Tenaris punta 60 milioni su Dalmine: tre progetti in partenza

L’investimento Tre importanti investimenti: all’Expander, in acciaieria e pannelli fotovoltaici nei siti di Sabbio e Arcore. Fatturato 2021 in crescita a 899 milioni. L’a.d. Della Briotta: «Guardiamo al 2023 con relativo ottimismo».

Da una parte, ci sono i numeri che giocano a suo favore. Un fatturato 2021 che ammonta a 899 milioni di euro, in crescita del 17% rispetto ai 768 milioni del 2020 (ma non rispetto ai 980 del 2019), e vendite in aumento del 28%. Tra le spedizioni di tubi e quelle di barre in acciaio, infatti, si è passati dalle 499mila tonnellate del 2020 alle 637mila dell’anno scorso. Dall’altra parte, cominciano a farsi sentire le difficoltà che tutte le aziende accusano: dai rincari energetici a quelli delle materie prime. E infatti se «nel primo semestre 2021 i numeri sono stati più brillanti, dopo l’estate il costo dell’energia è incrementato in maniera drastica e ha iniziato a ridurre un po’ la marginalità nella parte finale dell’esercizio», per dirla con le parole del Cfo Tenaris Europa e membro del cda della Dalmine, Riccardo Brevi. E così, l’anno scorso l’Ebitda della Dalmine è sceso a 80 milioni, rispetto agli 82 del 2020.

Ad ogni modo, «in un mondo complesso, con molte incertezze, l’azienda ha deciso di investire ulteriormente», precisa il vice presidente e amministratore delegato, Michele Della Briotta. Perché «a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina c’è stata la necessità di riprendere alcuni progetti in Europa per diminuire la sua dipendenza di gas dalla Russia». Buoni segnali anche dagli Stati Uniti, dove «si è registrato un aumento delle spedizioni per alimentare quelli che sono i nostri impianti in Nord America e Canada, che hanno visto una ripresa dell’oil & gas e quindi hanno richiesto un fabbisogno di acciaio più importante rispetto all’esercizio passato», puntualizza Brevi.

«Completato l’investimento che ci permette di produrre tubi di grandi dimensioni all’Ftm, ora vediamo la necessità di incrementare la nostra capacità di trattamento termico»

Guardando alla nostra provincia, in Dalmine, da qui ai prossimi 12-15 mesi (conclusione prevista nel 2023), sono in partenza tre importanti investimenti, il cui valore, sommato, porta ad un totale di oltre 60 milioni. «Completato l’investimento (di 20 milioni, ndr) che ci permette di produrre tubi di grandi dimensioni all’Ftm, ora vediamo la necessità di incrementare la nostra capacità di trattamento termico», precisa Della Briotta. All’Expander «andremo a investire 22 milioni sul nuovo trattamento termico in gamma grande (sopra i 16 pollici di diametro), che potrà essere alimentato totalmente a idrogeno o a gas». Un altro «investimento importante» toccherà l’acciaieria: «Tra i 25 e i 30 milioni per produrre acciai ad alto contenuto di cromo che o acquistavamo da fornitori terzi o producevamo in Giappone attraverso una joint-venture che è terminata». Per intenderci, «stiamo parlando di 40-45 mila tonnellate di acciai molto sofisticati e complessi, che richiedono tempi di produzione elevati». Questo «per la Dalmine è un segnale molto forte, perché investire sull’acciaieria in questo momento in Europa non è così scontato», evidenzia l’ad.

«Entro il 2030 dobbiamo decarbonizzare le nostre emissioni del 30% (abbiamo iniziato nel 2018), per questo dobbiamo cercare di diversificare le nostre fonti di energia»

Il terzo investimento ha invece a che fare con la sostenibilità, dato che sul calendario è indicata una deadline ben precisa: «Entro il 2030 dobbiamo decarbonizzare le nostre emissioni del 30% (abbiamo iniziato nel 2018), per questo dobbiamo cercare di diversificare le nostre fonti di energia. Ecco spiegati i due progetti, del valore complessivo di 10-12 milioni, per l’installazione di impianti fotovoltaici negli stabilimenti di Sabbio e Arcore, che produrranno circa 15 megawatt con un impatto del 2-3% sulle emissioni totali. Nel caso del sito produttivo bergamasco di Sabbio, questo investimento lo renderà completamente autonomo e «tutte le bombole verranno prodotte con energia rinnovabile». Detto tutto questo, «noi guardiamo il prossimo anno con relativo ottimismo rispetto alla domanda - dice Della Briotta - ma ci sono nubi di cui dobbiamo tenere conto». «Per ora osserviamo, siamo preoccupati, ma si va avanti». Del resto, «abbiamo una capacità di difenderci da questi schock che è abbastanza straordinaria».

Materie prime

Oltre alle bollette dell’energia, la Dalmine ha dovuto fare i conti con la difficoltà nel reperire alcune materie prime. Perché se il grosso - il rottame - proviene da Italia e Germania, l’approvvigionamento di ferroleghe avveniva anche nei Paesi coinvolti dalla guerra scoppiata il 24 febbraio. Ma «attraverso Exiros (società attiva nel «procurement», ovvero l’approvvigionamento di materie prime, beni e servizi per le aziende del gruppo, ndr) siamo stati capaci di acquistare questi materiali da altri Paesi, a dei costi più alti e con tempi più lunghi, ma abbiamo una copertura abbastanza solida. Certo è che passare dall’Ucraina o dalla Russia al Brasile e all’Indonesia, per citarne due, ha delle complessità diverse».

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