Crisi e rischio di povertà in Italia
Le pensioni tengono meglio degli stipendi

Dal 2008 il rischio di povertà in Italia rispetto alla media Ue è cresciuto più per i lavoratori attivi che per i ritirati.

I pensionati italiani hanno un tasso di rischio di povertà inferiore alla media europea, mentre i lavoratori nel nostro Paese rischiano di essere più in difficoltà rispetto a quanto siano in media gli occupati nell’Ue.

Nel 2017 – secondo Eurostat – i pensionati italiani hanno registrato un tasso di rischio di povertà del 12,7% a fronte del 14,2% medio Ue. Nello stesso anno gli occupati over 18 hanno registrato un tasso di rischio del 12,2% a fronte del 9,5% medio in Ue. Ma se per i pensionati la situazione è migliorata rispetto all’inizio della crisi (dal 15% del 2008 al 12,7% dell’ultimo anno disponibile), per i lavoratori è peggiorata passando dal 9% del 2008 al 12,2% del 2017. Solo rispetto al 2016 (11,7%) il tasso è aumentato di 0,5 punti.

Per il rischio di povertà viene usato come limite il 60% del reddito disponibile mediano. In Germania i pensionati hanno un rischio di povertà del 17,5% a fronte del 9,1% per i lavoratori, mentre nel nostro Paese il tasso di rischio è sostanzialmente simile per gli occupati e per i ritirati dal lavoro. I dipendenti in Italia hanno un rischio ridotto rispetto alla totalità degli occupati, per i lavoratori indipendenti il rischio di povertà è quasi doppio con il 18,8%.

In pratica i redditi da pensione hanno tutelato meglio del lavoro rispetto alla povertà in questi dieci anni di crisi, ma all’interno del lavoro hanno resistito meglio i dipendenti degli autonomi.

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