Crollano i risparmi delle famiglie, ai minimi dal 1995

I CONTI. Gli italiani chiudono il 2023 con il livello più basso di sempre della propria capacità di risparmiare, peggio anche del 2012 della crisi del debito.

E con un potere d’acquisto in calo per il secondo anno consecutivo, frutto di un’inflazione che è corsa molto più dei redditi e di un fisco che ha continuato a colpire duro le famiglie. La fotografia dell’Istat sui conti nazionali dello scorso anno tratteggia un’Italia a due velocità nell’uscita dalla doppia crisi pandemia-guerra in Ucraina. Con le famiglie davanti alla stretta alle misure di sostegno contro il caro-energia e al reddito di cittadinanza.E le imprese che, complessivamente, pur con utili in miglioramento, secondo le tabelle dell’Istat hanno continuato a registrare aiuti consistenti sia dalla pubblica amministrazione che dall’Europa: 55,2 miliardi i contributi pubblici nel 2023 (23,8 miliardi per la produzione, che includono i crediti d’imposta per le spese energetiche, 31,4 miliardi per gli investimenti), in calo dai quasi 58 miliardi del 2022 ma su livelli sconosciuti negli anni pre-pandemia, quando si viaggiava sotto i 20 miliardi l’anno. Sullo sfondo c’è un’inflazione cumulata che, nel giro di un biennio, fra il +5,7% di aumento dei prezzi nel 2023 e l’8,1% del 2022, ha tolto alle famiglie molto più di quanto gli aumenti salariali siano riusciti a restituire: alcuni economisti stimano un aumento cumulato dei prezzi del 18%. Il risultato è che nel 2023 il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 4,7%, ma al netto dell’inflazione il potere d’acquisto si è ridotto dello 0,5%. La spesa per consumi finali è cresciuta del 6,5% (in valore, gonfiata quindi dai prezzi) ma le famiglie hanno dovuto mettere da parte di meno: la propensione al risparmio delle famiglie cala al 6,3% dal 7,8% del 2022, toccando il minimo dal 1995, inizio del periodo di riferimento dei conti, e facendo peggio persino del 6,7% del 2012, l’anno dei provvedimenti duri, anche sul fronte fiscale, per far scendere lo spread. Segnali positivi si vedono nell’ultimo trimestre 2023, quando la propensione al risparmio è risalita al 7%. Certo c’è l’effetto post-pandemico, con tanti che sono tornati a spendere. Ma c’è anche la scure del fisco sul 2023. Le imposte correnti pagate dalle famiglie italiane sono aumentate di 24,6 miliardi di euro (+10,7% rispetto al 2022), con un +10,2% per l’Irpef e un +23% per le ritenute sui redditi da capitale e sul risparmio gestito. «Il saldo degli interventi redistributivi nel 2023 - spiega l’Istat - ha sottratto alle famiglie 118,8 miliardi di euro», 16,5 in più rispetto al 2022. Per le imprese, le imposte sulla produzione segnano un aumento di 2,2 miliardi di euro (+7,5%).

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