Sebino, nel cuore della terra - Foto
Una via «navigabile» tra lago e monti

Gli speleologi di «Progetto Sebino» sono andati con un’imbarcazione a oltre 400 metri di profondità. Le immagini diventeranno un documentario televisivo. Guarda foto e video.

In un mondo nuovo, degli uomini avanzano su un canotto, con luci montate sui caschi. L’acqua è cristallina, le pareti di roccia calcarea formano una spaccatura alta decine metri e profonda, in certi punti, altrettanto. Lo sciabordio dei remi rompe una pace di milioni d’anni. Probabilmente nessuno, prima del gruppo di spedizione di «100 kilometri di abissi», il progetto di ricerca speleologica finanziato da Uniacque e condotto dall’associazione «Progetto Sebino», aveva mai documentato questo scenario sotterraneo.

Nel budello delle condutture intrecciate che formano il monumentale complesso di grotte tra la Val Cavallina e il lago d’Iseo, gli esploratori hanno portato a termine l’ennesima, importante impresa: per la prima volta sono riusciti a percorrere su un’imbarcazione una via navigabile di una settantina di metri in fondo al ramo «Hydrospeed», già attraversata a nuoto nel 2016 da due speleologi dell’associazione. Così facendo, non solo hanno potuto riprendere e indagare da vicino una parte complesso a più di 400 metri sotto terra, ma anche a testare un secondo percorso di sicurezza nell’area, nel caso diventasse impraticabile il primo.

L’«Operazione Caronte» si è rivelata un successo. «Siamo scesi sabato 11 e domenica 12 gennaio – spiega Maurizio Greppi, presidente di “Progetto Sebino”, l’associazione di speleologi che ha effettuato la puntata nel cuore della terra –. Erano settimane che rimandavamo per via del cattivo tempo. Raggiungere il punto di esplorazione è laborioso, occorrono diverse ore. Abbiamo pensato di arrivarci passando dal campo base a 450 metri di profondità, per riposarci un po’ e poi iniziare il viaggio. Avevamo il canotto con noi, lo abbiamo gonfiato e messo in acqua. Eravamo in sette, a traversata effettuata abbiamo pernottato al campo base a 450 metri di profondità, per riposarci un poco prima di iniziare la seconda parte del viaggio. In un’oretta siamo sbucati all’altro ingresso dalla via: abbiamo visto un luogo meraviglioso, incontaminato, che testimonia una volta di più la grandissima importanza di questo sito».

Da diversi anni l’enorme rete di gallerie, caverne, anfratti, torrenti, pozze scoperte nell’ambito di «100 kilometri di abissi» fa parlare di sé. L’estate scorsa anche Piero Angela, grazie all’inviato Paolo Magliocco, le ha dedicato un ampio spazio nella prima puntata della stagione 2019 di «Superquark». E anche questa volta, l’impresa degli speleologi del Sebino ha da offrire qualcosa di più che un semplice racconto. Il documentarista sardo Vittorio Crobu, che già aveva collaborato con il gruppo durante la prima immersione nel fondale dell’abisso di «Bueno Fonteno» nel 2009, è andato con loro. «Realizzerà un filmato di circa quattro minuti che verrà inserito in un’importante produzione franco-tedesca sul lago d’Iseo – rivela Greppi –. Andrà in onda su importanti emittenti in Germania, Svizzera e Francia e verrà tradotto in tre lingue. Tutto ha avuto inizio quando, a settembre dell’anno scorso, siamo stati contattati dai responsabili del progetto. La regista tedesca del documentario, Rosie Koch, ha fatto un sopralluogo all’ingresso storico del complesso “Bueno Fonteno”. In quel momento si è messa in moto la macchina. La produzione voleva immagini spettacolari, d’effetto. Abbiamo allora proposto di filmare l’Operazione Caronte e subito s’è detta entusiasta. A giudicare dalle immagini che abbiamo in mano, credo ne sia valsa proprio la pena».

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