L’effetto Covid sul mercato del lavoro
Nella Bergamasca persi 10 mila posti

Anche a giugno calo del 9,9% degli avviamenti. Tiene l’industria, migliora l’edilizia, male il commercio. Industriali: preoccupati per i ritorni dei focolai all’estero.

Sono oltre 10 mila le posizioni lavorative perse tra marzo e giugno di quest’anno. Ad essere più colpiti sono commercio e servizi, in particolare per le attività legate al turismo. Tiene l’industria, dove il calo ha fortunatamente subito una frenata, mentre migliora la situazione nell’edilizia e nel comparto agricolo. E’ la fotografia dell’Osservatorio della Provincia sull’occupazione, che mette in primo piano il saldo negativo fra avviamenti e cessazioni dei rapporti di lavoro amplificato dall’emergenza sanitaria e dalle misure di contenimento adottate a partire dal mese di marzo.

Il picco negativo degli avviamenti si è avuto ad aprile (-68,1% tendenziale), mentre la flessione si è attenuata a maggio (-41,6%) e ancor più a giugno (-20,9%) grazie alla progressiva riapertura delle attività. Ma il saldo è comunque negativo: a giugno le nuove assunzioni sono state 10.006, 2.643 in meno rispetto a giugno 2019, e le cessazioni hanno raggiunto quota 14.499 (1.601 in meno rispetto a un anno fa) con un calo tendenziale del 9,9%.

Se su base annua il saldo a fine giugno è -7.756 (-6.500 se si si escludono forme contrattuali non assimilabili al lavoro dipendente), quello mensile di giugno è di -4.493 posizioni lavorative (a giugno 2019 eravamo a -3.451), ma in quest’ultimo caso giocano le cessazioni dei rapporti a tempo determinato nel mondo della scuola, che di solito vengono compensate dalle necessarie nuove assunzioni a settembre.

Mettendo sotto la lente il periodo fra marzo e giugno, in piena pandemia ci sono state 29.268 assunzioni (-40% sul corrispondente periodo del 2019) e 40.018 cessazioni (-17,3%) con un saldo complessivo di -10.750: una cifra negativa esorbitante rispetto al + 414 registrato fra marzo e giugno 2019.

«Purtroppo il lockdown ha pesato molto - commenta Agostino Piccinali, vicepresidente di Confindustria Bergamo con delega a Lavoro e Relazioni industriali - e l’incertezza di questo periodo ha creato difficoltà nella riconferma dei rapporti a tempo determinato. Peraltro, in una provincia che esporta molto i ritorni di focolai Covid all’estero non aiutano. Vero è che c’è variabilità fra i settori, perché qualche comparto sembra agganciare una seppur debole ripresa, per esempio la meccatronica. Certo è che se non ci fossero stati cassa integrazione e blocco dei licenziamenti lo scenario sarebbe stato ancor più negativo. E da parte del governo servirebbe maggiore rapidità tra le dichiarazioni d’intenti e la loro concretizzazione: per esempio, che fine ha fatto il piano Colao?».

Anche i sindacati insistono sul ruolo decisivo giocato dal blocco dei licenziamenti de dall’utilizzo degli ammortizzatori sociali. «È fondamentale una loro proroga fino a dicembre 2020 - rimarca il segretario provinciale Cisl Danilo Mazzola -. Bisogna far partire politiche attive che valorizzino l’occupazione e incentivino la creazione di nuovo lavoro, accompagnate dal finanziamento di importanti investimenti, mediante il corretto utilizzo dei fondi europei, necessari a rilanciare la domanda interna, visto che in questi mesi l’export ha segnato diminuzioni importanti. Il lavoro rappresenta una parte importante nella vita delle persone: dopo il dramma sanitario vissuto nei mesi scorsi, Bergamo non si può permettere in autunno un dramma sociale con migliaia di persone coinvolte».

Un autunno caldo è anche la preoccupazione di Angelo Nozza, segretario provinciale di Uil Bergamo: «Temo che questi dati a settembre peggioreranno ulteriormente - sostiene - perché è prevedibile un calo della produzione industriale: dalla ripresa, infatti, si è lavorato soprattutto su ordini pregressi».

Anche per Orazio Amboni, segretario Cgil Bergamo con delega a Welfare e Mercato del lavoro, le cose andrebbero ancora peggio se non ci fosse il blocco dei licenziamenti: «Siamo molto preoccupati per quello che avverrà quando il blocco verrà tolto. Bisogna prevedere da subito progetti formativi per favorire la ricollocazione di chi perderà il lavoro: il periodo di cassa integrazione deve essere sfruttato per questo».

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