ho iniziato ad avvertire nausea e capogiri e quando mi capitava, non riuscivo più a fare nulla. Accadeva ormai spesso che arrivassi al lavoro di mattino e riuscissi a restarci solo fino al primo pomeriggio, ma poi dovevo tornare a casa».

Il lavoro a Milano

A quel punto Antonella ha incominciato a chiedersi seriamente che cosa le stesse accadendo e a sottoporsi ad accertamenti: «All’inizio gli specialisti ritenevano che potesse trattarsi di una labirintite, mi hanno prescritto nuove analisi, intanto, però, la situazione peggiorava, finché ho chiesto una risonanza magnetica. Così hanno scoperto che soffrivo di questa malattia autoimmune demielinizzante, di cui non sapevo nulla».

Quando la neurologa le ha consegnato la diagnosi, le ha chiesto se avesse capito di che cosa si trattava: «Le ho risposto che ormai ero guarita e che stavo benissimo, perché grazie a dosi massicce di cortisone tutti i sintomi erano scomparsi. Così lei ha dovuto spiegarmi con pazienza che cosa fosse la sclerosi multipla. La prima domanda che le ho fatto è stata “quando dovrò stare in carrozzina?”, perché per me era immediata l’associazione di quella patologia con una disabilità motoria». La neurologa però l’ha rassicurata: «Mi ha spiegato che non era possibile prevedere con precisione le conseguenze. E aveva ragione, perché dopo dieci anni, fortunatamente, sono ancora in grado di camminare con le mie gambe».

Le parole «Sclerosi multipla» hanno un effetto imprevedibile sulle persone e così la diagnosi ha attraversato la vita di Antonella come una tempesta: «Avevo un fidanzato, stavamo per sposarci, ma la malattia l’ha spaventato e così ci siamo lasciati. Anche sul lavoro dopo il periodo difficile che avevo passato, non mi trovavo più bene, così poco dopo ho colto l’opportunità di trasferirmi in un grande studio di Milano». È stata una scelta coraggiosa: «Era un ambiente stimolante, ma avevo iniziato le terapie con l’interferone ed ero sempre molto stanca. Mi alzavo al mattino alle sei e tornavo a casa di sera alle otto e mezzo, nella mia vita non c’era più spazio per nient’altro. Avevo anche un nuovo fidanzato a Milano, poi, però la nostra storia è finita. A un certo punto ho capito che quella vita era troppo impegnativa per me, stavo sottoponendo il mio corpo a uno sforzo eccessivo, così ho cercato un altro posto e sono tornata a Bergamo».

I farmaci e gli affetti

Intanto Antonella proseguiva il suo iter di terapie: «Ho provato quasi tutti i tipi di interferone, un’arma efficace contro la sclerosi multipla. Con il primo che mi hanno prescritto ho avuto troppi effetti collaterali. Un altro mi ha causato una reazione allergica, mi sono riempita di bolle e mi sono molto spaventata. In seguito ho deciso di sottopormi a una terapia sperimentale che però poteva durare al massimo per due anni, per il rischio che potesse danneggiare l’organismo, ma è andato tutto bene. A pesarmi di più negli anni è stata la grande quantità di iniezioni che spesso dovevo farmi da sola: è stato difficile e fastidioso. Da un anno e mezzo sto prendendo un farmaco per via orale, ed è un grosso sollievo. Non posso davvero lamentarmi, sono fortunata, la mia qualità di vita in questi dieci anni è sempre stata buona».

Antonella ha deciso di impegnarsi attivamente per sensibilizzare le persone e trasmettere informazioni corrette sulla Sclerosi Multipla: «C’è molta ignoranza su questa malattia. Non esiste un paziente uguale all’altro, sia per i sintomi sia per le terapie. Molto dipende anche dalla capacità di reazione. Non sono felice di avere la sclerosi multipla, per me è stato difficile accettare di essere malata nel pieno della giovinezza, quando si vorrebbe pensare a mille altre cose. Credo però che sia importante riuscire a prendere il meglio da ogni situazione».

La prima nemica per Antonella è stata la paura, che ha influenzato le sue relazioni di amicizia e d’amore: «Pian piano ho imparato a gestirle diversamente, comunque ho sempre cercato di essere sincera parlando di me e di ciò che mi succede, ma non troppo presto, perché non voglio che le persone sappiano della mia malattia prima di aver imparato ad apprezzarmi come sono, ma nemmeno troppo tardi, quando potrebbero sentirsi traditi per non averlo saputo prima. Adesso ho un ragazzo speciale, Paolo, che sa starmi vicino, non dà troppo peso alla sclerosi multipla, anzi è capace di scherzarci su e mi è rimasto accanto nei momenti di crisi». Nel 2010 Antonella ha incominciato a frequentare l’Aism (Associazione italiana sclerosi multipla): «Proprio in quell’anno è nato nell’associazione nazionale il gruppo Young, con giovani dai diciotto ai quarant’anni, che poi si è articolato nelle diverse sezioni locali. A Bergamo siamo una ventina di persone. In questo periodo stiamo organizzando un convegno e una camminata per Aism, legata a una campagna di informazione e di raccolta fondi. Ci stiamo anche mobilitando per evitare i tagli ai trattamenti di riabilitazione per i malati preannunciati dal governo: sarebbe una grave ingiustizia. Fatichiamo a farci conoscere, ci sono quasi duemila persone in Bergamasca con sclerosi multipla, l’associazione ne raggiunge più o meno un centinaio». Per Antonella, però, è stato un passo naturale: «È iniziato tutto grazie a una brochure che mi ha consegnato la neurologa. Ho pensato che avrei potuto trovare aiuto ed è stato così. Ho iniziato a partecipare alle attività e col tempo a diventare io stessa una dei promotori. Conoscere altre persone nella mia stessa situazione mi ha aiutato ad affrontarla con spirito positivo. A dicembre 2009 c’è stato il primo convegno giovani a Roma e i partecipanti erano un centinaio, quest’anno ce n’erano oltre 500. Lì ho incontrato Roberta Amadeo, che allora era la presidente ed è in carrozzina da tanti anni. Avevo ricevuto la diagnosi da poco e mi sentivo spaesata. C’era stata una serata danzante e l’ho vista ballare e divertirsi sulla carrozzina. È stato un momento speciale. Devo dire grazie a lei se non mi sono fatta schiacciare dalla paura». Antonella ha sempre potuto contare sulla sua famiglia, la mamma Maria, il papà Pietro e la sorella Greta: «Guai se non ci fossero stati loro. I miei amici hanno continuato a offrirmi affetto e comprensione, la malattia non li ha allontanati. Sono stati preziosi gli incontri che ho fatto nell’associazione, sono nati legami importanti».

Sorriso ed energia

Ci sono stati momenti difficili, Antonella ha dovuto affrontare delle ricadute: «L’ultima, la più grave, nel 2016, quando lavoravo ancora a Milano. Ho sbagliato, perché ho trascurato i sintomi: avevo perso sensibilità da un lato del corpo, ma ho rimandato le visite per più di un mese. I danni emersi dalla risonanza erano estesi, ho dovuto ricominciare con il cortisone».

Le armi migliori di Antonella sono il suo sorriso e la sua energia, che la portano ad affrontare nuove sfide: «Il mio ragazzo, Paolo, sta avviando un’azienda agricola a Calcinate, un allevamento di lumache al quale affianca la produzione di una linea cosmetica e sono super impegnata ad aiutarlo. Metto tanto entusiasmo anche nel volontariato, coordinare le attività del gruppo giovani dell’Aism di Bergamo è un bell’impegno. Adesso sono un consigliere dell’associazione».

A volte si sente ancora «come un pezzo di ghiaccio alla deriva in mezzo al mare»: «Mi capita di pensare al futuro con timore, non so che cosa accadrà, se le prossime ricadute mi porteranno delle disabilità. Col tempo però ho conquistato più consapevolezza di me stessa e dei miei limiti, e una maggiore capacità di gestire le cose». Come il funambolo continua a camminare sul vuoto, dominando la paura, con lo sguardo aperto sull’orizzonte: «Cerco di trovare sempre nuovi motivi per sorridere, trovo tanta bellezza anche nelle piccole cose, una passeggiata al sole, una chiacchierata con un’amica. La malattia non è stata soltanto un ostacolo, mi ha insegnato a non dare mai niente per scontato».

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