Lombardia, scoppia il coronavirus: 15 casi
In Veneto la prima vittima: è un anziano

L’uomo deceduto aveva 78 anni. Salite a 14 le persone contagiate dal manager lombardo, tra cui la moglie incinta, medici e infermieri. Il professionista, 38 anni, è ricoverato a Codogno. I genitori distrutti: una cosa penosa. L’amico tornato dalla Cina con cui aveva cenato: si attendono gli esiti degli esami all «Spallanzani». Un secondo caso anche in Veneto.

Due mesi dopo il primo caso registrato a Wuhan, il coronavirus esplode anche in Italia: 15 sono i contagiati individuati al momento in Lombardia e uno in Veneto mentre il diciassettesimo, un anziano di 78 anni, Adriano Trevisan, non ce l’ha fatta: è morto venerdì sera, 21 febbraio, nell’ospedale di Schiavonia (Padova), dove era ricoverato. Ma non è finita: sono centinaia le persone che hanno avuto contatti diretti con loro e sono in attesa di conoscere i risultati dei test e più di 50 mila cittadini in provincia di Lodi sono, di fatto, in quarantena a casa loro. «Manteniamo altissima la linea di precauzione – prova a rassicurare il premier Giuseppe Conte –. Dovete fidarvi, stiamo adottando tutte le iniziative necessarie per la popolazione, niente allarmismo sociale e niente panico». Ma Matteo Salvini attacca: «I contagi aumentano, bisogna blindare i nostri confini».

La situazione è seria, anche perché non è ancora stato individuato con certezza il «portatore», o i portatori a questo punto, del virus. Che, dunque, potrebbero aver contagiato altre decine di persone in diverse parti d’Italia. È noto, invece, il «caso indice»: un uomo di 38 anni, manager di Codogno, che martedì 18 febbraio si è presentato all’ospedale con sintomi influenzali ma che, al termine della visita, è stato rimandato a casa. Il giorno dopo è tornato e questa volta è stato ricoverato fino a giovedì sera, quando i test hanno dato il responso: positivo al coronavirus. Immediato è scattato l’isolamento al «Sacco» di Milano. Ma era già tardi. Nei giorni precedenti il manager ha infatti condotto la vita di tutti i giorni, incontrando decine di persone: è andato al lavoro, nel reparto amministrazione dell’«Unilever» di Casalpusterlengo, ha partecipato a due corse – una mezza maratona a Santa Margherita Ligure il 2 febbraio e una il 9 con la sua squadra a Sant’Angelo Lodigiano –, ha giocato a calcetto, è stato ad almeno tre cene e incontri di lavoro. Come ha preso il virus? Al momento l’ipotesi prevalente è che possa esser stato contagiato durante una cena con un suo amico.

Quest’ultimo, un italiano che lavora per la «Mae» di Fiorenzuola d’Arda, in provincia di Piacenza, è rientrato dalla Cina il 21 gennaio scorso. Agli inizi di febbraio, tra l’1 e l’8, ha accusato dei sintomi influenzali e proprio in quei giorni ha incontrato il manager. L’uomo è però risultato negativo ai test, il che può significare solo due cose: o non è lui il portatore o ha avuto il virus, è guarito e ha sviluppato degli anticorpi. Lo diranno i risultati degli esami del sangue in corso allo «Spallanzani».

Quel che però è già certo è che dal manager il virus si è diffuso in almeno altre 13 persone: la moglie, un’insegnante che è in maternità e solo per questo non ha avuto contatti con gli studenti, un suo amico con cui corre abitualmente, cinque tra medici e infermieri e tre pazienti dell’ospedale di Codogno. Gli ultimi tre positivi al momento in provincia di Lodi sono tre anziani tra i 70 e gli 80 anni, clienti di un bar di Codogno: non hanno avuto alcun rapporto diretto con lui ma li hanno avuti con l’amico con cui corre, che è il figlio del titolare del bar. Sono tutti in condizione «serie», dicono i medici. «Nostro figlio è gravissimo – confermano i genitori del manager, in autoquarantena a casa –: è intubato, è una cosa penosa, siamo distrutti». Il lavoro che si sta facendo ora è ricostruire tutti i contatti avuti da queste persone. Che sono centinaia se non migliaia. Tanto per essere chiari: solo il trentottenne ha avuto rapporti con 120 colleghi dell’«Unilever», 70 tra medici e personale sanitario e 80 persone che fanno parte della sua più stretta cerchia, a partire dai 40 della sua squadra di corsa. Ecco perché la Regione, d’intesa con il governo, non ha potuto far altro che far scattare una serie di «misure restrittive» in dieci Comuni, un’area dove abitano 50 mila persone. Casalpusterlengo, Codogno, Castiglione d’Adda, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e Sanfiorano sono in isolamento.

«Il piano adottato prevede scelte forti», spiega il ministro della Salute Roberto Speranza elencandole: una permanenza domiciliare obbligatoria e la sospensione di ogni manifestazione pubblica, di attività commerciali, lavorative, sportive e scolastiche. «Dobbiamo trattenere il virus dentro quell’area», dice ancora Speranza, che poi conferma le misure già adottate: obbligo di quarantena «fiduciaria» per chi torna dalla Cina e sorveglianza attiva per chi è stato nelle aree a rischio, con obbligo di segnalazione alle autorità sanitarie al rientro in Italia. Sono inoltre già pronte anche due caserme della Difesa a Milano e Piacenza con 180 posti, per accogliere chi dovrà andare in quarantena. E non è escluso, lo ha ribadito anche il commissario Borrelli, che possano essere requisiti anche degli alberghi, se ci fosse necessità. Se dovesse inoltre essere confermato che il «portatore» è l’amico rientrato dalla Cina, le misure restrittive scatteranno anche a Fiorenzuola d’Arda, dove ha sede la sua azienda, e a Piacenza, dove in via precauzionale hanno già sospeso sabato le lezioni scolastiche.

Ma c’è un altro fronte. In Veneto due anziani di Vo’ Euganeo di 78 e 67 anni sono risultati positivi ai primi test; uno è in condizioni critiche. «Per noi le analisi sono positive – dice il presidente della Regione, Luca Zaia – ora aspettiamo le risposte dallo “Spallanzani”».

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