«Uragano Covid» sulla sanità
Esami e visite giù del 45% in sei mesi

Da gennaio a giugno nei nostri ospedali -839 mila prestazioni rispetto al 2019. La 2 a ondata frena la ripresa.

L’uragano è arrivato due volte, in primavera e in autunno, e ha impattato pesantemente su tutto ciò che gli si poneva di fronte.

L’emergenza Covid ha stravolto la sanità in tutte le sue componenti; e se le attenzioni in questi mesi si sono concentrate prevalentemente su quel minuscolo virus e sugli enormi effetti che ha avuto, spesso in ombra è rimasto tutto lo sfaccettato prisma che completa il mondo della salute. Le prestazioni specialistiche hanno inevitabilmente subìto una significativa frenata. Proprio nel momento in cui si stava ripartendo con decisione, recuperando ciò che la prima ondata aveva congelato, il ritorno autunnale del virus ha di nuovo impattato con forza sulla routine delle strutture sanitarie.

I numeri

Oltre alle sensazioni, ci sono i numeri a fotografare il fenomeno. Nei prospetti dell’Ats di Bergamo, infatti, scorre il «rendiconto» della prima parte del 2020 e il confronto con un anno «normale» come il 2019.

Il primo semestre di quest’anno s’è chiuso infatti con un calo del 45% delle prestazioni specialistiche erogate rispetto allo stesso periodo del 2019. Dalle percentuali ai valori assoluti: vuol dire che in questi sei mesi in Bergamasca sono state erogate 838 mila prestazioni in meno del periodo gennaio-giugno 2019. Mese dopo mese, si coglie la portata del terremoto-Covid, ma anche il tentativo di ripartenza. Se già a gennaio comunque vi era stata una frenata nelle prestazioni (-11%) evidentemente comunque slegata dal coronavirus, a febbraio il calo è arrivato al 14%, per poi lasciare spazio a una flessione più decisa: -69% a marzo, -79% ad aprile. Poi, appunto, la ripresa: timida a maggio, con un -63%, e più decisa a giugno, quando il gap è stato «solo» del 39%.

Passo indietro nelle carte

Già dal 24 febbraio, all’alba dell’emergenza, dalla Regione era arrivata l’indicazione per sospendere i ricoveri ad eccezione di quelli legati all’urgenza, all’oncologia e alla cardiologia. Una successiva delibera regionale dell’8 marzo, più ampia e decisa, aveva poi ridisegnato l’attività degli ospedali, individuando gli «hub» in cui concentrare le attività delle reti tempo dipendenti (infarti, ictus, chirurgia vascolare, dunque sostanzialmente le emergenze in cui ci si gioca la vita) e delle «patologie le cui cure non possono essere procrastinate», sospendendo invece le prestazioni ambulatoriali pur garantendo comunque ciò che non poteva essere interrotto (chemioterapia, radioterapia e dialisi, per esempio).

Dal 14 maggio, invece, era iniziata la progressiva ripresa dell’attività ordinaria. Ovviamente però l’attività non s’è mai azzerata, perché i numeri sono comunque importanti, con più di un milione di prestazioni offerte nel semestre segnato dal Covid: vuol dire che in ogni caso anche a marzo e aprile quotidianamente sono state garantite alcune migliaia di visite. All’interno delle varie branche specialistiche, l’andamento è diversificato: quelle dove la contrazione è stata maggiore sono la medicina fisica e di riabilitazione (-60%) e l’odontostomatologia (-60%), mentre la nefrologia ha contenuto decisamente la riduzione, rimanendo quasi invariata (-3%); le attività specialistiche legate all’oncologia hanno invece avuto un calo del 41%.

L’attività degli ambulatori

Il focus si può posare anche sull’ambito ambulatoriale. Nel primo semestre 2020 sono state sospese 188.670 prestazioni, di cui 127.681 (il 68%) riprogrammate per i mesi successivi.

In ambito pubblico, cioè nelle tre Asst, dove il volume è più elevato, le prestazioni sospese sono state 71.723, di cui 35.712 (il 50%) ad agosto risultavano riprogrammate. Prima della recrudescenza del Covid, Ats stimava che il «Papa Giovanni XXIII» chiudesse il 2020 con una «produzione» delle prestazioni ambulatoriali del 70% rispetto all’intero 2019 (quindi con un calo del 30%), l’Asst Bergamo Ovest con una produzione dell’80% sull’anno precedente (dunque calo del 20%), l’Asst Bergamo Est con una produzione del 55% sul 2019 (cioè calo del 45%).

Nel privato accreditato, sono state 103.569 le prestazioni ambulatoriali sospese nel primo semestre, e 79.745 (il 77%) aveva trovato riprogrammazione (sempre secondo il prospetto di agosto): qui, invece, la proiezione per fine 2020 – sempre elaborata prima del ritorno autunnale del virus – vedeva livelli molto simili al 2019. Poi è arrivata la seconda ondata. Il 23 ottobre, con una nota, la Regione aveva sospeso l’attività di ricovero programmato negli ospedali non hub (in Bergamasca, solo il «Papa Giovanni» è hub Covid), non sospendendo invece l’attività ambulatoriale. Di settimana in settimana, l’approntamento di nuovi posti letto (e di risorse umane) per i reparti Covid, con la riconversione di reparti ordinari, ha ovviamente inciso significativamente sulla routine degli ospedali. Di nuovo.

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