Lavoro, nel 2023 record di stabilizzazioni: 18.917

OSSERVATORIO. È il dato più alto degli ultimi 6 anni: le aziende corrono ai ripari per trattenere i lavoratori. Le assunzioni superano le 128 mila unità, in calo del 3,5% rispetto al 2022. Il picco nel commercio e nei servizi.

Ci voleva la difficoltà a reperire personale per far schizzare - per il secondo anno consecutivo - il numero delle stabilizzazioni, ovvero il passaggio da contratti a termine al cosiddetto posto fisso. L’anno scorso, le stabilizzazioni hanno registrato il numero più alto degli ultimi sei anni, raggiungendo le 18.917 unità. Un incremento consistente era già avvenuto nel 2022, quando si erano attestate a 18.188, cifra ragguardevole rispetto alle 13.122 stabilizzazioni del 2018, mentre già nel 2019 avevano superato le 17 mila unità.

È uno degli aspetti che emerge dal report dell’Osservatorio del lavoro della Provincia di Bergamo riferito al 2023. Quella che per via Tasso è «una tendenza generalizzata a tutti i comparti», in larga misura si spiega con il «labour hoarding», ovvero la scelta delle aziende di accaparrarsi lavoratori - un contratto a tempo indeterminato fa gola - in un contesto di «crescente difficoltà nel reperimento o nel trattenimento di diverse figure professionali». Che tocca in particolare commercio e servizi turistici, ma anche la manifattura e quindi gli operai specializzati tanto quanto gli impiegati. Anche le stabilizzazioni risentono del «gender gap», perché riguardano perlopiù personale maschile.

«L’occupazione cresce per il terzo anno consecutivo»

Da qui a dire che questi numeri spazzano via il precariato ce ne passa, perché comunque il ricorso ai contratti a termine non accenna a frenare. Ma partiamo da un dato: «L’occupazione nella nostra provincia cresce per il terzo anno consecutivo», come sottolinea il presidente della Provincia, Pasquale Gandolfi. Nel 2023 le assunzioni - dopo il boom del 2022 - segnano una piccola battuta d’arresto. Superano abbondantemente le 128 mila unità, in calo del 3,5% a confronto con i dati del 2022. Niente che intacchi il saldo tra assunzioni e cessazioni (a quota 122.084) che si mantiene in territorio positivo per 6.488 posizioni, un migliaio in meno rispetto ai risultati del 2022.

Per quanto riguarda le tipologie di contratti, i nuovi ingressi a tempo indeterminato rimangono - pressoché stabili - sotto la soglia delle 30 mila unità (29.022 per la precisione). Diminuiscono nell’apprendistato (7.501, in calo di quasi il 7% rispetto al 2022), ma per effetto del passaggio di 3.453 posizioni a tempo indeterminato. Segno meno anche per i contratti a tempo determinato (60.620, pari a meno 2,5%) e per la somministrazione (31.429, meno 7,3%), dopo tre anni di crescita e un picco nel 2021.

Commercio e servizi

Il settore che più attira lavoratori è il terziario: il saldo annuale del commercio e servizi (4.912 nel 2023) supera di un migliaio di posizioni il risultato già molto positivo del 2022 (3.975). Le costruzioni proseguono un’espansione occupazionale ininterrotta da almeno sei anni: il risultato dell’anno scorso (1.029) è pressoché invariato rispetto al 2022 e inferiore solo ai livelli del 2019-2021. Mentre l’industria è in progressivo rallentamento (saldo di 547 posizioni nel 2023) rispetto al 2022 (2.468) e al 2021 (4.232).

Per quanto si mantenga alto il numero di proroghe dei contratti a termine (oltre 100 mila all’anno), nel 2023 è diminuito (meno 7,3%), tranne che nel lavoro intermittente utilizzato da commercio e ristorazione.

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