«Insalate in busta, costi di produzione alle stelle: le aziende allo stremo»

Agricoltura. Giavazzi (Confagricoltura): serve aiuto. «La grande distribuzione paghi di più i prodotti». In Bergamasca un comparto che conta 800 imprese.

«La IV gamma è nata qui, nella Bergamasca, ed è diventata un polo decisamente importante, con 800 aziende che lavorano nel comparto, che provvedono ad imbustare circa il 70% di quanto prodotto in agricoltura». Renato Giavazzi, presidente di Confagricoltura Bergamo e titolare dell’azienda agricola Geac, ricorda che proprio nella nostra provincia hanno avuto origine i prodotti ortofrutticoli definiti di IV gamma - frutta, verdura e, in generale, ortaggi freschi, a elevato contenuto di servizio - confezionati e pronti per il consumo.

Nel corso del convegno dedicato all’incontro tra i distretti campano e lombardo (i più sviluppati) di questo settore e la grande distribuzione, svoltosi ieri alla Fiera di Treviglio e organizzato da Foragri, l’imprenditore snocciola anche alcuni dati: «Nella Bergamasca abbiamo saputo diversificare le produzioni. Anche se, in 20 anni, abbiamo perso il 30% di fatturato per ettaro (sono circa 1.400 quelli dedicati). E per l’insalata in busta viene corrisposto un prezzo inferiore del 10% rispetto a diversi anni fa (attualmente attorno a 1,15-1,2 euro per busta)».

Investimenti per l’alta qualità

E quali sono le ragioni? «Per raggiungere un livello di qualità elevatissimo, abbiamo dovuto investire enormemente in strutture e macchinari - alcuni costano come una Porsche o una Bentley - per restare nel comparto di IV gamma, altrimenti saremmo stati espulsi. L’esplosione dei costi delle materie prime e dell’energia ha poi determinato una situazione da «scacco matto» per la maggior parte delle imprese agricole. Certamente l’innovazione e l’ammodernamento sono necessari, ma in presenza di forti perdite di marginalità bisogna trovare delle soluzioni, altrimenti le aziende non ce la fanno». Se all’incremento dei costi di aggiungono poi gli effetti degli eventi dell’instabilità climatica, le assicurazioni che alzano le franchigie, la necessità («giusta») di puntare alla residualità zero da fitofarmaci, il quadro che ne esce è decisamente desolante. Per Giavazzi è necessario intavolare un confronto con la grande distribuzione, che «deve avere il coraggio di aumentare i prezzi corrisposti ai produttori».

Aumento dei costi di produzione (più 32% in generale; più 47% per i fertilizzanti, più 100% per l’energia), riduzione delle rese di campo, eventi meteo, prezzi del venduto riconosciuti dalla grande distribuzione in diminuzione dell’11% sono le criticità sottolineate anche da Massimo Salvà, agronomo della provincia di Brescia. Se a ciò si aggiungono «la normativa europea più restrittiva che riduce le possibilità di interventi con mezzi tecnici per la difesa, la scarsa marginalità economica, la difficoltà di reperimento della manodopera, gli alti costi di ammodernamento delle strutture», ce n’è d’avanzo perché ipotizzare, per qualcuno, la riduzione o la rinuncia alle coltivazioni in determinati periodi dell’anno.

Comparto che vale 1 miliardo

Le strategie da porre in atto per fronteggiare la situazione, per Salvà, passano attraverso «il riconoscimento di una giusta politica dei prezzi a tutti gli attori coinvolti nella filiera, una maggiore collaborazione tra i produttori, maggiore visibilità dei prodotti di IV gamma, che puntano a freschezza e qualità». Tempi non facili, insomma, per questo comparto, che vale circa 1 miliardo di fatturato annuo e che è cresciuto del 6,3% in valore nel 2021, rispetto al 2020.

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