Blocco dei trasporti eccezionali: «L’industria rischia il fermo»

Le imprese chiedono la revisione delle regole sui carichi previste dal nuovo codice della strada. Gruppo Marcegaglia: perdiamo competitività.

Blocco dei trasporti eccezionali a partire dalla mezzanotte. Le imprese di autotrasporti hanno infatti deciso di tenere fermi i mezzi sui piazzali, in attesa di rassicurazioni da parte del governo e di un tavolo di confronto per chiarire le modifiche apportate all’articolo 10 del nuovo Codice della strada approvato lo scorso 10 novembre. Il nuovo testo prevede infatti che i trasporti eccezionali abbiano un limite di 86 tonnellate lorde, contro le 108 tonnellate autorizzate precedentemente. Ma anche il pezzo trasportato dovrà essere unico e indivisibile. Tradotto: se fino a settimana scorsa le ditte di autotrasporti effettuavano un unico trasporto con a bordo tre coils (enormi bobine in ferro o acciaio), oggi ne possono portare una alla volta, con inevitabili conseguenze anche per quanto riguarda il reperimento dei mezzi e la disponibilità degli autisti. L’allarme viene lanciato dalle aziende di trasporto, ma anche dai produttori, a partire dal gruppo Marcegaglia, leader mondiale nella trasformazione dell’acciaio con 5,7 milioni di tonnellate lavorate ogni anno per un fatturato di 5,5 miliardi di euro.

«Per la nostra realtà è fondamentale l’utilizzo dei trasporti eccezionali – afferma Luciano Villa, direttore della logistica del gruppo Marcegaglia -. Per la tipologia di materiale che produciamo, abbiamo bisogno di ottimizzare la logistica, sia per essere competitivi sia per ridurre il numero di mezzi in circolazione. A tal proposito sfruttiamo molto anche il trasporto ferroviario, che parte dal nostro stabilimento principale di Ravenna. Ridurre la portata lorda a 86 tonnellate, significa avere più camion sulle strade, in un momento delicato, nel quale mezzi e autisti sono carenti. Il fermo dei trasportatori rischia di bloccare la nostra attività siderurgica al pari di quella di nostri colleghi e di molti altri settori, tenendo presente che abbiamo un’autonomia di pochi giorni. Il rischio concreto è il fermo delle linee produttive, che lavorano a ciclo continuo per 365 giorni all’anno, fenomeno che a cascata ricadrebbe sugli altri stabilimenti, sull’indotto e sull’occupazione. Siamo peraltro in un momento di grande lavoro e serviamo gran parte del materiale utilizzato per le costruzioni, le opere di carpenteria e in tutti i settori industriali».

Le associazioni di categoria chiedono interventi urgenti per non penalizzare le aziende. «È un momento particolare di rilancio del Paese e non ci possiamo permettere che si blocchi tutto per una normativa introdotta senza sedersi al tavolo con le associazioni di categoria – commenta Doriano Bendotti, segretario provinciale della Fai di Bergamo -. Le aziende sinora hanno rispettato le norme vigenti, partendo dall’attenzione alla sicurezza. L’obiettivo consiste ora nel trovare il giusto compromesso, per non ritrovarci con i camion fermi sui piazzali. Da domani la protesta rischia infatti di allargarsi a tutte le realtà coinvolte nei trasporti eccezionali. Bisogna sospendere l’immediata applicazione di questa norma – conclude Bendotti -. Il rischio concreto è il fermo delle acciaierie, che producono la materia prima indispensabile per la ripresa. Siamo disponibili a sederci ad un tavolo di confronto per trovare una soluzione, mettendo al primo posto la sicurezza, ma senza dimenticare gli sforzi e gli investimenti importanti che hanno fatto le imprese per acquistare mezzi che trasportano un determinato tonnellaggio».

Anche i trasportatori aderenti a Fite sospenderanno il servizio «sino alla convocazione di un tavolo tecnico dove vengano rappresentati tutti gli attori della filiera».

In Italia ci sono circa 600 mezzi eccezionali che da lunedì rischiano di rimanere bloccati, dei quali un 10% si trovano in Bergamasca.

«Calcolando che i mezzi più performanti trasportano tre bobine in acciaio, il fermo comporterebbe la messa in strada di 1800 mezzi più piccoli, introvabili come gli autisti. – commenta Fausto Nicoli della Nicoli Trasporti e Spedizioni Spa di Albino, che conta 250 mezzi con 500 semirimorchi -. In attesa di un chiarimento, dobbiamo tenere i camion fermi. Con la legge esistente abbiamo investito su mezzi ad otto assi che hanno un costo superiore ai 300 mila euro e oggi non hanno più alcun valore. La beffa è che per ottenere le autorizzazioni al trasporto eccezionale paghiamo fino a 15 mila euro per ogni camion. Speriamo di trovare presto una soluzione, nell’interesse di tutta l’economia italiana».

Il problema rischia di ripercuotersi a brevissimo su tutta la filiera industriale. «Temo che anche questo si traduca in un aumento del costo della materia prima – fa notare Alessandro Limonta della Otim di Pedrengo, specializzata in tranciatura, imbutitura e stampaggio di metalli -. Da un paio di anni fissavamo il costo e il quantitativo di acciaio per tutto l’anno, poi ci veniva fornito in diverse tranche. Da gennaio ad oggi il costo a tonnellata è più che raddoppiato e da quello che mi dicono i fornitori, rischiamo di subire ulteriori rincari. Senza materia prima si blocca tutto il lavoro, in un momento favorevole come numero di ordini. Speriamo dunque che trovino una soluzione il più presto possibile, per evitare di aggiungere altre difficoltà e ritardi nelle consegne».

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