Gli algoritmi entrano in cantina: l’«occhio» di Orobix seleziona l’uva

Innovazione. L’applicazione made in Bergamo è stata usata in tre grandi aziende vitivinicole della Franciacorta e del Trentino.

Gli algoritmi entrano in cantina. Finora la cernita dell’uva dopo la vendemmia era affidata all’occhio attento dell’uomo, ora invece la bergamasca Orobix, specializzata in soluzioni di intelligenza artificiale per il manifatturiero, ha messo a punto un sistema che riesce a riconoscere le difettosità dell’uva vendemmiata prima che i grappoli vengano pigiati. «La nostra applicazione - racconta Manuela Bazzana, responsabile marketing di Orobix - riesce a rilevare danni dovuti a grandine o pioggia, la presenza di marciume, ma anche di rami, foglie o insetti attraverso le immagini provenienti da telecamere smart installate all’ingresso della zona di conferimento dell’uva. In questo modo non solo si può migliorare la qualità del prodotto finale, ma si possono acquisire dati per la completa tracciabilità del prodotto».

Il sistema prevede un processo di deep learning, cioè di apprendimento profondo, per affinare sempre più la capacità dell’applicazione di riconoscere la qualità dell’uva. Tutto in pochissimo tempo: bastano appena trenta minuti. «Gli enologi ci hanno istruiti sulle difettosità dell’uva - aggiunge Bazzana - e noi abbiamo a nostra volta allenato gli algoritmi a decifrare le immagini. Le macchine non rubano lavoro all’uomo, semmai lo aiutano: in questo modo, infatti, si possono indirizzare in modo più puntuale le scelte tecniche per le fasi successive, per esempio tarando in un certo modo la pressatura». Il lavoro si concentra in appena un mese, fra metà agosto e metà settembre, e non tutte le annate presentano le stesse difettosità, perciò bisognerà lavorare su più anni per potere ottenere analisi sempre più dettagliate.

L’applicazione di Orobix è stata usata in tre grandi cantine della Franciacorta e del Trentino, una delle quali ha voluto estendere l’impiego dell’intelligenza artificiale al vigneto. «Stiamo testando un sistema non invasivo che permette di acquisire immagini a bordo dei mezzi agricoli che lavorano tra i filari per poi analizzarle con l’intelligenza artificiale - spiega Bazzana -. Le informazioni ottenute si integrano con il sistema di gestione dei dati agronomici già presente in azienda, in modo da poter valutare la qualità dell’uva e le sue caratteristiche già in fase di crescita e maturazione».

Se necessario, si possono così apportare correttivi direttamente in campo, anziché in cantina. «Fare prevenzione significa massimizzare la resa dei vigneti, ottenere un prodotto qualitativamente migliore - specifica Bazzana - ma anche ottimizzare l’impiego di acqua e fertilizzanti per ridurre l’impatto ambientale delle coltivazioni, creando un circolo virtuoso nel quale innovazione tecnologica e sostenibilità vanno a braccetto».

L’obiettivo di Orobix è mettere a punto il sistema per la vendemmia 2023. Nel frattempo l’azienda di via Camozzi sta lavorando ad analoghe soluzioni di intelligenza artificiale sia per l’analisi della qualità delle mele, sia per monitorare e ottimizzare le coltivazioni in serra idroponica. La prima è stata proposta a un consorzio di oltre quattromila produttori e permette, sempre attraverso l’acquisizione di immagini, di valutare le mele per decidere se stoccarle per una conservazione breve, media o lunga. La seconda, invece, mira a raccogliere dati utili per dosare al meglio acqua, fertilizzanti e nutrienti in base alle condizioni delle piante e al microclima interno alla serra. Orobix è tra i pionieri dello «smart farming». Fondata nel 2009 dall’ingegnere gestionale Pietro Rota e dall’ingegnere biomedico Luca Antiga, oggi conta 45 dipendenti e ha chiuso il 2022 con oltre 2,6 milioni di fatturato, con un incremento del 45% rispetto all’anno precedente.

© RIPRODUZIONE RISERVATA