«Senza la terza dose, indifesi dalle varianti»

L’intervista L’infettivologo Bassetti mette in guardia sulla necessità di completare il ciclo vaccinale con la booster . «Subito per tutti, la quarta invece deve essere rivolta agli immunodepressi e da valutare dopo l’estate per gli altri».

«I dati dei positivi anche in Lombardia si sono stabilizzati come su un altopiano, non un picco o una valle. I numeri comunque cospicui dei contagi da 3-4 settimane (intorno ai 10mila giornalieri in regione, ndr) non hanno portato a un incremento della pressione ospedaliera, che avremmo già dovuto riscontrare, e ciò è merito della campagna vaccinale che ha depotenziato il virus e reso la malattia meno aggressiva. Con le terze dosi si è alzato quindi un muro, ma le varianti sono sempre dietro l’angolo, ora si sta affacciando la ricombinazione Xe, e per questo il richiamo booster diventa dirimente per proteggere chi ancora è esposto».

L’infettivologo Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, inquadra tre priorità: subito terza dose per tutti, quarta dose per gli immunodepressi e da valutare invece dopo l’estate con interventi «sartoriali» su misura per chi ne ha davvero bisogno, raccomandazioni e non più obblighi o decreti stringenti nell’affrontare le nuove sfide del Covid.

Professor Bassetti, dopo Omicron 1 e 2 ora bisogna fare i conti con la variante Xe, che sembra più contagiosa. Ma i vaccini ci proteggono efficacemente anche in questo caso?

«La Xe è una ricombinazione di due varianti (Omicron 1 e 2). Probabilmente è più contagiosa del 10% di Omicron 1 e 2, anche se ciò dovrà essere confermato dai dati. Ormai la tendenza è quella di un virus che assomiglia al morbillo per contagiosità, il virus respiratorio più contagioso che abbiamo mai visto nella storia. Ma la Xe non determina una malattia più grave».

I sintomi variano con questa ricombinazione o restano gli stessi delle precedenti?

«Sono più o meno gli stessi di Omicron, forse si vede di più la presenza dell’anosmia, cioè della perdita di gusto e olfatto. Ma essendo un mix di Omicron 1 e 2 è probabile che non sia diversa la capacità di risposta della dose booster di vaccino».

Quindi, qual è il messaggio da lanciare?

«La terza dose di richiamo copre, la ricombinazione Xe non porterà a una malattia più grave. Potrebbe succedere che la Xe diventi predominante sulle altre. Una cosa è certa: finché c’è virus circolante ci sono varianti, è l’inevitabile evoluzione naturale di un virus che muta».

Cosa dire agli incerti sulla terza dose?

«Sarebbe un grave errore non farla, perché oggi vorrebbe dire trovarsi nella stessa situazione di chi non ha fatto nemmeno le prime due e quindi completamente scoperto. Di fronte alle varianti bisogna alzare il muro. Se fossimo ancora davanti al virus originario, probabilmente due dosi basterebbero perché il vaccino era stato studiato per fare due dosi. Ora il vaccino iniziale ha bisogno appunto di un aiuto in più che corrisponde al la dose booster».

Il Ministero della Salute si è pronunciato venerdì sulla quarta dose, prevista per gli over 80, gli ospiti delle Rsa e i fragili tra i 60 e i 79 anni. Cosa ne pensa di questa indicazione?

«Oggi non ci sono sufficienti elementi scientifici per consigliare la quarta dose a tutti, quindi occorre molta cautela. La quarta dose per tutti oggi non serve, io parlerei di dose di richiamo da valutare a ottobre necessariamente con un vaccino aggiornato. Oggi il vaccino completa il suo ciclo con la terza dose nella popolazione generale e con la quarta dose nei fragili, immunodepressi e con patologie varie. Con la quarta dose penso si debba uscire da una logica di vaccinazione di massa, cioè una misura unica per tutti come abbiamo fatto fino ad oggi con le tre dosi dal bambino di 5 anni fino al 95enne, ed entrare invece in una prospettiva di vaccinazione che definirei individualizzata».

Quindi?

«L’80enne sano potrà andare dal suo medico e decidere insieme a lui se fare la quarta dose oggi, ma l’80enne con diabete o bronchite cronica sarebbe opportuno che la facesse. Servono meno proclami generalistici e una medicina su misura anche nelle vaccinazioni, ripristinando il primato della medicina sulla politica sanitaria».

Sui contagi siamo arrivati al plateau ?

«È come essere su un altopiano, a 500 metri sul livello del mare. Non ci sarà una veloce riduzione dei contagi, ma penso altre settimane di convivenza con una variante contagiosa. Non credo si possa parlare di picco, ci saranno rimbalzi cui dovremo abituarci. Il vero indicatore cui prestare attenzione è quanta gente ha forme gravi che necessitano di ricovero ospedaliero».

È una scelta giusta allentare le misure restrittive?

«Bisogna tornare a una vita normale. È opportuno oggi raccomandare la mascherina agli anziani, ai fragili, indossarla anche all’aperto se non ci si può distanziare, dopodiché una misura unica per tutti non va più bene, bisogna uscire dalla logica secondo cui tutto venga declinato con degli obblighi, questo è il passato. Il presente è un alleggerimento totale delle regole con raccomandazioni».

Pensa che negli ospedali abbiano ancora senso i reparti Covid dedicati?

«No. Direi basta coi maxi contenitori Covid negli ospedali; avevano senso due anni fa con reparti pieni di gente con polmonite, caschi e ventilatori, oggi abbiamo contenitori pieni di gente solo con tampone positivo. Sarebbe meglio che questi pazienti andassero nei reparti di ortopedia e cardiologia e all’interno di quelle aree ci fossero stanze dedicate e isolate per il Covid».

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