Tragedia di Azzano, chiuse le indagini
Il processo comincerà in autunno

Matteo Scapin è accusato di omicidio volontario per l’incidente del 4 agosto. Il Riesame: ok ai domiciliari.

L’inchiesta per la tragedia di Azzano è chiusa, Matteo Scapin attenderà l’udienza preliminare ai domiciliari con l’accusa di (duplice) omicidio volontario. L’ultimo pronunciamento è del tribunale del Riesame che ha confermato i domiciliari come misura cautelare per il 34enne accusato di aver provocato la morte di Luca Carissimi e Matteo Ferrari, nella notte del 4 agosto scorso sulla Cremasca, ad Azzano, urtando con la Mini Cooper di cui era alla guida la Vespa con a bordo i due ragazzi al termine di una serata di tensione fuori e dentro la discoteca Setai di Orio poi sfociata nel dramma.

Il Riesame era stato invitato a pronunciarsi sulla congruità delle misure cautelari dalla Cassazione che il 28 gennaio ne aveva annullato con rinvio la prima ordinanza nella parte in cui aveva disposto il carcere per Scapin. Accogliendo il ricorso dei legali Andrea Pezzotta e Riccardo Tropea nella parte relativa alle misure cautelari, la Cassazione aveva invitato il Riesame a una valutazione più puntuale sulla necessità degli arresti in carcere, mancando di «concrete e specifiche ragioni» nella prima ordinanza.

Confermati i domiciliari, ora Scapin e i suoi legali attendono la fissazione dell’udienza preliminare davanti al gup, quasi certamente dopo la fine dell’estate, dopo che nelle scorse settimane la Procura ha chiuso le indagini confermando l’ipotesi accusatoria di partenza: il dolo della condotta di Scapin.

Per il pm Raffaella Latorraca, che ha atteso la relazione finale della Scientifica di Milano sui frammenti del lunotto infranto della Mini prima di chiudere l’inchiesta, non vi sono dubbi che la manovra di speronamento della Vespa compiuta dalla Mini Cooper di Scapin, con a bordo la fidanzata, sia stata volontaria. Provocata presumibilmente dalla reazione alla rottura del lunotto della Mini avvenuta al semaforo, dopo l’ennesimo scambio verbale con i ragazzi a bordo della moto e appena prima che la Vespa voltasse a destra, col rosso, seguita dalla Mini. Nell’ipotesi accusatoria, Scapin avrebbe stretto leggermente verso destra mentre la Vespa s’immetteva sulla carreggiata, cercando il contatto forse come atto di rivalsa, senza un esplicito intento omicida ma mettendo in conto le possibili conseguenze dell’impatto: una condotta che configura il dolo eventuale.

L’ipotesi della volontarietà del contatto è sempre stata contestata da Scapin che già davanti al gip ha sostenuto di aver perso il controllo dell’auto preso dal panico dopo la rottura del lunotto, attribuibile a uno dei ragazzi a bordo della Vespa, e di non essersi reso conto delle conseguenze dell’impatto se non a distanza di due ore, una volta tornato a casa e dopo aver telefonato a un amico. Solo allora, venuto a conoscenza della tragedia, avrebbe ricostruito la dinamica dei fatti. Per i suoi legali si tratterebbe di un omicidio stradale, colposo, l’effetto tragico di un errore, non un delitto volontario. La qualificazione giuridica del reato, attorno al quale ha ruotato a gennaio anche l’incidente probatorio sulla perizia cinematica dell’esperto del tribunale, promette di essere il punto centrale del processo, a prescidere dalla scelta del rito che la difesa deciderà di fare.

Ma fin dall’inizio dell’inchiesta la natura del reato è stato terreno di confronto e scontro, a partire dalla prima ordinanza di convalida del tribunale, che aveva disposto i domiciliari per Scapin riqualificando in omicidio stradale e omissione di soccorso. L’ordinanza era stata impugnata dal pm al Riesame che ne aveva accolto l’istanza disponendo il carcere per omicidio volontario. Ritenendo tra le altre credibili le testimonianze degli amici dei due ragazzi e non attendibile la versione di Scapin.

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