Commercio, crollo nell’hinterland e nelle valli: «Un 2022 terribile» - I dati

Tendenza. In un anno boom chiusure: +44%. Per le realtà di elettronica rischio improvvisazione e alto turn over. Fusini (Ascom): «Pesano i rincari e la voglia di cambiare».

In caduta libera. Il commercio è la grande vittima di questi mesi, con attività che aprono per chiudere solo pochi mesi dopo; vecchie gestioni che si arrendono sotto il peso non solo degli anni, ma delle bollette di luce e gas e di affitti troppo onerosi e un ricambio generazionale che spesso non garantisce più la continuità, anche per le attività storiche. Così si spiega il profondo rosso del settore evidenziato dai dati Ascom Bergamo (che rispetto agli aggregati del Registro Imprese non conteggiano il turismo). Le aperture complessive nel 2022 sono state 1.203; le chiusure 1.650, con un saldo negativo record di -447 imprese : -1,95% rispetto al totale di 23mila aziende. Nel 2021 le iscrizioni furono 1.307 (-8%) ma soprattutto le cessazioni furono «solo» 1.140, rispetto alle 1.650, con un balzo impressionante di +44,7%.

Impennata di chiusure soprattutto dell’hinterland, con un saldo aperture-chiusure negativo che tocca quasi quota cento (92 per la precisione) in un anno con ben 361 chiusure

Nelle maglie delle chiusure finiscono un po’ tutti i settori, dagli ambulanti, alle attività di somministrazione, anche se Ascom spiega che ci sono alcuni target, come i negozi di commercio elettronico, dove il turn over dopo il Covid si è fatto spinto, «col rischio che l’improvvisazione prenda il sopravvento e che i mancati profitti costringano i titolari a chiusure repentine: segno di una debolezza e di una mancanza di preparazione adeguata». Altra categoria da anni molto sotto pressione resta quella degli agenti di commercio, oltre alla vasta nebulosa del non alimentare.

Interessante poi anche la ripartizione geografica delle chiusure, che vede un’impennata soprattutto dell’hinterland, con un saldo aperture-chiusure negativo che tocca quasi quota cento (92 per la precisione) in un anno con ben 361 chiusure. In una zona fortemente presidiata dai grandi centri commerciali, le piccole e medie attività facevano fatica già in condizioni normali: ora il ciclone Covid e i rincari in bolletta hanno fiaccato la resistenza di tanti esercizi.

Paradossalmente la città, che ha dovuto affrontare anch’essa una marea di chiusure (299), si salva perché può tradizionalmente contare su un turn over più alto

Ancora più penalizzate le zone di montagna, perché in questo caso spesso si tratta di presidii in piccoli paesi che non vengono più sostituiti: ecco perché il saldo negativo (-85) nel 2022 in Valle Seriana e di Scalve con 195 chiusure complessive, pesa ancor di più di quelle in pianura, così come quello (-52) in Val Cavallina con 124 chiusure, mentre le cessazioni in Val Brembana sono più modeste, 81, con un saldo di poco negativo (-23).

Paradossalmente la città, che ha dovuto affrontare anch’essa una marea di chiusure (299), si salva perché può tradizionalmente contare su un turn over più alto (il dato delle aperture è sicuramente alto: 223) che portano a un saldo comunque sempre negativo (-76). Anche nella Bassa, il saldo è basso (-48). «Purtroppo confermo che il numero delle chiusure 2022 fa segnare un record negativo - ammette il direttore di Ascom Bergamo Oscar Fusini -.È stato un anno terribile, perché non solo il numero di chiusure è senza precedenti, ma anche le aperture sono in calo».

«Dopo la pandemia c’è un forte desiderio di cambiare lavoro e intraprendere nuove esperienze, per cui c’è chi chiude la propria impresa per avviare nuove attività più consone al proprio stile di vita»

Oltre a sottolineare le difficoltà legate alla crisi dei consumi e alla spesa energetica che portano alla chiusura di attività, Fusini evidenzia un nuovo elemento che tocca il mercato del lavoro: «Il fenomeno delle “grandi dimissioni” - spiega - che è trasversale a tutti i settori produttivi. Dopo la pandemia c’è un forte desiderio di cambiare lavoro e intraprendere nuove esperienze, per cui c’è chi chiude la propria impresa per avviare nuove attività più consone al proprio stile di vita. Infatti le chiusure avvengono in zone in cui è più facile trovare altri impieghi, come la città, l’hinterland e la Bassa».

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