Superbonus, senza la proroga a rischio il 30% dei cantieri

I CONDOMINI. Dopo le villette, il governo sta pensando di posticipare i termini anche per gli edifici più grandi. Gli amministratori di condominio: diversamente si rischia un boom di contenziosi.

La via d’uscita che ora il Governo sta studiando per levare dall’impasse i condomini che non hanno terminato i lavori di ristrutturazione agganciati al Superbonus, è quella di concedere una proroga per i cantieri avviati entro settembre che, al 31 dicembre 2023, potranno provare uno stato di avanzamento di almeno il 60%. L’alternativa sarebbe la bancarotta (e non è affatto un termine esagerato) per le tante famiglie che non potrebbero permettersi di pagare quel 40% di agevolazioni in meno – dal 110 al 70% –, che in assenza di un provvedimento ad hoc scatterebbe in automatico a partire dal 1° gennaio 2024.

Proviamo a fare qualche calcolo: solo in città sono 670 le autorizzazioni chieste al Comune per usufruire del Superbonus (le Cilas) negli ultimi due anni (117 nel 2021 e 553 nel 2022); tanti cantieri sono già chiusi, ma ci sono parecchi condomini che non hanno ancora firmato il contratto con l’azienda appaltatrice perché non si riescono a cedere i crediti fiscali e altri che invece i ponteggi davanti alle finestre li hanno da mesi, ma i lavori sono bloccati per mancanza di liquidità. Difficile sapere quanti sono, ma secondo le stime sarebbero quasi il 30%, vale a dire circa 200, gli edifici a rischio solo nel capoluogo.

E mentre il Governo ha appena assicurato la proroga per una serie di altri bonus relativi alle abitazioni, il 110 è ancora oggetto di riflessione. A questo Esecutivo la misura non è mai piaciuta, i calcoli parlano di una spesa pari a oltre 100 miliardi di euro; sta di fatto che la scure che potrebbe abbattersi su decine di migliaia di famiglie italiane sta spingendo il Governo a rivedere i termini, seppure solo per alcuni casi e per un lasso di tempo circoscritto.

«Proroga indispensabile»

Per gli amministratori di condominio una proroga è «indispensabile e ci permetterebbe di tornare a dormire qualche ora la notte», dicono. Anni d’insonnia, di stress, di modifiche in corsa e di scadenze pressanti, ma anche di rapporti con i condomini che si sono fatti sempre più difficili: dall’ipotesi di ristrutturare la propria abitazione a gratis (o quasi), alla difficoltà di trovare aziende cui affidare lavori e crediti, fino al rischio di rimetterci tanti soldi. Il tutto condito da una montagna di carte da preparare, da regole in continuo cambiamento e con lo spettro di vedere vanificato il lavoro per una scadenza ormai agli sgoccioli. Un problema enorme.

La febbre che sale è testimoniata dalle tante richieste di consulenza che stanno arrivando agli studi legali: «Sono una ventina, tutte legate ad eventuali inadempimenti negli appalti, quelle che abbiamo ricevuto negli ultimi mesi – spiega Luca Savi, direttore scientifico di Unai Bergamo (l’Associazione Nazionale degli Amministratori d’Immobili) e specializzato in Diritto immobiliare –. In vent’anni di lavoro ne avevo ricevute un paio e questo dà la misura della preoccupazione dei condomini che si sono ritrovati in balia di appaltatori o amministratori che hanno agito con leggerezza. I più fortunati hanno sottoscritto contratti che sono rimasti dormienti; per loro la necessità è di svincolarsi dall’obbligo contrattuale per evitare che l’appaltatore possa partire senza avere il tempo per finire le opere, o per evitare che l’azienda chieda a sua volta dei danni, che sarebbe un paradosso». Può succedere, però, perché spesso i contratti, spiega il legale, «sono sbilanciati a favore del general contractor (singole aziende o consorzi costituiti ad hoc) a discapito del condominio».

Un duplice problema

Il problema è duplice, perché allo stato dei fatti se entro il 31 dicembre i lavori non saranno conclusi «l’Agenzia delle Entrate chiederà ai condomini, cui è in capo la responsabilità fiscale, di rifondere parte delle agevolazioni, e sarà drammatico – spiega Luca Savi –. Il consiglio è quello di mettere in mora le imprese e iniziare anzitempo il contenzioso, o stimolarle a completare le opere, o ancora farsi risarcire di quel 30% già asseverato».

Da parte loro gli amministratori sperano di uscire indenni dalla vicenda 110: «La misura doveva essere pensata per 24 mesi e messa in atto per 5-6 anni – spiegano dall’Anaci –. In questo modo non ci sarebbe stato l’effetto inflattivo sui prezzi, né la corsa al reperimento dei materiali. In questi anni il rapporto con i condomini si è fatto più freddo e distante; facciamo fatica a far percepire il lavoro che c’è a monte. Se i cantieri non partono, la colpa è dell’amministratore». Una proroga servirebbe a tutti, imprese e condomini, «e darebbe fiducia anche dal punto di vista economico», dice Laura Capelli, presidente di Unai Bergamo. «Il rapporto con i condomini si è fatto più complicato anche perché non ci sono indicazioni chiare su come sarà il futuro – prosegue –. L’ipotesi di una riapertura dei termini, così com’è stato per le abitazioni monofamiliari, eviterebbe di mandare sul lastrico tante famiglie».

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