Il freddo orobico per i Giochi olimpici. Da Urgnano ghiaccio per la pista da bob
INNOVAZIONE. La Longofrigo ha realizzato il sistema di refrigerazione del tracciato di Cortina. «Usiamo il glicole: non è pericoloso, né inquinante». Commessa che vale la metà del fatturato.
Sotto i pattini dei bob e degli slittini che da febbraio sfrecceranno a 130 all’ora lungo le curve di Cortina, il ghiaccio avrà una solidità bergamasca. La garanzia che i pattini scorrano lisci porta, infatti, la firma della Longofrigo di Urgnano, azienda che ha riscritto gli standard olimpici mandando in pensione l’ammoniaca. È una primizia nella storia dei Giochi: il «budello» ampezzano sarà la prima pista al mondo costruita ex novo con un sistema di refrigerazione a glicole, abbandonando il composto di azoto. «In caso di perdite o rotture, il glicole non è né pericoloso, né inquinante», spiega Casimiro Longo, energico 85enne proprietario della Longofrigo insieme al fratello Francesco.
«L’abbiamo testata a fine aprile e a novembre ha già ospitato i mondiali di bob, funzionando perfettamente»
I 1.730 metri di tracciato, scanditi da 16 curve, sono stati descritti dall’ex presidente del Veneto, Luca Zaia, come «una sfida che in molti dicevano impossibile». Realizzata in un anno di cantiere, l’opera ha visto protagonista per sei mesi l’azienda bergamasca, forte dell’esperienza maturata già con la pista di Torino 2006. «Il cuore del sistema è una centrale di 30 metri per 10 — spiega — dove quattro gruppi frigoriferi da 5mila kilowatt l’uno spingono il glicole a meno 20 gradi lungo chilometri di serpentine annegate nel cemento». Un reticolo invisibile pompato per un dislivello di oltre 100 metri, capace di garantire un ghiaccio perfetto a meno 10 gradi, anche quando l’aria esterna tocca fino a 20 gradi sopra lo zero. Il collaudo è stato un successo: «L’abbiamo testata a fine aprile e a novembre ha già ospitato i mondiali di bob, funzionando perfettamente», ricorda Longo. L’azienda bergamasca ha gestito tutto, dallo studio del progetto all’installazione, mobilitando una squadra di oltre 30 artigiani di fiducia tra elettricisti, tubisti e coibentatori. Ma in sei mesi di lavori, il team ha visto crescere l’attesa per i Giochi e, soprattutto, i listini dei prezzi. «Una camera d’albergo a novembre costava già il doppio rispetto a gennaio — racconta Longo —. Per febbraio, mese delle gare, è tutto esaurito o inaccessibile. Per essere presenti in caso di manutenzioni abbiamo dovuto affittare un appartamento, meglio non dire a che cifra».
Niente hockey
Una presenza necessaria, quella in loco durante le Olimpiadi, per una commessa da 3,5 milioni di euro che da sola vale metà del fatturato annuo. Eppure, se Cortina è il fiore all’occhiello di un portfolio che conta anche 30 palazzetti del ghiaccio da Schilpario all’Azerbaijan, da Bergamo all’Ecuador, su Milano, Longo ha preferito passare la mano. Niente appalto per il palazzetto dell’hockey olimpico: «È un campo rimovibile, non fisso. Tra macchine rasaghiaccio e le pretese altissime degli atleti, si rischiano solo problemi», è la sentenza. Le Olimpiadi rappresentano la vetrina mediatica, ma il core business della Longofrigo affonda le radici nel settore agroalimentare, dove l’azienda vanta collaborazioni con giganti come Melinda, cantine del calibro di Berlucchi e Santero, e industrie chimico-farmaceutiche.
Le celle nella roccia
Fondata nel 1977 da Paolo Longo, padre di Casimiro e Francesco, l’azienda vede anche la presenza del giovane Paolo, omonimo del nonno. Particolarmente affascinante è il progetto delle celle ipogee in Val di Non, un unicum mondiale di cui Longo va fiero: «Abbiamo realizzato quattro lotti di celle frigorifere direttamente nella roccia, dentro gallerie un tempo scavate per il cemento». Nelle viscere della montagna, dove il termometro segna nove gradi costanti, la tecnologia Longofrigo porta il termometro a zero. Circostanza che, combinata con l’ossigeno ridotto all’1-2%, manda le mele in una sorta di letargo, consentendone la conservazione senza l’impiego della chimica. «In ogni lotto ci possono stare 10mila quintali di mele, è spettacolare, vengono da tutta Europa per vederle».
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