Per RadiciGroup un’acquisizione in India. «Un 2022 stressante, pesa il costo del gas»

Scenario Nel 2021 numeri migliori del pre Covid, fatturato a 1,5 miliardi ma c’è l’effetto «aumento dei prezzi». Il presidente Angelo Radici: risultati molto difficili da ripetere, impossibili le previsioni per l’anno in corso.

Per RadiciGroup un 2021 con numeri pre Covid «buoni, sicuramente molto difficili da ripetere quest’anno». Un 2022 «stressante, di grande preoccupazione con previsioni molto difficili da fare» che tuttavia ha visto in questi giorni l’acquisizione di un’azienda in India, specializzata nella produzione di tecnopolimeri, per un investimento di circa 35 milioni. A tracciare le linee di azione in cui si muove la multinazionale orobica leader nei business della chimica, dei tecnopolimeri ad alte prestazioni e delle soluzioni tessili avanzate, il presidente Angelo Radici in occasione della presentazione del bilancio 2021 chiuso con un fatturato di 1.508 milioni di euro a fronte dei 1.019 milioni dello scorso anno.

«Un incremento, quello dell’anno scorso, dovuto più che altro ad un effetto “aumento prezzi” conseguente all’impennata dei costi di materie prime ed energia» spiega il presidente Angelo Radici.

Fatturato nettamente superiore anche al periodo pre pandemia: il 2019 si era infatti fermato a 1,092 milioni, mentre l’anno prima il giro d’affari aveva toccato i 1.211 milioni. «Un incremento, quello dell’anno scorso, dovuto più che altro ad un effetto “aumento prezzi” conseguente all’impennata dei costi di materie prime ed energia» mette in guardia il presidente con il suo consueto pragmatismo. Il margine operativo lordo (ebitda) ha raggiunto i 268 milioni (173 milioni nel 2020) e l’utile netto è pari a 150 milioni contro gli 87 milioni dell’anno precedente.

Malgrado la complessità del periodo, gli azionisti hanno proseguito il piano di investimenti, 53 milioni a bilancio, con l’obiettivo di rafforzare la presenza di RadiciGroup nei mercati globali e incrementarne la competitività degli stabilimenti.«Operazioni finanziate dal cash flow - sottolinea Alessandro Manzoni, chief financial officer di RadiciGroup - senza alcun impatto sulla situazione finanziaria che risulta positiva e ulteriormente migliorata rispetto al 2020, così come tutti gli indicatori patrimoniali».

Un gruppo di 3.000 dipendenti con oltre 30 stabilimenti

Il gruppo, 3.000 dipendenti suddivisi negli oltre 30 stabilimenti e uffici commerciali in 15 Paesi, anche per quest’anno ha messo a budget 70 milioni (al netto dell’operazione appena siglata in India) per investimenti strategici confermando il principio, più volte ribadito in questi anni, che è nelle situazioni difficili che occorre avere visone strategica. «Il 2022 si è aperto con grandi difficoltà non solo per noi, ma per tutto il mondo dell’industria di fronte alle incertezze dovute

alla delicata situazione geopolitica internazionale - sottolinea il presidente -. Questo non consente di fare previsioni sull’andamento dei costi, in particolare di energia e gas, che in un’azienda come la nostra incidono sia a livello di materie prime, sia di costi di trasformazione». « In questo contesto - aggiunge - la seconda parte dell’anno rimane di grande preoccupazione, soprattutto se non cambiano le variabili negative relative alla guerra. Possiamo però contare sulle nostre persone che, anche in un contesto così avverso, stanno lavorando con grande impegno, flessibilità e spirito di adattamento».

La questione energetica resta prioritaria, rimarca il presidente. Ulteriori rincari del prezzo del gas andrebbero inevitabilmente a pesare sui listini mettendo a rischio la competitività. «In quasi tutta Europa - prosegue - i costi dell’energia sono 4/5 volte più alti del resto del mondo, in questo modo l’Italia risulta meno competitiva». Anche il nucleare per Angelo Radici resta un’opzione da considerare «senza pregiudizi ideologici tenendo conto che investire oggi significherebbe avere impianti funzionanti tra dieci anni».

La questione energetica è prioritaria

Detto questo, per un gruppo che consuma oltre 450 GigaWatt di energia (circa 220 GigaWatt solo negli stabilimenti bergamaschi), quello del costo della bolletta energetica rimane un problema non da poco. Da qui l’impegno, avviato da tempo, di rafforzare l’autoproduzione. «L’autosufficienza totale è difficile visti i numeri. Tuttavia oggi almeno tutti gli stabilimenti bergamaschi sono green: il 30% del fabbisogno è autoprodotto mentre il 70% utilizza energia rinnovabile prelevata dalla rete. «Siamo sempre alla ricerca di qualche buona opportunità da cogliere - conclude Angelo Radici - in particolare sull’eolico, ma non è semplice. Stesso discorso sull’idroelettrico».

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